Cronaca

Parola d’ordine: zainocrazia. In occasione della «Settimana del Lavoro Agile» promossa dal Comune di Milano, dal 22 al 26 maggio, Doxa, ideatrice delle ricerche di mercato in Italia, si fa interprete di una tendenza destinata a rivoluzionare la vita professionale (e non solo) di tutti noi.

Oggi sono oltre 250 mila i «lavoratori agili» in Italia, ossia coloro che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità d’impiego in termini di luoghi, orari e strumenti utilizzati per svolgere al meglio le proprie mansioni. E sono pari al 7% di tutti gli impiegati, quadri e dirigenti. Lo dice l’Osservatorio sullo «smart working» del Politecnico di Milano, curato proprio da Doxa.

«Si tratta di persone assunte all’interno di aziende perlopiù medio-grandi e grandi, dislocate prevalentemente nel Nord Italia, in quasi 7 casi su 10 sono uomini (a sorpresa!) e hanno un’età media di 41 anni» specifica Vilma Scarpino, amministratore delegato di Doxa.

VANTAGGI PER TUTTI – Fare lavoro agile significa rimettere in discussione stereotipi relativi a luoghi, orari e strumenti di lavoro consentendo alle persone di raggiungere una maggiore efficacia professionale e un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Con vantaggi per tutti:

• Imprese, che godono di una attrattività migliore a fronte di un aumento della produttività, di una riduzione dell’assenteismo e degli straordinari e in definitiva di una riduzione dei costi;

• Lavoratori, che a fronte di una maggiore flessibilità si dichiarano più motivati e soddisfatti del proprio work-life balance; seppure lavorino di più: 9 ore al giorno in media contro le canoniche 8 (altra sorpresa!);

• Società, che grazie alla riduzione degli spostamenti dei singoli e del minore impatto ambientale prodotto dalle società ne trae ovvi benefici.

COSA DICE LA LEGGE – Nel Jobs Act Autonomi, approvato il 10 maggio scorso con il via libera in terza lettura dal Senato, riflettori accesi anche sul lavoro agile o smart working. Finora il tutto era regolato dalla contrattazione individuale o aziendale e dunque di secondo livello. Ora c’è una normativa nazionale, che tra le altre misure garantisce stesso stipendio, parità contrattuale e diritto alla disconnessione a chi lavora in remoto. E in molti sono pronti a scommettere che farà da volano allo smart working. Incentivando tassi di crescita ancora più forti rispetto a quelli registrati finora: +40% negli anni tra il 2013 e il 2016.

LARGO ALLA ZAINOCRAZIA – Ma la zainocrazia va oltre il concetto stesso di lavoro agile e fotografa un vero e proprio modo d’essere. Quello del nomade professionale che si districa tra luoghi e mansioni. Anche in qualità di imprenditore di se stesso, cogliendo le opportunità offerte dal mercato del lavoro. Ovunque esse si trovino. E, con questa accezione, i 250 mila «lavoratori agili» diventano molti, molti di più. Quanti? Difficile stimarlo. Anche perché non ci sono parametri adeguati per fare i calcoli. Avere la partita Iva non basta. Quelle attive in Italia stando proprio al Giornale delle Partite Iva sono 6,2 milioni. Ma il focus non è su quelle.

Parola di Leonardo Previ, docente di Gestione delle Risorse Umane all’Università Cattolica di Milano e autore di «Zainocrazia» (in fase di pubblicazione): «Gli zainocrati sono i nostri figli, coloro che con l’aiuto di uno zaino sono in grado di affrontare al meglio la volatilità, l’incertezza, la complessità e l’ambiguità dell’odierno mercato del lavoro sfruttando al meglio le proprie capacità fisiche e mentali». E sugli oggetti da mettere nello zaino Previ è categorico: «un mazzo di tessere per i mezzi pubblici, un taccuino, un computer molto leggero e… abbondanza di spazio vuoto».

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