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La passata appartenenza al mondo previdenziale mi spinge a reazioni vivaci ogni volta che ascolto “certe” affermazioni di commentatori non disinteressati o ignoranti e professoroni difficilmente disinteressati e con l’aggravante di non poter essere – “de iure” – ignoranti.

Con il sostegno di tali tipologie di “intellettuali”  il potere economico (esso, sì, interessatissimo) ha costruito ingenti fortune, strappando anche la pelle ai lavoratori, e rendendo sempre più povero e incerto il futuro di pensionati e pensionandi. La più grossa fandonia inventata è quella che gli “attivi” (etichettati, peraltro, come “privilegiati”) pagano le prestazioni agli attuali pensionati (“passivi”!?); cosa sino a un certo punto vera ma non per colpa degli interessati.

In questa fase, non voglio parlare delle provvidenze erogate senza versamenti contributivi, che sono un pluriennale problema – solo ogni tanto bisbigliato – per la mancata separazione tra previdenza e assistenza.

Deve essere, invece, gridato a squarciagola, che, se l’INPS è costretto a pescare nei versamenti attuali, è perché quanto versato prima dagli attuali pensionati è stato già speso; usato per altri scopi. Non ho scritto – si badi bene – “divorato”… In parole povere: ognuno ha pagato e paga anticipatamente quel che auspica sia trasformato in pensione (se ci arriva) subendo onerose e obbligatorie trattenute in “busta paga”; solo che, nel frattempo, questi “suoi” soldi sono scomparsi; dunque, per nascondere ben altro, s’instilla la credenza che – anziché restituirgli ciò che gli appartiene – gli si danno soldi dei giovani, creando un’ignobile guerra tra generazioni. In breve, è lo Stato che prende forzatamente in prestito queste somme fingendo una situazione diversa.

Ricordo che con quei soldi gli enti previdenziali avevano anche costruito un ingente patrimonio immobiliare che, quindi, apparteneva a chi aveva messo i denari. Poi, con la scusa che esso era mal gestito (da chi?) e rendeva poco – mentre, invece, dovevano essere risolte altre questioni di cassa – è stata avviata la “cartolarizzazione” e i beni si sono volatilizzati. Per conoscere il significato della “mala parola” appena scritta si può consultare qualsiasi enciclopedia; mentre, per capire quello che è realmente accaduto servirebbe l’indovino o una squadra di don Mattei in piena forma; e se, anche dopo, in ogni campo dello “stato sociale” sono arrivate riforme “a danno crescente” per i cittadini, vuol dire che neanche quei soldi sono bastati. Intoccate e intoccabili restano le spese della politica, quelle militari, quelle connesse al Concordato tra Stato e Chiesa…

VITALIZI, PENSIONI D’ORO E DIRITTI ACQUISITI

Non rientrano in questo discorso le erogazioni di varia natura (come i cosiddetti “vitalizi”), scollegate da contribuzione, che poco hanno a che vedere con lo “stato sociale” e tanto meno con la previdenza; sono sempre sostenute da norme istitutive che permettono ai privilegiati di essere in regola con la legge e di potere esibire il principio del “diritto acquisito”, su cui dopo dirò qualcosa.

Vi rientrano, invece, le cosiddette “pensioni d’oro”. In questo caso, gli occhi divergenti mettono a fuoco l’effetto, cioè l’entità della prestazione e non ciò che l’ha prodotta, cioè l’abnorme retribuzione, rimanendo immutato il meccanismo (solo apparentemente ugualitario) del calcolo. Infatti, le pensioni d’oro sono misurate con lo stesso principio proporzionale con cui lo sono quelle da 600 euro mensili. Lo scandalo è all’origine: nella disparità immorale tra le retribuzioni. Considerato, soprattutto, che quelle “spropositate” sono state e sono appannaggio di solito di chi ha concorso a ridurre l’Italia nello stato in cui versa, si possono considerare “sproporzionate”; anzi, in un contesto civile, dovrebbero comportare un salato risarcimento del danno e una condanna a lavori socialmente utili.

Tornando, per un attimo, al “diritto acquisito”, è evidente che esso nel nostro strano paese è garantito dalla legge e dalla giurisprudenza in maniera schizofrenica; si applica, ad esempio, ai vitalizi e non alle pensioni.

ASPETTATIVE DI VITA, FMI E MORTALITÀ

Circolano in questi giorni alcuni articoli di stampa sull’“emergenza mortalità” in Italia, sottolineata in vari aspetti da Giordano (cfr.: «http://jedasupport.altervista.org/blog/attualita/mario-giordano-strage-italiani-morte/») e non taciuta da Bocci (cfr.: «Mortalità, impennata misteriosa nel 2015: “Quei 45 mila scomparsi come in una guerra”», in «http://www.repubblica.it/cronaca/2015/12/23/news/il_mistero_del_2015_quei_45mila_scomparsi_come_in_una_guerra_-130020393/?refresh_ce»).

Prendo in prestito quest’allarme, che merita approfondimenti serissimi, per un’ultima serie di considerazioni; la lettura degli articoli – quindi, il loro terribile contenuto – evidenzia come siano strumentali certe affermazioni, trasformate artatamente in luoghi comuni. Che dire, ad esempio, sul ritornello dell’allungamento dell’aspettativa di vita e su quello che cercano di far credere che ne debba essere conseguenza?

Tutto si colora di tinte marcatamente fosche, persino lugubri, se queste “notizie” si confrontano con quanto graziosamente ammannito dal Fondo Monetario Internazionale sulla sostenibilità finanziaria di questa “aspettativa”. Oltre un mese addietro (all’inizio della seconda decade di aprile 2016), infatti, nascosti tra le minchiate che incuriosiscono di più, i quotidiani hanno commentato un’uscita, appunto del FMI. Sono impressionanti già i titoli: «Fmi, “allarme longevità”: welfare a rischio. Dopo la crisi meno asset sicuri» (“Il Fatto Quotidiano”, in «http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/11/vita-media-2050-allunghera-anni-addio-welfare/203744/»),«Fmi, allarme pensioni e sanità. L’aspettativa di vita più lunga potrebbe esporre gli stati a shock finanziari» (cfr.: “Il Sole 24 Ore” in «http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-04-11/allarme-pensioni-sanita-aspettativa-161333.shtml?uuid=AbQevUMF&fromSearch&refresh_ce=1»), «Fmi, “nessun investimento è sicuro” – La longevità mette a rischio i bilanci degli Stati» (“La Repubblica”, in «http://www.repubblica.it/economia/2012/04/11/news/fmi_nessun_investimento_sicuro_la_longevit_mette_a_rischio_i_bilanci_degli_stati-33121970/?refresh_ce»).

Il vero “carico” lo getta “Qui Finanza” con un titolo senza veli, brutale: «Il FMI ha trovato la soluzione alla crisi economica: “Dovete morire prima”» (cfr.: «http://quifinanza.it/soldi/il-fmi-ha-trovato-la-soluzione-alla-crisi-economica-dovete-morire-prima/63665/»).

Ovviamente, il FMI non mette in discussione il “sistema” e il “liberismo” sfrenato che lo governa. Visto che per i Monti e per i tanti bocconiani sono come le tavole del monte Sinai, qualcun altro dovrà assumersi il compito di farlo.

Salvo Nicotra

Salvo Nicotra

Salvo Nicotra si è occupato di tante di quelle cose che è come se non si fosse occupato di nulla… Laurea in Lettere all’Università di Torino con tesi sull’attualità del Teatro dei Pupi siciliani, regista teatrale e uomo di cultura e di sport, ha collaborato sin dalla (lontana) giovinezza con numerose testate giornalistiche; nella “precedente vita” è stato lavoratore pubblico e dirigente sindacale.

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