Intervista con...

“Nell’ultima settimana, tra il servizio televisivo di “Report “su Confindustria e gli articoli di Paolo Mieli sui cosiddetti “professionisti dell’antimafia”, finalmente un velo di verità si dipana su un fenomeno che non è solo siciliano e che riguarda la lotta alla mafia”. A parlare, in una nota inviata agli organi di informazione, è il dott. Claudio Risicato, imprenditore e presidente dell’Associazione Antiracket Rocco Chinnici che esprime il suo parere sulla situazione che riguarda appunto il proliferare di associazioni antiracket e dei “professionisti dell’antimafia”, soffermandosi anche sul clamore creatosi attorno all’intervista su Rai1 da BrunoVespa al figlio di Totò Riina.

“Abbiamo tutti assistito nell’ultimo decennio – sottolinea il dott. Risicato –al proliferare di associazioni antiracket gestite per lo più da gente che si inventa un lavoro, ai continui proclami antimafia di ben noti dirigenti di importanti associazioni datoriali, di presentazioni di libri di cucina sull’antimafia, di veloci scalate politiche, di firme di inutili protocolli di legalità, di assegnazione di onorificenze statali per l’impegno contro la mafia, di mostre di pittura antimafia, ecc…E’ stato forte il folclore ed il puzzo di compromesso morale che ha attanagliato molti dei cosiddetti “paladini della legalità” che oggi si scopre essere stati solo dei bravi attori interessati. Ultimamente qualcuno di loro è oggetto di condanne e di inchieste giudiziarie”.

Nella foto il dott. Claudio Risicato

Nella foto il dott. Claudio Risicato

Perchè è stato possibile tutto ciò?”

“A mio avviso il camuffarsi sotto le insegne dell’antimafia per molti ha significato acquisire notorietà (complice certa stampa), andare a braccetto con la politica che conta ed avere in, tal modo, corsie preferenziali per l’aggiudicazione di appalti pubblici, consulenze, posti in importanti consigli di amministrazione, in enti pubblici, scorte, candidature regionali, nazionali ed europee, etc… E’, però, altrettanto evidente che specifici organismi statali deputati al controllo di questi settori, molto delicati, sono stati in questi anni molto distratti e forse anche complici involontari. A tal proposito abbiamo avuto in questi giorni a Noto il Presidente Mattarella, accompagnato nella visita al Duomo da un noto critico d’arte, ex parlamentare. Possibile che nessuno l’abbia informato che il critico d’arte è un pregiudicato per essere stato condannato con sentenza definitiva per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato? In seno al mondo delle associazioni antiracket sarebbe al riguardo, interessante conoscere come vengano destinati e spesi i fondi dei vari PON sicurezza, come vengono nominati i componenti del Consiglio nazionale per le vittime di estorsione ed usura, i componenti esterni nelle varie prefetture che vagliano le richieste di ristoro delle vittime del racket, etc…Sarebbe inoltre interessante stabilire il criterio di assegnazione delle tutele, facilmente assegnate agli uomini politici,  atteso che il lavoro di certe prefetture è apparso in diverse occasioni disattento tardivo ed inadeguato con assegnazione di tutele solo dopo l’intervento della stampa a favore di imprenditori più volte minacciati ed aggrediti dopo le denunce. Bisognerebbe mettere ordine, sempre se c’è la volontà politica, in tutto il settore per non lasciare un diffuso senso di smarrimento ed ingiustizia tra i cittadini”.

Cosa occorre fare per invertire l’attuale andazzo?

“Bisogna intendersi prima di tutto sul significato vero di lotta alla mafia che non può essere delegata solo alle forze di polizia ed ai magistrati. Occorre un impegno civico straordinario, gratuito e disinteressato di ogni italiano onesto. Occorre per prima cosa un esempio positivo dall’alto e cioè una politica che a tutti i livelli emargini figure già compromesse ed allontani senza aspettare i tre gradi di giudizio le persone a cui sono affidate funzioni pubbliche già sotto indagine giudiziaria o compromesse con ambienti criminali (vedi art. 54 della Costituzione). Occorre investire nei comparti sicurezza e giustizia. Occorre che l’impresa sia libera da vessazioni mafiose e possa esercitare in piena libertà e nel rispetto della legge il diritto di svilupparsi e creare posti di lavoro (vedi art. 41 della Costituzione). Occorre rafforzare con provvedimenti adeguati la certezza della pena e far si che la stessa diventi deterrente alla commissione dei reati (vedi pensiero Cesare Beccaria). Uno stato di diritto non può rendere la vittima dei reati vittima due volte. Occorre investire nella scuola e nell’università e rendere costante l’insegnamento della Costituzione della Repubblica Italiana. Occorre che i rappresentanti delle associazioni antiracket agiscano in totale volontariato e non si limitino solo ad organizzare qualche conferenza nelle scuole o dipingere murales, tali attività non spaventano la mafia, ma facciano anche antimafia operativa dialogando con gli operatori economici, convincendoli ed accompagnandoli alla denuncia, firmando insieme a loro, sostenendoli in tribunale durante le udienze anche con la costituzione di parte civile, assistendoli per l’eventuale risarcimento danni nelle prefetture. So, per esperienza diretta che fare antimafia operativa è rischioso ma è, a mio avviso, l’unica strada che crea veri problemi all’organizzazione mafiosa”.

Italia paese dei paradossi e il clamore sull’intervista su Rai1, da BrunoVespa, al figlio di Totò Riina..

“Ci si indigna per l’intervista televisiva al figlio di Totò Riina e si è tollerato che nei fatti l’attività di varie e fameliche associazioni a delinquere che spesso parlano di antimafia, ben radicate a livello politico, condizionino le sorti di questo nostro martoriato paese. Le parole dignità, etica, bene collettivo hanno perso in Italia significato. Dalla fine della prima Repubblica, citando il Principe di Salina, tutto cambia per non cambiare”.

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