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Venerdì 11 marzo 2016, alle ore 17,30, le Officine Culturali in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania e le Edizioni di Storia e Studi Sociali presentano al Coro di Notte del Monastero dei Benedettini il libro “Cristiani e musulmani nella Sicilia normanna” di Ferdinando Raffaele, Carlo Ruta e Sebastiano Tusa. Con i tre autori relazionano: la prof.ssa Lucia Arcifa, docente di Archeologia medievale, Università Studi di Catania, il prof. Giancarlo Magnano San Lio, direttore del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania, il prof. Marcello Saija, docente di Storia delle dottrine politiche nelle Università degli Studi di Palermo e Messina, e il dott. Francesco Mannino, Presidente di Officine Culturali.

Il libro – Ferdinando Raffaele utilizza un approccio filologico per fare un quadro chiaro dei “prestiti linguistici e lessicali” dell’arabo nella lingua siciliana. Attraverso la lingua spiega quindi quali evoluzioni sociali il siciliano ha avuto nella sua storia e quali arricchimenti possiamo riscontrare nella struttura della lingua, che raggiunge uno dei momenti più alti con l’esperimento di volgare illustre della scuola poetica siciliana. L’analisi di Carlo Ruta punta invece a ricostruire, sulla scorta di fonti dell’epoca, la vicenda della Sicilia normanna nel contesto della guerra santa all’Islam elaborata dalla cristianità, che, con il suo radicalismo ideologico, ebbe anche ricadute su una Sicilia aristocratica piuttosto motivata ad indebolire e in diversi casi a reprimere l’etnia arabo-berbera ancora presente. Infine, nell’ultimo saggio, Tusa affronta il tema dell’eredità tecnica e culturale consegnataci dagli Arabi perdurata fino all’epoca del Regnum Siciliae degli Altavilla. L’archeologo sottolinea come soprattutto la cultura artistica araba sedimentò, e ne abbiamo anche testimonianza, soprattutto in ambito architettonico, anche quando si costruirono cristianissime chiese o palazzi.

Il significato dell’opera è sintetizzato nella premessa editoriale da queste parole: “Si può discutere quanto la storia, anche la più remota, sia in fin dei conti, come sosteneva Benedetto Croce, storia contemporanea, o quanto tenda almeno ad esserlo. Intesa come studio consapevole e approfondito del passato, essa costituisce comunque uno strumento importante per orientarsi. E in questo senso può aiutare non poco a comprendere le complessità di questo tempo, che sono in grado di disorientare e di indurre a forme strategiche di dimenticanza”.

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