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“Maria Musumeci Orazio Vecchio – L’uno specchio all’altra – Corrispondenza spirituale di una coppia – Associazione ‘Orazio Vecchio’”, Galatea Editrice, Acireale, 2011, pp.448 può costituire per qualunque lettore l’affascinante conoscenza di un ricco epistolario, che abbraccia quattro anni di guerra, dalla primavera del 1940 all’estate del 1943, di due giovani fidanzati acesi, giunti felici e maturi al matrimonio dopo una lunga attesa e una preparazione resa problematica dalle dolorose e tragiche vicende belliche.

Orazio Vecchio-anni’60

Nella quarta di copertina si legge un promemoria molto significativo: “Durante la guerra, i due giovani fidanzati Orazio Vecchio (1916-2003) e Maria Musumeci (1919-1960), dirigenti di Azione Cattolica, intrattennero uno scambio epistolare molto fitto e corposo, che distinsero subito in due canali: uno, ‘di casa’, aveva una semplice funzione informativa ed era accessibile ai familiari; l’altro invece era il canale ‘intimo’, cioè riservato per non dire segreto e di cui erano gelosissimi, e rappresentava per loro un importante strumento di crescita spirituale e di formazione reciproca…Questo libro raccoglie buona parte delle lettere intime di entrambi, per rendere omaggio alla statura morale dei due corrispondenti e soprattutto per restituire la dimensione di coppia indissolubile che ne caratterizzò il rapporto. Chi fra i lettori ha avuto di loro qualche conoscenza diretta o indiretta li riconoscerà e ne scoprirà qui le spinte profonde: gli altri potranno disporsi a seguire la vicenda singolare e irripetibile di una storia d’amore ai piedi dell’altare”.

  Nella “Premessa” Alfio, Giovanni (sacerdote), Peppino, Caterina, Nello e Cetta Vecchio -figli degli sposi Orazio e Maria, scomparsi da tempo ma legati dal sacro vincolo nuziale per l’eternità beata- scrivono alcune considerazioni che arrecano tanto bene a leggerle perché riflettono realisticamente pagine non di favola rosa per racconti da salotto, ma di vita vissuta intensamente nel comune sentimento religioso.

  Orazio e Maria, nati nello stesso quartiere Santa Lucia di Acicatena, si conobbero da bambini: “Caratterizzati da una grande fede e da una intensa pratica di vita interiore, da adolescenti tutti e due si sentono portati alla professione religiosa; ma scopertisi innamorati, sotto la guida del loro comune direttore spirituale, padre Giovanni Raciti, capiscono come sono fatti l’uno per l’altra e che la loro vocazione è quella del matrimonio. Così si fidanzano, nell’estate del 1938… Studenti entrambi e attivi dirigenti di A.C., Orazio si laurea in matematica il 20 giugno 1940, sfruttando le agevolazioni introdotte per i militari in servizio, Maria in lettere classiche il 1° novembre 1942. A causa del protrarsi della guerra, il matrimonio verrà celebrato solo il 21 ottobre 1944. Avranno sei figli, nati a scadenze biennali dal 1945 al 1953 e nel 1958”.

  I fratelli Vecchio nell’onorare la memoria dei loro impareggiabili genitori così concludono lo scritto introduttivo al libro: “Quel che abbiamo inteso fare non è solo aggiungere, sul piano conoscitivo, alla persona di Maria la persona di Orazio, restituendogli la sua figura di comprimario che lui aveva occultato e passando da un protagonista a due protagonisti di pari dignità; ma soprattutto, in un senso più forte e più profondo, riunire i due autori nell’omaggio e se possibile unificarli, in quanto resta confermato che il protagonista del carteggio è in effetti uno solo, ma questo protagonista unico è una coppia indissolubile formata dai nostri genitori”.

   Il volume è introdotto da un testo di altissima e sorprendente spiritualità dal titolo “Propositi per il fidanzamento” scritto ‘ad maiorem Dei gloriam’ nell’aprile 1939 e che induce anche lo smaliziato lettore di oggi a salutari riflessioni. Ecco qualche luminoso brano: “…il Matrimonio è tra le cose più serie e più sante, perché si crede, anzi si afferma, come arciconvinti, che non possa conciliarsi la vita coniugale con la vita intensa di pietà; perché pur vedendo la società in rovina non si vogliono adottare i rimedi necessari e, primo tra questi, il risanamento della famiglia, portando in essa Gesù Cristo vivo e non soltanto in immagine”.

  I propositi così si concludono: “Intenso il lavoro nel prezioso periodo del fidanzamento per giungere alla fusione dei caratteri; per arrivare all’unità di pensiero, volontà, sentimenti, azione; perché le due lampade del nostro amore, ardenti dinanzi all’altare di Dio, uniscano le loro fiamme per formarne una sola più grande e più luminosa, che non si spegnerà più neppure dopo la morte, essendo accesa e alimentata da una parola che è divina:<Amatevi come io vi ho amato>. Sapendo di essere piccoli e deboli, ma considerandoci prediletti di Gesù, moltiplicheremo le nostre preghiere e ci affideremo a S. Teresina”. Su SIR si legge che “la densa e matura corrispondenza è fatta dalle parole di Maria, scritte al fioco lume di una candela, o di notte sotto le coperte, e di quelle di Orazio, vergate senza un appoggio sotto, a più riprese, da una tenda nella quale dal caldo era impossibile dormire, al chiaro di luna, in un amaro riverbero di poesia. Le lettere si concludono spesso con l’abbraccio reciproco nel Signore; guardano a un amore ‘purissimo, esclusivo, disinteressato’; ‘niente ci spaventerà’ si dicono nella previsione della lontananza, e ‘canteremo sempre, anche se sarà necessario cogliere le rose in mezzo alle spine’. Il ‘motivo primo della felicità’ viene considerato ‘il Signore con noi, anzi in noi stessi’”.

   A conclusione di queste brevi considerazioni che inducono a leggere lo straordinario carteggio d’amore, citiamo quanto detto da mons. Pio Vigo, arcivescovo-vescovo emerito di Acireale ed ex alunno del prof. Orazio: “Queste pagine testimoniano che è possibile, nei momenti di grande difficoltà, vivere nell’abbandono a Dio, e che si può crescere nella dimensione della santità…Sono grato per questo dono fatto alla Chiesa, atto di omaggio e di pietà filiale verso i genitori che si sono estraniati dal rumore delle bombe per pensare alle cose essenziali, e hanno poi saputo amare nei valori dell’educazione e della speranza”.

  La loro vita esemplare richiama quella dei beati Luigi Beltrami Quattrocchi, catanese, e Maria Corsini, fiorentina. Ma non potrebbero esserci anche per Orazio e Maria le condizioni per intraprendere il lungo cammino per essere elevati agli onori degli altari? La foto di copertina fu scattata in occasione della visita di Maria alla postazione antiaerea di Orazio a San Giuseppe La Rena, nei pressi dell’aeroporto di Catania, il 31 luglio 1941.

Antonino Blandini

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