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“Il Marchese di Ruvolito”,  commedia in tre atti del grande autore siciliano Nino Martoglio, inaugura giovedì 20 Ottobre, alle ore 21.00, la nuova stagione del Teatro Vitaliano Brancati  di Catania. Lo spettacolo, nella struttura di via Sabotino, inizia il  cartellone 2016-2017 che dà voce agli autori contemporanei, ma non dimentica i testi della tradizione.

Tuccio Musumeci in "Il Marchese di Ruvolito" (Ph. Dino Stornello)

Tuccio Musumeci in “Il Marchese di Ruvolito” (Ph. Dino Stornello)

In scena fino a domenica 6 Novembre, accanto all’applauditissimo Tuccio Musumeci  Rossana Bonafede, Turi Giordano, Maria Rita Sgarlato, Riccardo Maria Tarci,  Roberta Andronico, Fabio Costanzo, Antonio Castro, Donatella Liotta, Enrico Manna, Savì Manna, Claudio Musumeci, Luigi Nicotra, Marina Puglisi, Raniela Ragonese, Giovanni Strano. La regia è di Giuseppe Romani, e costumi di Mela e Rosa Rinaldi, le scene di Susanna Messina, i movimenti coreografici di Silvana Lo Giudice.

La trama de “Il Marchese di Ruvolito” ruota attorno alla figura del Marchese, un aristocratico ormai ridotto alla rovina, senza più un soldo con la sua dimora pignorata e ormai costretto a fare i conti con la nuova società di affaristi che sono disposti a tutto pur di conquistare uno stemma sulla porta. La prima della commedia in tre atti in dialetto siciliano “Il Marchese di Ruvolito” ha avuto luogo al Teatro Nazionale di Roma il 23 dicembre 1920, “Compagnia Angelo Musco”, interpreti Angelo Musco (il Marchese di Ruvolito) e Rosina Anselmi (donna Prazzita). È l’ultima commedia del belpassese che scomparirà di lì a poco, il 15 settembre 1921, precipitando nella tromba dell’ascensore in costruzione dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania”.

Ecco alcune note di approfondimento sulla commedia di Nino Martoglio della professoressa Sarah Zappulla Muscarà: “Vario nei temi e nei motivi, ricco di colore, vitalistico e brioso, il teatro di Nino Martoglio raggiunge gli esiti più felici quando rappresenta gli aspetti peculiari e autentici della sua terra mediante personaggi  che celano le intime ferite dietro una maschera ironica, canzonatoria: civitoti chiassosi, poveri ingegnosi e ciurmatori, ingenui o scaltri scampoli di umanità bonaria, ilari e bizzarre figure, aristocratici e politici decaduti e spiantati, creature sordamente disperate. Un microcosmo volutamente semplice ed elementare, popolato di archetipi collettivi, buoni e cattivi, furbi e sciocchi, dove signorotti squattrinati e popolani trafurelli vivono di espedienti per sbarcare il lunario, dispensando agli ingenui e agli illusi gli uni titoli nobiliari e radici illustri, gli altri consigli legali e numeri del lotto.
Nino Martoglio

Nino Martoglio

Vecchio aristocratico in miseria fra parvenus smaniosi di nobiltà, Il Marchese di Ruvolito sbarca il lunario inventando radici illustri a famiglie plebee. Per lo spasmodico desiderio del blasone donna Prazzita Timurata, “ex rivendugliola” zeppa di denari (fatti con l’olio ed il formaggio) con “tutte le spocchie delle nuove arricchite”, ha deciso di dare in sposa la figlia Immacolata ad un cacciatore di dote, il “baronello di Mezzomondello”, cinico, spiantato, borioso. Sarà il Marchese di Ruvolito a sventare gli interessati progetti del baronello adottando il giovane Adolfo Giesi, anch’egli pieno di soldi (fatti col sapone e la potassa) ma privo di blasoni, e consentendogli così, divenuto Marchese di Gebbiagrande, di sposare Immacolata, di cui è innamorato corrisposto, con l’entusiastico consenso finalmente di donna Prazzita, divenuta madre nientemeno che di una marchesa “di curuna cch’ ’i gigghia, non con le palle!”. Dal canto suo il Marchese di Ruvolito otterrà di restare usufruttuario nel palazzo avito, riscattato dal figlio adottivo, dal quale rischiava di essere sfrattato”.

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