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Si concluderanno domani pomeriggio, 26 Marzo, alle ore 18.00, dopo la replica di stasera alle 21.00, alla neonata Sala Giuseppe Di Martino, in via Caronda 82/84, a Catania, “casa” e residenza artistica del gruppo Fabbricateatro, le repliche del nuovo spettacolo “Il Principe” nella visione ed adattamento teatrale e regia di Elio Gimbo che, ancora una volta, scavando nelle pieghe più profonde, studiando le opere dei grandi della letteratura italiana (stavolta è toccato al celeberrimo testo di Niccolò Machiavelli) cerca gli agganci, gli spunti, i ponti con le inquietudini, con le domande e con le indecisioni dei nostri giorni. In scena Daniele Scalia, Sabrina Tellico  e Antonio Starrantino, con la collaborazione di Alessandra Guglielmino e Massimiliano Tellico. Le luci sono di Elvio Amaniera, i costumi di Fabbricateatro.

Il regista Elio Gimbo

“L’importanza di questo nuovo spettacolo – ribadisce Elio Gimbo è per Fabbricateatro doppia: da un lato consolida la visione dei possibili rapporti fra teatro e letteratura italiana inaugurata con il leopardiano “Discorso su noi italiani”, dall’altro è la prima nuova produzione a vedere la luce nella nostra nuova sala Giuseppe Di Martino. Il Principe di Machiavelli è un’opera rivoluzionaria della letteratura italiana; è un trattato e non un testo poetico, si rivolge a iniziati di una nascente scienza della politica, in questo senso ha caratteristiche archetipiche nei confronti del “discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani” di Leopardi e ci è parso il punto di partenza adatto per una nuova creazione teatrale sull’antropologia culturale della società italiana che segua coerentemente il Discorso su noi italiani”. E’ impressionante la descrizione machiavelliana della contiguità tra qualità personali e capacità di volgere gli eventi a proprio favore necessaria a dettare la carriera politica del perfetto leader italiano, della ricorrente necessità storica per una leadership autentica di dovere interpretare la differenza politica tra crudeltà necessaria e crudeltà gratuita. Nell’amoralità del testo si muove il montaggio delle azioni, accostandogli le nostre inquietudini di italiani contemporanei. Se in “Discorso su noi italiani” la partenza dell’azione scenica era una filantropica tavola imbandita, qui è il tradizionale nucleo primario della società italiana: la famiglia; Madre, Padre, Figlio, nell’azione scenica sviluppano un percorso simbolico delle tradizionali trasmissioni familistiche del Potere italiano nel senso più contemporaneo possibile”.

Una scena de “Il Principe” (Ph. Dino Stornello)

Come accaduto con “Discorso su noi italiani”, “Faust”, “Riccardo III” ed il recente “Finale di partita”, anche con “Il Principe” lo studio del celeberrimo testo di Machiavelli, porta il regista Elio Gimbo ad impostare una pièce che guarda alle problematiche politico-sociali dei nostri giorni ed il pubblico, alla fine della messa in scena, oltre ad apprezzare la neonata Sala Di Martino, apprezza le intenzioni del regista – non nuovo a queste operazione. Spettatore che riscopre poi la straordinaria attualità della scrittura e del pensiero di Machiavelli, tutt’altro che lontana da noi e dalle nostre paure ed inquietudini mascherate da un falso e vuoto benessere, regalando ai protagonisti dell’operazione i meritati applausi.

Bilancio de “Il Principe” alla Sala Di Martino

Vicino alla conclusione delle dodici repliche (si replicherà comunque tra fine Aprile e primi di Maggio) del suo nuovo spettacolo alla Sala Di Martino, abbiamo chiesto al regista Elio Gimbo di tracciare un bilancio di questa sua nuova avventura sulla scena, alle prese con un altro grande della letteratura italiana come Machiavelli.

Sabrina Tellico e Daniele Scalia (Ph. Dino Stornello)

“Ci sono stati autori con il dono di inventare nelle loro opere, – spiega Gimbopensieri così profondi da assimilare nel tempo il sentire comune; senza che se ne conoscano le radici, il campo dialettico dello splendido testo di Machiavelli è oggi nei pensieri e sulla bocca di tutti: il campo di battaglia più frequentato nei peggiori bar, l’angoscia più presente nella determinazione di comportamenti sociali e politici oggi trasversali alle classi. Il libro di Machiavelli è il Graal poetico della cultura politica italiana di massa, ma come le leggende nessuno dei fedeli ne conosce l’originale. A Fabbricateatro siamo abituati già dal Leopardi del “Discorso su noi italiani” ad un lavoro di sartoria in cui il testo diventa uno splendido vestito per una drammaturgia delle azioni degli attori, messi in relazione con oggetti dotati di una loro importanza storica. Se metto vicino, con le azioni degli attori, una macchina da scrivere e uno smartphone o un Oculus per realtà virtuale, otterrò una dialettica significativa per qualsiasi spettatore oggi a cavallo tra due secoli che assomigliano a un padre e un figlio che, pur volendolo, non comunicano”.

A fine spettacolo (Ph Dino Stornello)

“Già nel ’97 in via Vela, col nostro primo “La vita è sogno” di Calderon, – conclude il regista – attori e abitanti volontari, nel cuore di San Cristoforo affrontammo la scottante attualità della dialettica tra generazioni riassunta nell’archetipo verticale genitori-figli; è vero, ricorrentemente questa affiora qua e là negli spettacoli di Fabbricateatro, ma, soltanto quando risulta rivelatrice della vera “corrente del golfo” dei nostro spettacoli: il mistero del potere nel nostro ultimo spettacolo il testo di Machiavelli è la password, l’archetipo linguistico montato su un lavoro d’attore applicato alla contemporaneità storica.

C’è poi oggi per me un livello ulteriore da affrontare facente parte dell’intimità personale di chi fa teatro, il confronto con lo spettacolo vero e proprio, con la sua esecuzione: lo studio della luce sulla sala realizzato da Elvio Amaniera, le reazioni più intime dei miei compagni attori, quelle del pubblico impegnato con lo sguardo nel proprio personale montaggio. A me lo spettacolo appare ogni sera come un enigma che devo sciogliere prima o poi”.

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