Intervista con...

L’abbiamo seguita ed applaudita di recente, lo scorso 2 e 3 Aprile, a Catania, al Teatro Tezzano, con il suo apprezzato lavoro “Terra di Rosa-U cantu ca vi cuntu”, performance piena di ricordi e commozione, incentrata sulla vita, sul percorso della nota artista folk siciliana Rosa Balistreri, che negli anni ’70 fu uno dei punti di riferimento del cantautorato siciliano e della canzone popolare cantante folk siciliana Rosa Balistreri.  Parliamo di Tiziana Francesca Vaccaro, attrice catanese, autrice e conduttrice di laboratori, che da qualche anno lavora a Milano, che, con molta disponibilità, proprio durante la sua tappa nella città etnea, ci ha parlato della sua attività, dei suoi primi passi, della sua passione per il teatro, delle difficoltà che ha incontrato e dei progetti futuri.

 I tuoi inizi, la tua partenza da Catania e la tua attività a Milano…

“Sono partita da Catania circa sei anni fa. Dopo essermi diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania, diretta quell’anno – e per fortuna! – da Lamberto Puggelli, ho lavorato per un paio d’anni in qualche teatro di Catania e della Sicilia. Alcune esperienze molto belle e interessanti, altre meno. Pian piano sentivo il desiderio, che poi si è trasformato in bisogno, oserei dire ‘urgenza’, di fare altro, cercare altro, insomma di approfondire il mio percorso di ricerca e crescita professionale che, a Catania, in quel periodo, era in una fase di stallo. Milano era da un pò di tempo nei miei pensieri, in parte perché ci viveva e lavorava già il mio fidanzato, in parte perché l’ho sempre considerata tra le città più interessanti dal punto di vista culturale e più specificatamente teatrale. Ma anche Torino mi attraeva molto…Così, mentre già iniziavo a lavorare a Milano, vengo a conoscenza di un Master di Teatro Sociale e di Comunità all’Università di Torino e, spinta dal desiderio di unire le mie due grandi passioni, il teatro e il sociale, mi iscrivo. Per due anni ho fatto la spola Milano-Torino, ho preso più treni in quel periodo che in tutta la mia vita, credo. Ma ne è valsa la pena! Per me la formazione non dovrebbe finire mai. Attualmente comunque sono stabile a Milano, come attrice e conduttrice di laboratori, collaboro in équipe al progetto Teatro degli Incontri diretto da Gigi Gherzi, laboratorio d’intervento sociale e di spettacolo all’interno della zona di Via Padova di Milano, creato dalla necessità di partire dal rapporto tra migranti e abitanti italiani della città. Un progetto a cui sono legatissima. Con la compagnia “Qui e Ora Residenza Teatrale”, attiva sul territorio della bergamasca, lavoro come attrice e social media manager. Sono tre professioniste del settore teatral-culturale di altissimo spessore, che fanno un lavoro davvero necessario per il territorio e a cui devo molto per la mia crescita teatrale. Infine, qui “al Nord” ho ritrovato, sempre professionalmente parlando, un mio carissimo amico siciliano con cui iniziai a fare teatro nel lontano 2002, quando avevamo solo 18 anni e muovevamo da poco i primi passi. Lui si chiama Ture Magro e la sua compagnia teatrale, “Sciara Progetti”, con cui collaboro nella costruzione di laboratori teatrali e spettacoli nelle scuole e più in generale di progetti artistici a Fiorenzuola, sede della compagnia, a Milano e su tutto il territorio nazionale. Insomma, di strada mi sembra di averne fatta un po’, camminando a volte a fatica, a volte cercando di correre come una matta, ma ho ancora molti e molti km. da percorrere, anzi, mi auguro proprio di percorrerli all’infinito. Perché in questo mestiere, davvero non arrivi mai, mai da nessuna parte. E forse, almeno per me, è proprio questo il bello”.

Ancora Tiziana Francesca Vaccaro in scena (Ph. Simone Boiocchi)

Ancora Tiziana Francesca Vaccaro in scena (Ph. Simone Boiocchi)

Raccontaci cosa ti ha dato e cosa ti continua a dare “Terra di Rosa”….

“Sicuramente scrivere “Terra di Rosa” mi ha fatto partire per un viaggio, a proposito di cammini che non finiscono mai, un viaggio bellissimo e che ancora continua, appunto. È stato un viaggio dentro la mia Sicilia che, nel più tipico dei paradossi, è nato quando già stavo a Milano, o forse, potrei dire, proprio perché stavo già a Milano. Ho conosciuto le canzoni di Rosa Balistreri sin da bambina. Mia nonna mi cantava sempre le ninne nanne in dialetto per farmi addormentare. Al mercato, tra un urlo e l’altro, i commercianti intonavano dei canti, affascinanti per me bambina, ma a volte incomprensibili. Mia madre mi diceva che facevano parte della nostra tradizione popolare e che molti di questi non si sapeva a chi realmente appartenessero, erano di tutti. Ho conosciuto la voce di Rosa Balistreri da adulta, un giorno, per caso. Una voce profonda, dura e aspra, dolce e commovente. Qualche tempo dopo avrei lasciato Catania, direzione Milano. Ho iniziato a scavare dentro la vita di Rosa Balistreri poco tempo dopo essermi trasferita. Non so bene cosa cercassi, forse cercavo semplicemente la terra. L’ho trovata, e non solo quella. Ho trovato il canto, che più che canto mi è sempre sembrato un urlo, come quello dei commercianti al mercato. Ho scoperto la storia di una donna scomoda e fuori dal suo tempo perché ne percepiva tutte le contraddizioni, le iniquità, le oppressioni, le discriminazioni. E che non si è mai adeguata a quel tempo. Rosa era capace di segnare una differenza, un’unicità di sguardo per indagare nelle pieghe della vita e raccontarle, in profondità. Una sensibilità che le consentiva di avere la capacità del dire oltre la parola e il senso comune. E quindi anch’io ho cominciato a scavare nella sua vita, sempre più a fondo, per andare oltre, oltre quello che di Rosa Balistreri viene spesso raccontato dai media. Non mi interessava (solo) omaggiarla, sapevo che non sarebbe interessato neanche al pubblico, ci sono cantanti meravigliose che lo fanno già da tempo e divinamente (vedi l’attrice e cantante catanese Laura Giordani, per citarne una a me molto cara). Insomma l'”oltre” che cercavo l’ho trovato nei luoghi che le hanno dato la vita, nelle vie di Licata. Lì è cominciata la storia di Rosa, lì sono andata fisicamente a cercarla, e lì ha preso corpo e anima definitivi “Terra di Rosa”. Ogni volta che faccio questo spettacolo mi ricordo tutto il percorso, che è stato lungo e dura da anni: la mia partenza da Catania, il mio iniziare a costruire a Milano, la ricerca dentro radici, dentro la storia di una donna che ha avuto una vita assurda, non bella, non brutta, ma davvero assurda, con tutte le contraddizioni e i paradossi umani. Quando sono Rosa in scena, mi ricordo che non sono solo il personaggio Rosa Balistreri, ma un essere umano che sta raccontando una storia che non è solo la sua storia, ma è la storia di tutti, è universale. Questo è il senso del fare teatro per me, rendere universale un’esperienza individuale. Nel caso specifico di “Terra di Rosa”, sono partita proprio da me, per arrivare ad altro da me”.

Come è nata la tua passione per il teatro e che genere di rappresentazioni prediligi mettere in scena?

“L’interesse è nato proprio per caso. Al liceo imitavo i professori e tutti mi dicevano che “avevo un futuro”. Un giorno una prof. mi disse che dopo il diploma avrei dovuto provare a fare un corso di teatro, io che negli anni della scuola il teatro non me lo filavo, perché tra le due attività preferivo cantare nel coro di padre Resca. Così, appena diplomata, provai. E fu la fine. O l’inizio. Il laboratorio del “Teatro degli Specchi” mi piacque così tanto che pensai che fare teatro sempre, cioè non solo ogni tanto, doveva essere davvero pazzesco. Poi ci fu il primo spettacolo, “Chi era al telefono?”, diretto da Giampaolo Romania, 40 attori in scena, tra giovanissimi alle prime armi come me e professionisti già affermati. Fu un successo, andavamo in scena a mezzanotte, provavamo tantissimo, quanta energia, quanta passione e… quanta stanchezza! Dopo la prima, col cuore che mi batteva all’impazzata, mi dissi: “Se questo è il teatro, io voglio farlo per sempre”. E il teatro che voglio fare per sempre deve essere utile. Oggi lo chiamano “teatro civile”, io non amo dare delle etichette, per me c’è solo il teatro, punto. Diciamo che non amo l’intrattenimento tout court, questo sì. Penso che devi avere qualcosa da raccontare, sennò che senso ha farlo? Voglio dire, farlo davanti a un pubblico… Il teatro, soprattutto oggi, lo puoi fare davvero ovunque, come diceva il buon vecchio Shakespeare “tutto il mondo è teatro e gli uomini e le donne puri istrioni, tutti…”. Alla posta, al supermercato, al bar, in ufficio, siamo sempre attori, recitiamo dei ruoli in base alle situazioni e alle persone con cui ci troviamo. Però, ecco, personalmente penso che se vuoi salire su quelle tavole lì, qualcosa me la devi raccontare, qualcosa che ti urge dentro e se è una cosa che non so è meglio, perché le cose che già si sanno… uff, che noia! Questa cosa la chiamano oggi “drammaturgia contemporanea”, che per me si chiama sempre teatro, ma insomma alla fine è quella che mi piace di più”.

Nei panni di Rosa Balisteri  (Ph. Simone Boiocchi)

Nei panni di Rosa Balistreri (Ph. Simone Boiocchi)

Cosa provi in scena, davanti al pubblico e cosa vuole oggi, secondo te,  lo spettatore dall’attore in scena?

“In scena provo – e si prova – di tutto! È tutto uno scombussolamento dell’anima, dei sensi, del corpo. Difficile definirlo a parole. Io non so cosa voglia uno spettatore da un attore, credo sia difficile dirlo perché ci sono milioni di spettatori, di pubblici e di attori diversi. Sicuramente credo che lo spettatore, oggi più che mai, abbia voglia di sentirsi raccontare una storia e di crederci davvero in quella storia, di entrarci dentro, senza annoiarsi, senza distrarsi, senza addormentarsi (come ormai troppo spesso capita). In tal senso, so però che cosa vorrei io dallo spettatore. Vorrei che provasse lo scombussolamento di cui sopra. Vorrei che lo provasse insieme a me, che ci prendessimo per mano, io e lui, e per un’ora, un’ora e mezza, viaggiassimo insieme. Devo dire che con “Terra di Rosa” molto spesso questo mi succede ed è bellissimo. Il mio maestro, Lamberto Puggelli, diceva che “bisognava fare l’amore col pubblico, ogni sera”.

Dove va, secondo te, il teatro e la nuova drammaturgia?

A volte, purtroppo, vanno verso una sorta di “sperimentalismo” pericoloso. E non a caso uso questa parola. Ci sono tantissimi spettacoli interessanti in giro, per carità, e che sono davvero il futuro, ma ce ne sono altrettanti che… boh, io faccio molta fatica a comprendere, cervellotici, intrisi di un intellettualismo eccessivo, che niente riescono a raccontare al pubblico, nessuna storia, solo vacuità. Molti di questi hanno pure una ricerca più o meno raffinata dell’estetica, l’obiettivo è colpire lo spettatore, scioccarlo con idee così nuove che non potrà non apprezzare. Al diavolo tutto il resto!

Mi piacerebbe, invece, che si tornasse più alla materia, fatta di carne e di sangue, alle storie, a quelle storie vere che non vedi l’ora di raccontare perché senti urgenti, necessarie. Questa per me dovrebbe essere la nuova drammaturgia: raccontare le storie dell’oggi… E cavolo, se non abbiamo milioni di storie da raccontare in questi tempi bui!”.

Chi è Tiziana nella vita di tutti i giorni? Quali ostacoli hai incontrato nell’intraprendere questo tuo sogno d’attrice?

“Vivo in una città, Milano, dove il tempo non è pirandellianamente relativo. Il tempo è oggettivamente poco, pochissimo. E devi correre, sempre. O corri o soccombi. Questa è Tiziana, credo, una specie di scheggia impazzita che corre, corre, corre. Le mie amiche milanesi mi dicono che sono diventata più milanese di loro. E forse hanno ragione! Quando torno giù, infatti, spesso faccio fatica a ricordarmi che sono nata nella terra della lentezza e che mi devo mettere in modalità “relax, take it easy”, sennò mi prendono per matta! Come ovviamente, puntualmente, accade. Le prime volte era uno sforzo grande, entravo in confusione, non riuscivo a riabituarmi alla vita siciliana. Poi pian piano ho capito il meccanismo, di come si fa a passare velocemente da uno stato all’altro e devo dire che mi piace, è come vivere due vite.

Gli ostacoli? Puff, si incontra una valanga di ostacoli. Si può dire che il mestiere dell’attore, dell’artista in generale, è a pieno titolo ‘un percorso ad ostacoli’. Dai più banali a quelli che non ti aspetteresti mai nella vita. Per me, l’ostacolo numero uno resta comunque sempre lo Stato, l’Italia. Viviamo nel paese della cultura, dell’arte… che cultura e arte, negli ultimi anni, sono state prese solo a pesci in faccia. La cultura, l’arte e tutte le persone che con la cultura e l’arte hanno deciso di viverci, di far mangiare loro e la loro famiglia. La famosa frase che ormai conoscono pure i muri… “Ah brava, fai l’attrice, bello… e di mestiere?”. Questa è l’Italia”.

Ancora in "Terra di Rosa"  (Ph. Simone Boiocchi)

Ancora in “Terra di Rosa” (Ph. Simone Boiocchi)

Una particolare soddisfazione o delusione in questi anni di attività…

“Soddisfazione di ‘essermi fatta’ completamente da sola, di essere caduta tante volte ed essermi rialzata (e chissà quante cadute ancora ci saranno, ma sono pronta!). Delusione di non aver lavorato con alcuni registi che mi sarebbe piaciuto incontrare… Magari li incontrerò un giorno, ma al momento la mia professione sta prendendo strade completamente diverse rispetto alle loro. E va bene così”.

I tuoi prossimi impegni ed un sogno che vorresti realizzare…

“Gli impegni rimangono sempre quelli: i progetti che ho a Milano e dintorni con le tre compagnie di cui parlavo prima e la mia creatura – Terra di Rosa – da crescere e portare in giro più possibile. Al momento mi devo occupare di tutto da sola, di promuoverlo, distribuirlo e metterlo in scena. È difficile e stancante, molto. Ma non posso fare altrimenti. Il progetto è quello di rendermi prima possibile sostenibile col mio lavoro, in modo da potermi permettere qualche collaboratore. Il teatro, da sempre e per sempre, non si fa mai da soli, ma sempre con gli altri. Il sogno? Quello me lo tengo per me, dai, è troppo grande e mio per poterlo condividere, almeno per adesso, s’intende”.

Per informazioni sullo spettacolo “Terra di Rosa-U cantu ca vi cuntu”, curiosità e tanto altro, notizie sull’interprete ed autrice, potete consultare il sito www.terradirosa.it

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