Teatro

Nellina Laganà, intenso talento d’attrice, torna sulle scene del Teatro Stabile di Catania con il monologo “La voce umana” di Jean Cocteau, testo celeberrimo e cavallo di battaglia di interpreti memorabili. Il nuovo allestimento del Teatro Stabile di Catania propone la pièce in dittico con un altro lavoro del drammaturgo francese, “Il bell’indifferente”, abbinamento confluito nel progetto “Grigio parigino”, per la regia di Gianni Scuto.

L’appuntamento è dall’1 al 6 marzo alla sala Musco, nell’ambito del cartellone “# fatti non foste a viver come bruti…” impaginato dal direttore dello Stabile, Giuseppe Dipasquale. I costumi sono di Concetta Maccarone, le musiche composte ed eseguite dal vivo dal maestro Alberto Alibrandi, le luci di Franco Buzzanca. Se Nellina Laganà ha scelto l’assolo, ad animare l’altro titolo sarà Cettina Bonaffini, affiancata da Valentina Ferrante, Azzurra Drago, Federico Fiorenza, Luigi Nicotra.

Se “La voce umana” è una lunga straziante telefonata di una donna all’amante che l’ha lasciata, “Il bell’indifferente” è un’altra storia di solitudine femminile, ma dai toni più leggeri e scherzosi con l’uomo presente in scena, sia pure muto e arroccato dietro un giornale.

Già il titolo dell’operazione – “Grigio parigino” – introduce immediatamente il pubblico in quell’atmosfera unica, poetica e rarefatta di una Parigi da Alba tragica. E proprio dal film di Marcel Carné, infatti, Cocteau sembra mutuare alcune atmosfere di grande tragicità esistenziale, senza né delitti né morti però, che ne “Il bell’indifferente” e “La voce umana” assumono contorni di grande forza drammaturgica e prorompente emotività, di cui lo spettacolo è pervaso.

A questi elementi sono da aggiungere alcune introduzioni sceniche e pochi interventi di caratteri o personaggi emblematici della Ville Lumière: marionette, Pierrot, ambientazioni da bistrot, Sartre, perfino Proust e la stessa Edith Piaf, vere icone di quel “grigio parigino” che, quasi in opposizione alla solarità artistica e culturale di Saint Germaine e del Quartiere Latino, ci propone un’immagine se vogliamo insolita di Parigi.

La messinscena sfiora così l’esistenzialismo ideale del grande Sartre, che negli anni ’50 ha “modellato” quasi tutta la cultura della capitale francese, e ci presenta nello stesso tempo un Cocteau lontano dal suo neoclassicismo, ma sempre dotato di fortissimo senso emotivo e intenso trasporto emozionale.

Si tratta di due superbe prove drammaturgiche: tanto “Il bell’indifferente” (1940) scritto per Edith Piaf e in un primo momento concepito con il pensiero all’affascinante Jean Marais, compagno del drammaturgo), quanto, soprattutto, “La voce umana” (1930), cavallo di battaglia di attrici straordinarie, che Anna Magnani interpretò in maniera coinvolgente e straripante nel film di Roberto Rossellini Amore. In verità, la sofferenza esistenziale e il grande impatto drammatico di entrambi i monologhi si prestano ad interpretazioni magistrali sia “Il bell’indifferente” sia ne “La voce umana”, inscindibile dall’idea di un’eccezionale interprete al limite della più tragica drammaticità.

Lo spettacolo, con il suo possente impatto di sofferenza, di teatralità e di poeticità parigina, tenta un’impresa quasi impossibile: intrattenere per quasi 80 minuti, con due testi d’immensa difficoltà tecnica e di una spettacolarità d’altri tempi, che colpisce direttamente il cuore e i sensi dello spettatore.

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