Prima pagina

Da tempo la comunità scientifica si interroga sulla pericolosità delle bibite confezionate nelle bottiglie di plastica o nell’alluminio: questi packagings (o imballaggi alimentari), infatti, se esposti a fonti di calore possono cedere nelle bevande composti potenzialmente tossici derivanti dall’involucro stesso, come il PET (polietilene tereftalato). In particolar modo è stato dimostrato che la contaminazione da Bisfenolo A (BPA), un componente potenzialmente pericoloso presente nelle plastiche alimentari, dipende maggiormente dalla temperatura del cibo che dal grado di usura del contenitore.

A questa conclusione è giunta un team di ricercatori della University of Cincinnati (USA), impegnata a misurare le quantità di Bisfenolo A presente nei policarbonati. Il professor Scott Belcher, insieme al suo gruppo di ricerca, ha scoperto che l’esposizione di bottiglie di plastica, vecchie e nuove, con della semplice acqua bollente aumenta di circa 55 volte il rilascio di Bisfenolo A, un composto organico in grado di imitare il comportamento di alcuni estrogeni (i principali ormoni sessuali femminili).

Il dato più sorprendente emerso dalla ricerca è che anche a distanza di sei/sette anni dalla loro produzione, le bottiglie di plastica rilasciano lo stesso ammontare di BPA rispetto ai contenitori appena prodotti: dunque maggiore è il calore sviluppato, maggiori sono i quantitativi di BPA rilasciati dai policarbonati che costituiscono la bottiglia. Per giungere a questo risultato i ricercatori hanno analizzato per sette giorni consecutivi alcune comunissime bottigliette di plastica per l’acqua, vecchie e nuove, simulandone un normale utilizzo. Tutte le bottiglie hanno rilasciato gli stessi quantitativi di BPA, senza alcuna sostanziale differenza. I livelli di Bisfenolo A sono sensibilmente aumentati quando le bottiglie sono state sottoposte a temperature molto alte. In questo caso, i BPA hanno contaminato l’acqua a velocità sempre più alte, da 15 a 55 volte rispetto alle condizioni standard misurate precedentemente. Da 0,2-0,8 nanogrammi per ora, si è passati a 8-32 nanogrammi ogni sessanta minuti. Il Bisfenolo A, largamente presente nelle bottiglie riciclabili, nel rivestimento delle lattine in alluminio e nei tubi dell’acqua, si comporta nell’organismo come un estrogeno, inducendo reazioni spesso inaspettate nel sistema endocrino. Il composto è infatti in grado di imitare gli ormoni naturali, secreti dalle ghiandole endocrine e utilizzati da molti organismi come regolatori di numerose attività fisiologiche. La letteratura scientifica contempla da tempo effetti anche gravi causati dai BPA sullo sviluppo cerebrale di numerose specie animali. Nessun effetto ancora è stato dimostrato nell’uomo.

Dati allarmanti che hanno fatto scattare l’ingegno al dottor Cristian Fioriglio, biologo e dipendente della Polizia di Stato in forza all’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico della Questura di Catania: dopo anni di studio e la continua passione per la sicurezza alimentare, il dottor Fioriglio ha inventato il BIOTAPPO, il cui brevetto è stato già depositato al Ministero dello Sviluppo Economico, conferendo il titolo di invenzione industriale a tutela della salute del consumatore.

Grazie a delle ricerche autonome il dottor Fioriglio ha verificato l’effetto prodotto dalle elevate temperature sul PET simulando quanto accade durante il trasporto e lo stoccaggio dell’acqua in bottiglia prima della vendita. Sono state analizzate le bottiglie in PET di 5 differenti acque minerali in commercio. E’ stata valutata anche la capacità di cessione del PET seguendo le linee guida stabilite dal Regolamento (UE) N. 10/2011 del 14 gennaio 2011. Da ogni bottiglia è stato prelevato un campione di uguale dimensione, peso e spessore. I campioni prima sottoposti ad una stufa, sono stati successivamente incubati a 40°C, 50°C e 75°C. Dopo 3 e 7 giorni di incubazione i campioni sono stati di nuovo pesati e analizzati al durometro per verificarne lo spessore. L’esposizione per molti giorni a temperature elevate ha comportato la riduzione del peso e l’assottigliamento del PET, indicando la capacità delle elevate temperature di modificare la struttura del polimero; inoltre mettendo tali campioni in immersione con una miscela idroalcolica in queste condizioni di patito stress termico, tutti i campioni hanno dimostrato di assorbire una percentuale di tale miscela. Pertanto, considerando che una plastica se ha la capacità di assorbire avrà anche quella di cedere, tale risultato ricavato ha rafforzato i valori riportati dai ricercatori dell’University of Cincinnaty (USA) sulla possibilità di un ingente rilascio di sostanze indesiderate. I dati confermano che il PET non va esposto a temperature elevate, (come infatti pubblicizzato nelle etichette di note marche commerciali di acqua) cosa che invece non avviene spesso durante il trasporto e lo stoccaggio dell’acqua, specialmente nelle stagioni calde. Da qui anche la necessità di verificare le condizioni di trasporto e stoccaggio delle acque in bottiglie di PET prima che esse vengano messe in commercio.

Dott. Cristian Fioriglio

Dott. Cristian Fioriglio

Lo scopo dell’invenzione – dice il dottor Fioriglio – è quello di superare questi inconvenienti indicando un contenitore comprendente almeno una porzione che, al raggiungimento di una determinata temperatura, subisca un cambiamento irreversibile percepibile da un utilizzatore del contenitore. Pertanto con il BIOTAPPO si permette al consumatore, guardando l’esterno della confezione, di avere la garanzia di acquistare un alimento salubre oppure di essere di fronte a un potenziale alimento pericoloso. Con la collaborazione di un’azienda del Nord Italia specializzata su vernici speciali, si è riusciti ad ottenere una vernice cangiante irreversibilmente ad una “data” temperatura critica, quale temperatura registrata e ritenuta pericolosa durante i campionamenti effettuati. Presso un’azienda locale si è avuta la possibilità di creare un prototipo di BioTappo totalmente trasparente che permettesse di distinguere il colore della vernice istantaneamente al consumatore in modo da verificare se l’alimento contenuto all’interno avesse viaggiato per lungo tempo ad esposizioni critiche di temperature tali da compromettere la salubrità e pertanto attentando indirettamente alla salute del consumatore”, conclude Cristian Fioriglio.

L’invenzione si rivela dunque di fondamentale importanza se si considera anche che Il Bisfenolo A non altera il gusto di una bevanda in cui è disperso, né l’aspetto delle bottiglie e delle bibite in esse confezionate. Un consumatore non è pertanto in grado di stabilire, ad esempio al momento dell’acquisto, se una bottiglia in plastica alimentare abbia raggiunto, durante il trasporto della stessa, una temperatura tale da comportare il rilascio di Bisfenolo A.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post