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Su delega della Procura Distrettuale Antimafia di Catania, la Polizia di Stato ha in corso di esecuzione un’ordinanza in materia di misure cautelari personali e reali, emessa in data 13.12.2016 dal G.I.P. del Tribunale di Catania, nei confronti di 31 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (clan Cappello-Bonaccorsi), con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, estorsione, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e intestazione fittizia di beni, aggravati dall’art.7 L.203/91.

La misura cautelare, eseguita dalla Squadra Mobile di Catania e dal Servizio Centrale Operativo consente di disarticolare la cosca mafiosa Cappello – Bonaccorsi decapitandone i vertici. Tra le attività illecite perseguite dall’organizzazione mafiosa Cappello – Bonaccorsi  vi è il traffico di sostanze stupefacenti con il controllo di numerose “piazze di spaccio” ricadenti nei rioni cittadini  di San Cristoforo e Librino ed in diversi comuni della provincia di Catania. Sono in corso i sequestri, in provincia di Catania ed altre città della Sicilia, nonché in Calabria e Campania, di numerose società nel settore della raccolta rifiuti, imprese per la gestione di bar, ristoranti e pizzerie  nel settore dell’abbigliamento per un  valore complessivo di svariati milioni di euro.

Gli arrestati nell’ambito dell’operazione Penelope sono: Calogero Giuseppe Balsamo di 57 anni, pregiudicato, Massimiliano Balsamo, 42 anni, pregiudicato; Salvatore Balsamo, 32 anni pregiudicato; Giovanni Bruno, 59 anni, pregiudicato, Sebastiano Calogero, 32 anni, inteso “u picciriddu”, pregiudicato; Andrea Cambria, 54 anni, pregiudicato, già detenuto; Maria Rosaria Campagna di 48 anni, pregiudicata; Giovanni Catanzaro, 52 anni, inteso “u milanisi”, pregiudicato; Carmelo Di Mauro, 31 anni, pregiudicato; Orazio Di Mauro, 35 anni, pregiudicato; Carmelo Gianninò, 54 anni, pregiudicato; Domenico Greco, 42 anni, inteso “u ciociu”, pregiudicato; Giuseppe Guglielmino, 43 anni, pregiudicato, ai domiciliari per altra causa; Carmelo Licandro, 46 anni, inteso “Melu fungia”, pregiudicato; Giuseppe Salvatore Lombardo, 50 anni, inteso “Salvuccio ‘u ciuraru”, pregiudicato, sorvegliato speciale; Mario Lupica, 51 anni, Emanuele Giuseppe Nigro di 35 anni, Giuseppe Palazzolo, 51 anni, inteso “Pippo ca’ lente”, pregiudicato; Giuseppe Piro, 26 anni, pregiudicato; Giovanni Matteo Privitera, 50 anni, inteso “Peri ‘i iaddina”, pregiudicato; Antonio Fabio Rapisarda, 30 anni, già detenuto per altra causa, Giuseppe Ravaneschi, 48 anni, inteso “Pippo pilu russu”, pregiudicato; Claudio Calogero Rindone, 36 anni, Salvatore Massimiliano Salvo, 35 anni inteso “Massimo ‘u carruzzeri”, pregiudicato; Antonio Scalia, 30 anni; Santo Strano, 51 anni, inteso “facci ‘i palemmu”, pregiudicato, già detenuto per altra causa, Tommaso Tropea, 53 anni, inteso “Racci”, pregiudicato; Mario Ventimiglia, 31 anni, pregiudicato; Luigi Sebastiano Vinci, 42 anni, Nunzia Zampaglione, 40 anni, intesa “Nancy”.

I particolari dell’operazione Penelope sono stati illustrati stamattina in una conferenza stampa negli uffici della Procura della Repubblica di Catania in viale XX Settembre.

Secondo l’inchiesta della Squadra Mobile di Catania il clan Cappello – Bonaccorsi risulta strutturato su più livelli, e cioè su un gruppo di comando – composto da Santo Strano, Giovanni Catanzaro, Giuseppe Salvatore Lombardo, Salvatore Massimiliano Salvo e Calogero Giuseppe Balsamo – e da diverse squadre organizzate, dirette sul territorio da Salvo – “responsabile per la città” – con riguardo alle attività criminali condotte nella città di Catania e da Balsamo – “responsabile per i paesi” – in relazione alle attività criminali condotte nel territorio extraurbano, specie nella zona della “Piana di Catania”, nel comprensorio del calatino e nell’hinterland pedemontano. Catanzaro, Lombardo e Strano sono considerati i promotori, mentre Salvo e Balsamo sono considerati organizzatori del clan.

La cosca era molto interessata al settore delle energie rinnovabili, con particolare riferimento alla realizzazione di impianti fotovoltaici nella zona di Belpasso ad opera di un’azienda del Nord Italia. L’imprenditore lombardo, che era entrato in contatto con Calogero Giuseppe Balsamo e con la sua squadra – nel periodo successivo alla commissione di un ingente furto di materiale (per un valore di circa 150 mila euro) avvenuto alla fine di novembre del 2011 aveva ottenuto l’interessamento del clan per recuperare un presunto credito da un’impresa locale, superiore a 6 milioni di euro. Tali rapporti non solo avevano consentito all’organizzazione mafiosa di infiltrarsi nell’attività di impresa, ma avevano consentito ad esponenti del clan di richiedere ed ottenere, a titolo di protezione, somme di denaro corrisposte in occasione delle festività natalizie e pasquali.

Il traffico di sostanze stupefacenti e lo spaccio su piazza. L’attività era gestita nel territorio extraurbano da Calogero Giuseppe Balsamo il quale, collaborato dal figlio Salvatore, immetteva la droga nel circondario di Ramacca e di Motta Sant’Anastasia, cedendola in grossi quantitativi per la successiva vendita al dettaglio, mentre in città il traffico di sostanze stupefacenti veniva controllato da Giovanni Giovanni e Salvatore Massimiliano Salvo che si avvalevano per l’organizzazione sul territorio di Tommaso Tropea e Mario Ventimiglia. Il clan Cappello – Bonaccorsi controllava le piazze di spaccio di San Cristoforo e Librino. Le indagini hanno inoltre evidenziato l’estensione degli interessi criminali della cosca nelle province di Siracusa, Enna e Caltanissetta, attraverso consolidati rapporti con pregiudicati locali, finalizzati all’investimento di capitali ed al traffico di sostanze stupefacenti.

Sono inoltre emersi alcuni episodi di c.d. “recupero crediti” caratterizzati dall’utilizzo del metodo mafioso, sulla scorta del quale il privato creditore può farsi forte dell’appoggio di terze persone di rinomata caratura criminale al fine di recuperare i propri crediti, con modalità alternative agli ordinari rimedi di tipo giudiziarizio.

Un’attività che consentiva all’organizzazione non solo di acquisire somme di denaro, corrispondenti in genere alla metà dell’importo del credito recuperato, ma anche di stringere rapporti con l’imprenditore o il commerciante che si erano avvalsi dell’apporto del clan, ai quale potevano essere chiesti favori anche in termini di assunzioni, con la conseguente possibilità di infiltrazione mafiosa in attività commerciali “lecite”.

Le indagini, inoltre, hanno messo in luce la particolare propensione del clan, nell’investimento dei capitali, acquisiti illecitamente, in attività imprenditoriali e commerciali, nonché la capacità di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale, anche attraverso l’appoggio di una vasta rete di imprenditori. Tra questi ultimi è emersa la figura di Giuseppe Guglielmino – imprenditore operante nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti attraverso aziende a lui riconducibili, sebbene intestate fittiziamente a prestanome, quali la “Geo Ambiente s.r.l.”, la “Clean Up s.r.l.” e la “Eco Businnes s.r.l.” – al quale è stata contestata l’appartenenza all’associazione mafiosa. Nei confronti delle citate società “Geo Ambiente s.r.l.” e “Clean Up s.r.l” – che si sono aggiudicate negli anni diversi appalti nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa – e della “Eco Businnes s.r.l.” è stato disposto il sequestro preventivo delle totalità delle quote societarie e dell’intero patrimonio aziendale. Grazie alla “Geo Ambiente s.r.l.”, Giuseppe Guglielmino era riuscito a ottenere l’affidamento di lavori in alcuni comuni della Calabria. Lì subì il danneggiamento con incendio di due camion e subito fu interessata l’organizzazione mafiosa di appartenenza che, attraverso l’intervento di Santo Strani, aveva garantito la prosecuzione dell’attività senza ulteriori problemi.

Le indagini dell’operazione Penelope hanno fatto emergere anche il ruolo operativo e decisionale di Maria Rosaria Campagna, storica compagna di Salvatore Cappello, 58 anni, capo del clan e detenuto al 41 bis, che domiciliata a Napoli era l’anello di congiunzione tra il boss detenuto ed i vertici operativi a Catania, dove la donna si recava frequentemente. Proprio Salvatore Cappello, nonostante si trovasse al 41 bis grazie alla Campagna ha continuato a ricoprire il ruolo di capo indiscusso del clan mafioso, dando direttive ai sodali anche per il tramite della donna. Per Cappello non è stato adottato alcun provvedimento trovandosi già detenuto e all’ergastolo.

Disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca, di numerosi fabbricati, autoveicoli, motoveicoli, rapporti con istituti di credito e finanziari, nonché di ulteriori attività commerciali. Il valore patrimoniale dei beni sequestri ammonta ad oltre 10 milioni di euro.

A Santo Strano sono stati sequestrati l’azienda per la vendita di abbigliamento intestata a Santo Strano, con sede in Catania, Villaggio Sant’Agata zona C. n.15, l’azienda per la vendita di articoli per la casa intestata a Stefania Reale, con sede in Catania, Villaggio Sant’ Agata zona C. n.15 e luogo d’esercizio in Catania al Villaggio S. Agata zona B n.139-138;

A Giuseppe Guglielmino sono stati sequestrati la società “Eco Logistica s.r.l.”, avente ad oggetto la raccolta, il trasporto e lo smaltimento di rifiuti solidi, intestata a Biagio Caruso e Biagia Caruso , con sede legale in Aci Sant’Antonio, la “Consulting Business di Guglielmino Giuseppe”, avente ad oggetto servizi di consulenza alle imprese, con sede legale in San Gregorio di Catania, la “Geo Ambiente s.r.l.”, avente ad oggetto la gestione di rifiuti urbani e industriali, già in amministrazione straordinaria, con sede a Belpasso e a Belvedere Marittimo (CS) e Sangineto (CS), la “Clean Up s.r.l.”, con sede a Motta Sant’ Anastasia.

A Calogero Giuseppe e Salvatore Balsamo sono stati sequestrati la società “B & V Rottami S.r.l.s.”, società per il recupero e trattamento di materiali ferrosi, con sede a Catania e Gela, la società “Asia S.r.l.”, società per il commercio di generi alimentari, con sede a Catania.

A Salvatore Massimiliano Salvo la società “S & D S.r.l.s.”, avente ad oggetto la gestione di bar, ristoranti e attività di somministrazione, con sede a Catania.

A Maria Rosaria Campagna la Pizzeria e Bar “I due Vulcani”, di Napoli, la società “Eco Business s.r.l”, con sede a Siracusa, Catania e intestata a Mario Lupica e la “Tech Servizi s.r.l.”; (e I.M e L.G. sono Indagati del reato di intestazione fittizia di beni ma non colpiti dalla misura cautelare personale), la “Indomenic s.r.l.”, avente ad oggetti la gestione di supermercati e ipermercati, con sede a Siracusa, la “B & G s.r.l.s.”, avente ad oggetto la gestione di supermercati e ipermercati, con sede a Siracusa (C.A.F. indagato del reato di intestazione fittizia di beni ma non colpito dalla misura cautelare personale): la “PE.I. s.r.l.”, avente ad oggetto la gestione di bar, ristoranti e pizzerie, con sede ad Aci Castello, la società “FAMA s.r.l.”, avente ad oggetto la gestione di bar, ristoranti e pizzerie, con sede a Catania, l’associazione “Network Vip Club” avente sede a Catania.

Sequestrati anche a Calogero Giuseppe e Salvatore Balsamo l’impresa per la produzione di prodotti di panetteria intestata a Salvatrice Cristina Balsamo di Catania; a Maria Rosaria Campagna: la società “I 2 Vulcani Società a responsabilità limitata semplificata” per la gestione del ristorante – pizzeria “I 2 Vucani” con sede a Napoli; a Massimiliano Balsamo l’impresa individuale denominata “Malua bar” di Catania.

Espletate le formalità di rito, gli arrestati sono stati associati nelle case circondariali di Catania “Bicocca”, Messina, Siracusa “Cavadonna” e Caltanissetta.

Alla fase esecutiva hanno partecipato oltre 300 unità della Polizia di Stato, tra cui equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine Sicilia Orientale, unità eliportata del Reparto Volo di Reggio Calabria e personale delle Squadre Mobili siciliane.

Video della Squadra Mobile

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