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Sabato 18 Febbraio (alle ore 21:00, con replica domenica 19 (ore 18:00), al Teatro Erwin Piscator di Catania in scena “Ecclesiazuse – Donne in Parlamento”, testo classico di Aristofane, adattamento e regia di Nicola Alberto Orofino. Prodotto e recitato dalla compagnia degli “Instabili”, nata a Catania nel 1998, formata da Giovanni Calabretta, Luciana Camano, Anna Di Mauro, Rita Patti, Maribella Piana, Gabriella Russo, Marika Russo, Carmelo Scaccianoce, Sergio Trefiletti.  Partecipazione di Mattia Giardini; voce fuori campo Egle Doria; fotografie di scena Gianluigi Primaverile; scene e costumi della Compagnia Instabili; assistenza alla regia Gabriella Caltabiano.

Ecco una nota del regista Nicola Alberto Orofino: “Ecclesiazuse è la storia di un gruppo di donne che un bel giorno decide di mettere in atto un vero e proprio colpo di stato. Le congiurate si travestono da uomini (unico modo per accedere al Parlamento cittadino), prendono il potere e instaurano un governo basato sui principi di equità, che si concretizzerà nella integrale comunione dei beni. Una sorta di primitivo comunismo portato a conseguenze parossistiche che coinvolgerà addirittura le opportunità sessuali dei governati. Aristofane racconta tutto questo nel 392 a.C.. Una commedia sbalorditivamente premonitrice che stupisce non soltanto sulla base dell’esperienza comunista che la storia sperimenterà concretamente soltanto nel corso del novecento, ma che è anche una astuta riflessione critica di quello che poi saranno i tentativi rivoluzionari dei movimenti femministi. Lo spettacolo nasce da questa impressione.

Non è la prima volta che mi occupo di questi temi. Anche nel Giulio Cesare messo in scena qualche tempo fa, raccontavo di possibili percorsi femminili di approdo al potere. Ma in Ecclesiazuse il tratto drammaturgico è notevolmente più intrigante. Rispetto al capolavoro shakespeariano, qui ci troviamo di fronte ad un testo sbrindellato, precario, strutturalmente elementare, addirittura privo di un finale drammaturgicamente solido. Ma tale abbondanza di problematicità lungi dall’essere un difetto, è rilevatore di vitalità, di forza scenica, di vivacità espressiva, quasi che la disorganicità del testo sia stata ampiamente pensata, costruita, voluta. E come se Aristofane, fabbricante geniale di satire politiche e sociali, avesse avuto la consapevolezza che soltanto una commedia con queste carenze potesse offrire alla messa in scena il giusto carattere ironico, ludico ma contemporaneamente utopistico e irrazionale. Queste riflessioni non possono non tenere conto che a leggere il capolavoro di Aristofane ci siamo noi, donne e uomini che vivono il mondo contemporaneo, costruito sulle vittorie e le sconfitte dei movimenti rivoluzionari femministi e sui svariati tentativi prodotti dalla storia di riorganizzazione della società su principi più ugualitari. Ritengo non sia nostro compito offrire soluzioni di alcun tipo (ci sostituiremmo inopportunamente alla politica), ma penso sia un dovere artistico quello di accendere la miccia della riflessione. E’ questo il fine ultimo dello spettacolo che presentiamo”.

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