Danza

“I am Beautiful”, la nuova creazione del coreografo Roberto Zappalà e la sua Compagnia Zappalà Danza,  debutta in prima assoluta al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara il 18 marzo  e sarà riproposta al Teatro Ristori di Verona il 21 marzo.

Dopo aver ricevuto il Premio Danza&Danza per La Nona quale migliore produzione italiana dell’anno, la Compagnia Zappalà Danza si prepara a debuttare con un nuovo corposo spettacolo. Pensato per nove danzatori – Maud de la Purification, Filippo Domini, Sonia Mingo, Gaetano Montecasino, Adriano Popolo Rubbio, Fernando Roldan Ferrer, Claudia Rossi Valli, Ariane Roustan, Valeria Zampardi – “I am beautiful” è stato realizzato sulle musiche originali a cura di Puccio Castrogiovanni e dei Lautari, che a Ferrara suoneranno dal vivo, in scena con i danzatori.

Il titolo dello spettacolo, “I am Beautiful”, è suggerito dalla scultura di Rodin che a sua volta è ispirata al primo verso di una poesia di Baudelaire La Beauté: “Je suis belle, ô mortels! comme un rêve de pierre”. Il sogno di pietra si trasfigura nel movimento attraverso una lingua che ha la sua grammatica e la sua sintassi nei nervi e nelle giunture, nei fremiti e nei sussulti. È la bellezza della danza contemporanea il soggetto della coreografia. Una bellezza che si sposa, come di consueto nei lavori del coreografo, con la Sicilia. Uno spettacolo in cui Zappalà abbandona quasi del tutto la finzione drammaturgica, ogni orpello scenico, per sviscerare ed esaltare fino in fondo il linguaggio della sua Compagnia sulle note dei bravissimi Lautari, musicisti che hanno saputo portare alla ribalta la musica tradizionale siciliana adattandola al gusto moderno. La visceralità dunque, intesa e vissuta come nel mondo contadino, cioè come qualcosa di familiare e quotidiano, naturale (da Soltanto di Jan Twardowski), diventa componente fondamentale della danza di “I AM BEAUTIFUL”.

Le lingue in evidenza, i volti deformati, i corpi in disequilibrio o che sfidano la legge di gravità all’interno di un disegno coreografico rigoroso e scenicamente scarnificato, sono alcuni espedienti che aiutano a fare arrivare la danza direttamente al sistema nervoso dello spettatore (come, secondo John Berger, fa Bacon con la pittura) non al cervello, ma al sistema nervoso (John Berger Presentarsi all’appuntamento).

In “I AM BEAUTIFUL” è la danza a parlare in prima persona attraverso il corpi dei danzatori, a dichiararsi bella, ad affermare se stessa e allo stesso tempo a rendersi conto che la bellezza che vorrebbe raggiungere non è mai una risposta o una soluzione ma sempre un interrogativo e una ricerca incessante.

Ph. Serena Nicoletti

Ph. Serena Nicoletti

È come se alla base di tutta la danza ci fosse un principio d’incertezza, incertezza che è anche quella della bellezza. La contemporaneità del gesto coreografico che ne consegue consiste proprio nell’esaltare questa incertezza, questo tendere verso piuttosto che affermare. Un viaggio di andata e ritorno dal palco agli spettatori e viceversa a partire dal corpo dove tutto incomincia e tutto si consuma, si esaurisce. La bellezza del corpo considerato come santuario laico dell’umanità è un pensiero da difendere e incoraggiare in una contemporaneità dove bellezza, corpi e laicità sono sempre più oltraggiati.

È il quarto step e punto d’arrivo del progetto Transiti Humanitatis, avviato da Zappalà e la sua Compagnia nel 2014, con importanti collaborazioni – il Teatro Comunale di Ferrara, il festival ImPulsTanz Vienna International Dance Festival, il Teatro Massimo Bellini di Catania, il Teatro Garibaldi/Union des Théatres de l’Europe – in cui  si fa riferimento all’umanità, quella dell’umanesimo, che rimanda agli studia humanitatis, ovvero gli studi che nel quattrocento indicavano gli studi letterari volti a formare la persona, che nella traduzione di Roberto Zappalà sono gli studia del corpo e del gesto trasfigurati in un universo coreografico che mette il corpo, la sua naturale bellezza quale elemento fondante e transito ineludibile, con la certezza che «occorre avere un corpo per trovare un’anima» (Soltanto di Jan Twardowski).

Invenzioni a tre voci (2014), creazione dedicata alla donna, Oratorio per Eva (2014), omaggio alla figura simbolica di Eva e La Nona (2015), ispirato all’ultima sinfonia di Beethoven, appena proclamato Premio Danza&Danza come Migliore Spettacolo dell’anno 2015, sono le altre produzioni del progetto Transiti Humanitatis.

“Il mio sentire, in questa fase della vita, – spiega Roberto Zappalà – è quello di tornare alla semplicità, ovvero su un gesto che indirizza all’idea lineare di contemporaneo. Il mio lavoro dunque si concentra su una coreografia plasticamente costruita, sebbene resa in quadri liberi al fine di rendere protagonista la danza. Il mio è una sorta di manifesto a favore della danza. L’elemento musicale, di fondamentale importanza, in questo spettacolo vedrà in scena una vera e propria band che interpreta un tappeto sonoro che possiamo definire ambient/folk molto percussivo”.

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