Cultura

Il 10 giugno 2017, vigilia della solennità della Santissima Trinità, è la data che vede ascritta come beata l’oblata benedettina Itala Mela. Una mistica di grande afflato spirituale che andrebbe conosciuta meglio e che è quanto mai attuale nell’orizzonte ecclesiale e culturale odierno.

Itala è protagonista di una bella e travagliata vicenda interiore vissuta con crescente stupore e gratitudine e che, da una iniziale confusione, si è via via chiarificata dando senso e spessore alla sua esistenza. Ha il merito di aver vissuto in pieno la vocazione battesimale come continuo approfondimento del mistero della inabitazione trinitaria nella nostra anima. Ella ha intuito che tutti, ciascuno nello stato in cui realizza la propria vocazione, siamo chiamati alla santità. Non eroi, ma semplicemente umili e gioiosi “sì” alla volontà del Signore che è sempre volontà di bene per tutti.

Itala Mela

Itala Mela nasce a La Spezia il 28 agosto 1904 in un ambiente culturalmente e moralmente elevato ma chiuso alla pratica religiosa. Intelligente e volitiva, si dichiara atea a seguito della morte del fratellino Enrico avvenuta nel 1920. Per lei «dopo la vita… il nulla»[1].

Dopo aver frequentato il liceo studia lettere classiche all’Università di Genova sognando un futuro promettente e il matrimonio. Alloggia nel pensionato delle Suore di Nostra Signora della Purificazione; il 7 dicembre 1922, dietro invito della superiora, assiste da scettica ed esclusivamente per compiacenza ad una benedizione eucaristica. La grazia invece l’aspetta al varco! Poco dopo si accosta al sacramento della riconciliazione e fa la comunione. Inizia così per lei un travaglio profondo che la porterà a dire ormai disarmata e felice: «Signore, ti seguirò, anche nelle tenebre, a costo di morire».

Prende il via la lotta tra il suo temperamento a volte ostinato e l’azione della grazia che la modella non risparmiandole prove e umiliazioni inflitte al suo stesso io così vivace e indipendente. E già si delinea il costante intervento divino che, in varie tappe, la spoglia dei suoi progetti, traccia per lei altre vie… ma Itala è ormai totalmente afferrata dall’amore di e per Dio. «Dopo le inquietudini, le incertezze e le resistenze degli ultimi mesi, la mia anima è entrata in una grande pace. Essa ha varcato la soglia del “sì”, al di là del quale c’è solo la vita di Cristo e, per Lui, la vita trinitaria. La mia vocazione speciale: vivere il mio quotidiano “sì” con perfetto amore. Ciò che attira Dio verso un’anima è il vederla completamente dimentica di sé per la sua gloria, dimentica anche dei doni che potrebbe ricevere da Lui, solo presa dal desiderio di amarlo e di vederlo amato. Quanto più tale oblio è radicale, tanto più Gesù si dona alla sua creatura».

Itala si apre anche alla vitalità della Chiesa e ad opere di carità. Entra nel 1923 nella FUCI; qui occupa incarichi sempre più importanti, fino a diventare dirigente nazionale, insieme ad altre figure di spicco quali Giuseppe Moscati, Vico Necchi e Piergiorgio Frassati. Conosce anche padre Agostino Gemelli, il cardinale Ildefonso Schuster, monsignor Adriano Bernareggi, che diventerà suo padre spirituale, e il futuro Paolo VI, Giovanni Battista Montini. Nel 1926 corona brillantemente i suoi studi discutendo una tesi sulle lettere di San Cipriano che le offrono la possibilità di approfondire la teologia del battesimo.

Le è particolarmente caro il simbolismo biblico del tempio e della dimora. La sua spiritualità si caratterizzata infatti per il passaggio dal luogo fisico a quello spirituale. Noi siamo tempio e dimora della Trinità, un nuovo cielo. Le affinità con santa Elisabetta della Trinità (1880-1906), carmelitana di Digione, sono notevoli e di certo sono state e saranno oggetto di approfondimento. Basti per tutti il darsi un nome inerente alla specifica vocazione trinitaria: Elisabetta si definisce «lode di gloria»[2], Itala «piccola ostia di lode». Entrambe si offrono come vittime nella dimensione oblativa della riparazione. «Itala è sempre più una reale oblata, una silenziosa e nascosta offerta unita al Cristo eucaristico, consumata per tutta l’umanità di cui si sente madre»[3].

In seguito, a Milano, inizia la carriera di insegnante verso la quale è molto portata. Alloggiando presso la foresteria del monastero “San Benedetto”, ha la possibilità di respirare in un clima di silenzio e di preghiera. La liturgia e l’adorazione eucaristica la attirano. Il 3 agosto 1928, di passaggio a Pontremoli (MS), Itala è avvolta da un raggio di luce che esce dal tabernacolo della chiesa di San Colombano. Si delinea quella che sarà poi la sua specifica missione: «Fare del culto della SS. Trinità il centro della propria vita spirituale è un risalire alla sorgente. Mi stupisco che sia stato possibile vivere e pregare senza vivere e pregare in questa contemplazione della Trinità. Se io prego Gesù, egli è uno col Padre e con lo Spirito Santo, ciascuna delle tre Persone è una nell’essenza con le altre. Dio è con me e io sono con Lui».

Ella intuisce che il movimento trinitario è anche un movimento sacramentale e specialmente eucaristico. Non c’è altra via per giungere alla Trinità che Cristo Signore che si dona a noi nel mistero della Croce e dell’Eucaristia. «Lascia che noi ti adoriamo, Trinità augusta, restando accanto alla seconda Persona umanata. Lascia che anche nell’adorazione eucaristica noi siamo rapiti nella contemplazione dell’unità secondo la preghiera che Gesù elevò a te, Padre, dopo averci donato se stesso nell’Eucaristia!».

La salute di Itala, già fragile, inizia a declinare. Deve rinunciare al desiderio di farsi monaca benedettina. Le rimane l’insegnamento fino al 1938, anno in cui il Ministero la dichiara non più idonea. Il 4 gennaio del 1933 si offre a Dio come oblata benedettina per l’abbazia di “San Paolo fuori le Mura” di Roma e assume significativamente il nome di Maria della Trinità. Emette privatamente i voti di povertà, castità, obbedienza e conversione dei costumi. L’11 giugno dello stesso anno aggiunge un quinto voto, quello di dedicare la sua vita a fare conoscere il mistero dell’inabitazione trinitaria.

Nel 1936, durante un ritiro presso il monastero delle Benedettine del SS. Sacramento di Montefiascone (VT), vive in modo trasfigurante l’esperienza dell’amore sponsale avvertendo in sé una intima unione con la «Trinità inabitante» nel sigillo della carità, preludio al dono delle nozze mistiche che avverranno nel 1950. Da ora in poi, il suo naturale istinto materno, mai sopito, anzi sublimato dalla scelta verginale, la porta ad avere un cuore di mamma che abbraccia l’umanità, la Chiesa tutta e soprattutto i sacerdoti e le persone consacrate. Ella si offrirà vivendo “nell’eremo dell’infinita essenza della Trinità”.

Poco dopo è costretta a lasciare Milano, l’indipendenza, le attività, e tornare presso i genitori a La Spezia. Inizia un periodo di grande sofferenza e ribellione. Ella vive tuttavia in pieno la via della santità che «non consiste nel ricevere le grazie straordinarie, ma piuttosto nello spogliamento di sé e nell’abbandono di fede alle disposizioni di Dio». Per questo chiede insistentemente il dono dell’umiltà intesa, sulla scia dei gradini delineati nella Regola di san Benedetto, soprattutto come annientamento dell’io, dell’orgoglio, dell’egoismo: «Signore, fammi umile. Dammi l’umiltà della vita. Ch’io sappia accettare il silenzio, l’inazione, l’apparente inutilità delle mie giornate. Dammi la forza di questa morte a quanto non sei Tu. Dio mio e mio tutto! Dal contatto con Te scaturisce il desiderio dell’umiltà. Essere umile, Signore. L’umiltà sarà il mio “purgatorio”. Sarà il vero attuarsi della mia vita benedettina».

Profonda è in Itala Mela la devozione alla Madonna. Non contempla Maria per se stessa, ma muovendo dal mistero trinitario, centro della vita spirituale: «La santità di Maria e dei Santi non è che un riflesso, una comunicazione della santità di Dio uno e trino. Ogni mistero, ogni aspetto della fede sgorga dalla vita stessa della Trinità augusta».

Oltre al suo luminoso esempio di cristiana, Itala ci lascia una gran mole di opere – lettere, appunti, scritti vari – per lo più ancora inediti. Ridotta ormai all’immobilità e muta, ella ripete in cuor suo la totale offerta di sé come quando emise il quinto voto: «La Trinità Santissima, Padre, Figlio, Spirito Santo, mi assistano e mi diano la grazia di rimanere fedele a questo voto fino alla morte, cosicché, dopo essere stata in questa vita la loro piccola ostia di lode, lo sia per sempre nella contemplazione del cielo. Amen».

Muore a 53 anni il 29 aprile 1957. Alla sua intercessione ci affidiamo chiedendo a Dio Padre, Figlio, Spirito Santo di condurci tutti alla santità.

Suor Maria Cecilia La Mela osbap

[1] Per l’approfondimento biografico e la lettura dei testi ho fatto riferimento a: G. Arioli, Un modello di santità per i laici: Itala Mela e il suo messaggio spirituale, conferenza tenuta presso la Scuola di cultura monastica, Monastero “San Benedetto”, Milano 14 marzo 2004; Monastero S. Maria del Mare (a cura), 50° della morte di Itala Mela – Maria della Trinità, Città di pace, giugno 2007, n° 2/2007; ricerca google su internet.

[2] D. della Trinità – P. di Cristo Gesù (a cura), Elisabetta della Trinità. Intimi ricordi, Palermo 2008, 114.

[3] A. Canopi, A sua immagine, Messaggero di Sant’Antonio Editrice, Padova 2011, 30.

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