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Ha debuttato lo scorso 13 Luglio e sarà in scena nei prossimi fine settimana, fino al 4 Agosto, nello Spazio Giardino Pippo Fava di Catania, residenza estiva del Centro teatrale Fabbricateatro, la commedia di Carlo Goldoni “La Bottega del caffè” nell’adattamento innovativo di Elio Gimbo che cura anche la regia della pièce.

Il lavoro coinvolge ben dieci attori che, in scena, si dannano l’anima, costruendo con cura gli ambigui personaggi pensati dall’autore e rappresentando, tra un Bar – caffè ed un Centro scommesse, lo spaccato di una società malata, con uomini e donne comuni, attratti dal denaro e dalla voglia di farne sempre di più.

Cosimo Coltraro ed Antonio Caruso (Ph. Lorenzo Arena)

A distanza di quasi tre secoli dalla stesura de “La Bottega del caffè” (1750), l’adattamento del regista Elio Gimbo e di Fabbricateatro offre al pubblico uno spettacolo che incuriosisce per le trovate e per la particolarità dei protagonisti. Un allestimento ricco di musica, di movimenti, con i tre atti originali che si riducono ad un solo atto di circa 80 minuti che si rifà all’edizione (Das Kaffehaus) del 1969 del regista tedesco Rainer Werner Fassbinder che accentuò gli aspetti legati all’influenza su tutti i personaggi del denaro nelle sue infinite declinazioni. Partendo da un interessante scambio di opinioni con il presidente di Confcommercio Sicilia, Pietro Agen, sulla modifica del tessuto urbano della città di Catania conseguente alla chiusura di tante botteghe storiche, il regista Elio Gimbo si cimenta nell’operazione partendo dall’importante edizione Fassbinderiana del ’69, portando in scena – col supporto di numerosi brani del grande Jannacci – nel Bar caffè di Ridolfo ed accanto al Centro scommesse di Panfolfo, un microcosmo di individui che si incontrano e parlano di ideali, passioni, amicizie, relazioni, fedeltà, rispettabilità, ma soprattutto di denaro, calcolato in zecchini, lire ed euro. Denaro che si conta, si scambia, si presta o si perde con ossessione.

Giuseppe Carbone e Fiorenza Barbagallo (Ph. Lorenzo Arena)

Nel Bar-caffè e nel centro scommesse si muovono tanti personaggi, ognuno con il suo carattere, con il suo dialetto, con le sue aspettative ed i suoi vizi. Il tutto in una totale confusione di modelli, di ideali e di figure rappresentative. In scena, come nella vita, troviamo Don Marzio, pettegolo ed  incompreso, alla ricerca di giustizia e verità, Ridolfo, caffettiere che sa di ottenere il massimo rendimento attraverso un comportamento integerrimo, Eugenio che si abbandona a gioco e donne ed è incapace di gestire le proprie finanze, Pandolfo spregiudicato biscazziere, il Conte Leandro, – al secolo Carmelo Pappalardo, venuto sotto mentite spoglie per tentare la fortuna barando. Le figure femminili sono tutte legate a temi di natura economica: Vittoria da Paternò, moglie di Eugenio, teme la propria rovina a causa della dissolutezza del marito, Placida, consorte del finto Conte Leandro, che ricerca il proprio uomo perché non sa più fare fronte ai suoi bisogni materiali e poi c’è Lisaura, sensuale ballerina che corteggia solo chi è in grado di spendere e che sa scegliere chi è il più bravo ad ottenere il massimo benessere. Alla fine, tra balletti, musica, sospiri, bugie, pianti e sberleffi, gratta e vinci e caffè, Don Marzio lascerà la città dove tutti vivono benissimo e sono felici, il biscazziere Pandolfo finirà arrestato per truffa ed Eugenio e il Conte Leandro si ricongiungeranno alle loro mogli.

In primo piano Giuseppe Carbone (Ph. Lorenzo Arena)

Il regista fa muovere tutti personaggi nello scacchiere dello spettacolo e tutti ben evidenziano caratteri, vizi, perversioni, aspettative di ognuno di loro. Alla base della commedia, o sarebbe meglio dire del dramma, dato che nessuno si salva, ci stanno i travestimenti reali e metaforici, le identità svelate ed i cambiamenti di stili di vita. Ma, ripetiamo, tutto è dettato da un unico motivo: l’incessante bisogno di denaro.

Con la dinamica regia di Elio Gimbo la “Bottega del caffè” si tramuta in un bar dove non c’è più spazio per le redenzioni dei buoni, non c’è più la goldoniana e seppur beffarda moralità di fondo, ma bensì domina il disincanto di certe nuove classi sociali contaminate, accidiose, quasi ricattabili. E nella Bottega di Ridolfo ritroviamo i personaggi di oggi, delle nostre città, quelli delle feste mondane sulle terrazze o nelle case eleganti, dove si ostentano denaro, bei vestiti e una finta cortesia che cela, invece, disperazione, solitudine, violenza, sesso, desiderio di potere e sopraffazione.

Gianluca Barbagallo (Ph. Lorenzo Arena)

Sulla scena di Bernardo Perrone, con il gioco luci di Elivio Amaniera, – nonostante la leggerezza, la piacevolezza delle canzoni di Jannacci e la trascinante “Hungry heart” del mitico Bruce Springsteen per la passerella finale- si materializzano insomma tutte le miserie di oggi e le difficoltà della vita quotidiana in cui ogni espediente è buono per andare avanti. L’aiuto regia è Donatella Marù, i costumi sono di Fabbricateatro, l’organizzazione è di Daniele Scalia, il casting di Franco Colajemma.

L’adattamento di Elio Gimbo e di Fabbricateatro, partendo da Goldoni e strizzando l’occhio alle atmosfere Fassbinderiane del ’69, diverte e fa riflettere, proiettando il pubblico, tra il verde dello Spazio Pippo Fava, nella nostra società malata, in una dimensione di relitti umani, di parassiti attenti allo spicciolo e infoiati di sesso, dove si passa dal grottesco al tragico, tra mille doppi sensi (castagne secche, pistole sfoderate e reinfoderate, flussi e riflussi dalle porte di dietro, come sottolinea Don Marzio riferendosi a Lisaura) e non mancano neppure i gemiti di un orgasmo in diretta, fra Vittoria e il marito Eugenio.

I ringraziamenti finali degli interpreti (Ph. Lorenzo Arena)

Caffè e scommesse, personaggi ridicoli legati al profitto, agli interessi o al pettegolezzo, Jannacci e Springsteen,  per una serata originale ed apprezzabile, applaudita e condivisa dallo spettatore. Affiatata la squadra che ha dato vita al singolare spettacolo con il pettegolo e curioso Don Marzio – che si insinua nelle vite degli altri creando scompiglio  – (reso con autorità e leggerezza da Cosimo Coltraro), il saggio caffettiere Ridolfo, disegnato con ironia e rabbia da Antonio Caruso, l’arrogante biscazziere Pandolfo (Raimondo Catania), lo spaccone Conte Leandro ed il confuso Eugenio persi nella loro follia per il gioco e nella vana speranza che la fortuna finalmente si accorga di loro (interpretati con brio, trasporto ed ossessione da Giuseppe Carbone e Gianluca Barbagallo), Trappola ed il suo allievo Pietro (resi con estrema simpatia e signorilità da Giovanni Calabretta e da Pietro Lo Certo). Estremamente efficaci le donne in scena, ovvero la ballerina Lisaura (Sabrina Tellico) e le due mogli di Eugenio e di Leandro, Vittoria – da Paternò con il suo divertente e particolare accento – e Placida da Nicolosi (interpretate con carattere da Barbara Cracchiolo e Fiorenza Barbagallo).

Una rilettura de “La Bottega” di Goldoni, infine, ben curata e ricca di spunti e riflessioni sui tempi e la crisi di valori della nostra attuale società basata solo su rigide ed implacabili leggi economiche che sbeffeggiano i veri valori.

Lo spettacolo, che ha debuttato il 13 Luglio, verrà replicato, sempre nello Spazio Giardino Pippo Fava, il 21-22-23-27-28-29 Luglio ed il 2-3-4 Agosto (ore 20.30). Ingresso: Euro 10, 00 intero- Euro 8,00 ridotto. Info e prenotazioni: tel. 347.3637379.

 

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