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Con “Il piacere dell’onestà” di Luigi Pirandello, coproduzione “Stabile” di Catania e di Napoli il Teatro Stabile di Catania ha inaugurato lo scorso 22 Novembre (repliche fino al 4 Dicembre) al “Verga” la nuova stagione di prosa all’insegna del risanamento finanziario e gestionale. Protagonista della commedia pirandelliana, scritta nel 1917 e ispirata alla novella “Tirocinio”, in tre atti, ridotti a due, con l’essenziale e scorrevole regia di Antonio Calenda, troviamo nel ruolo di Angelo Baldovino un rigoroso, impeccabile, Pippo Pattavina che disegna un Baldovino convincente, nei panni di un uomo di dubbia fama, pieno di mistero, intelligente, colto e fascinoso, tipico esempio del “ragionatore” e tipico rappresentante delle tematiche care alla scrittura pirandelliana. E nella vicenda narrata emergono la differenza fra l’essere e l’apparire, fra la maschera sociale in contrapposizione a chi si è veramente, il bisogno di aver stima di noi stessi, l’animo bestiale che si fonde con il sentimento in situazioni proibitive.

Nella foto di Antonio Parrinello, Pippo Pattavina

Nella foto di Antonio Parrinello, Pippo Pattavina

Angelo Baldovino, uomo fallito e di dubbia moralità, accetta, attraverso la mediazione dell’amico e compagno di collegio Maurizio Setti, solo per “il piacere dell’onestà” di sposare Agata Renni, ragazza di buona famiglia che aspetta un bambino da un uomo sposato, il “rispettabile” marchese Fabio Colli. L’onestà è una parola di grande effetto per il periodo in cui Pirandello concepì la sua opera, parola di lacerante contesto in questa nostra travagliata epoca. Nella visione pirandelliana il protagonista, nell’indossare il costume dell’Onesto, adotta il colore del diverso, in una fauna di anime mostruose, finendo così per mettere spietatamente a nudo la disonestà di tutti gli altri. Lui, burattino per convenienza e marito di facciata, si vendica così del perbenismo borghese, riuscendo ad imporsi con intelligenza sulla meschinità imperante. Agata, conquistata dalla trasparenza del suo comportamento, si trova a nutrire per lui una specie d’amore, scegliendo di condividere il destino di quell’uomo tutto d’un pezzo. Si arriva quindi ad un colpo di scena finale, ad un ribaltone e ciò che era nato come un inganno sociale si trasforma nell’unione vera di due esseri: la maschera è stata sconfitta e, per una volta, trionfa la vita.

Accanto a Pattavina, davvero mai fuori dalle righe nel suo egregio ed inappuntabile Baldovino, da sottolineare le interpretazioni convincenti di Debora Bernardi (la confusa e disperata Agata), Fulvio D’Angelo (un cinico e nevrotico marchese Colli), Valentina Capone (la mamma di Agata) e Francesco Di Benedetto (l’ipocrita mediatore Maurizio, cugino del marchese). Completano il cast Marco Grossi (il portaborse Marchetto Fongi), Santo Pennisi (l’accomodante parroco di Santa Marta) e Giulia Modica (la cameriera Mariuccia).

Scorrevole e mai stancante la regia di Antonio Calenda, gradevoli le musiche di Germano Mazzocchetti. La scenografia di Domenico Franchi presenta una stanza elegante con due panche di tessuto bianco ai lati del proscenio, tre porte bianche (una frontale e due laterali), con fondali e quinte nere – con una stoffa quasi trasparente- che quando s’illuminano, in controluce, lasciano intravedere chi esce o entra in scena.

Per l’apertura della nuova stagione dello “Stabile” di Catania, quindi, uno spettacolo, della durata di circa due ore,  rigoroso, applaudito dal pubblico e sempre attuale, che mette in luce, ancora una volta le contraddizioni della nostra epoca, da più di un secolo travagliata dalla scissione fra essere ed apparire. Come dice il protagonista, Angelo Baldovino: “Sposerò per finta una donna: ma sul serio, io sposo l’onestà”.

“Ed oggi più che mai – come scrive nella nota di regia Antonio Calenda – questo titolo, “Il piacere dell’onestà”, risuona presago di un riscatto urgente, un seppur evanescente sollievo che preluda a un cambiamento reale in un tempo in cui la corruzione è amara cifra del nostro presente”.

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