Arte

Apre sabato 7 ottobre alle ore 18.00 nella cripta della Chiesa di Santa Maria del Piliere di Palermo la mostra personale di Nélida Mendoza – “Ausencia” – per cui l’artista ha ideato un intervento installativo che non vuole sovrapporsi e coprire ma rispecchiare il passaggio che separa il prima e il dopo reinventando il tempo attraverso un medium effimero. Durante l’opening vi sarà anche la performance dell’artista basca Iratxe Hernandez Simal basata sui temi della rigenerazione e della purificazione, sottolineati da una dimensione sonora e partecipata che concorre a una lettura originale dello spazio.

Il progetto è a cura di Cristina Costanzo.

Nélida Mendoza si è concentrata sulla specificità della Chiesa di Santa Maria del Piliere e in particolare della cripta. A partire dalle riflessioni sull’attraversamento, come urgente necessità estetica, l’artista predilige materiali fragili, effimeri, mutevoli – cera, paraffina, carta – e in grado di traspirare, alludendo così all’acqua. L’attenzione a un elemento simbolico come l’acqua, che in America Latina è un agente naturale convertito in mito ma anche fonte di energia e frontiera se interpretato come acqua di fiume, si collega direttamente alla storia della chiesa palermitana. Essa fu fondata nella metà del XVI secolo dalla nobildonna Giulia De Panicolis proprio in seguito al ritrovamento di una statua lignea della Vergine sopra un pilastro (“pileri”, in siciliano) all’interno di un pozzo, in prossimità della cripta. Erano numerosi i fedeli richiamati da questo ritrovamento miracoloso e dal potere salvifico delle acque particolarmente fresche del Piliere. Poiché sono ancora in fase di studio le vicende storico-artistiche della Chiesa di Santa Maria del Piliere – che presenta pregevoli apparati decorativi attribuiti a Vito D’Anna e alla scuola serpottiana – la cripta si rivela un luogo capace di stimolare l’immaginario di artisti e visitatori nonostante il precario stato di conservazione, causato dagli eventi bellici cui seguì nell’immediato dopoguerra la chiusura del sito, assicurato alla pubblica fruizione grazie all’impegno dell’Associazione degli Amici dei Musei Siciliani”.

Nel corso di diversi sopralluoghi, Nélida Mendoza si concentra sul ruolo chiave che l’assenza e le sue molteplici implicazioni rivestono negli spazi della cripta, dove, secondo un sottile gioco di rimandi, si registra la stratificazione di tracce, segnali e passaggi di qualcosa che non esiste più. Come gli arredi della cripta, pressoché inesistenti, suggeriscono una ritualità connaturata al luogo così le fessure, le linee, i fori, le incrostazioni sulle pareti e il pavimento evocano forme e contenuti persistenti. Per evidenziare l’identità di un luogo, l’artista attua l’inserimento di lastre in paraffina e traccia il perimento di elementi chiave, come l’altare e il crocifisso, riportando in modo temporaneo quello che non c’è più ma è ancora molto presente. La paraffina in strati sottili e non invasivi funge da lastra capace di specchiare quello che si trovava sotto e quindi prima e, alludendo alla traspirazione e alla trasfigurazione, s’impone come icona e segno tangibile dell’assenza percepita dall’artista e restituita al fruitore.

Se – come dichiara l’artista stessa – “lo spazio, il percorso e l’evoluzione della materia sono stati sempre i punti di interesse primario per iniziare a pensare a un’idea, ad un progetto”, “l’intervento di Nélida Mendoza – sottolinea la curatrice Cristina Costanzo – non si limita a occupare un posto vuoto, a ricreare quello che è stato tolto, o a sostituirsi a un elemento sottratto dal tempo, dalla guerra, dall’incuria, dall’avidità, ma lo evidenzia come traccia della memoria e segno d’identità di quel luogo sospeso tra ciò che è andato e ciò che è rimasto”.

Migrante per vocazione e cosmopolita per educazione, Nélida Mendoza riesce a coniugare la propria formazione nel campo della scultura con un’innata attitudine concettuale esplorando linguaggi e strumenti estetici diversi che includono il disegno, la pittura, la scultura, l’installazione e i new media e praticando così contaminazioni suggestive, volte all’interdisciplinarietà e alla multiculturalità. Negli ultimi anni l’artista si è focalizzata con sempre maggiore attenzione su tematiche quali l’identità, la diversità, il territorio e il confine pervenendo a una produzione originale e di alto profilo, apprezzata e riconosciuta a livello internazionale. Sconfinando tra un medium e un altro, l’estetica di Nélida Mendoza non è soltanto individuale ma collettiva, aperta al dialogo con l’altro da sé e alla ricerca di un contenuto. Gli interlocutori privilegiati di tale dialogo sono la cultura latino-americana, presente frequentemente nei lavori dell’artista, gli ambienti (spesso naturali) selezionati per interventi site-specific, la memoria collettiva dei luoghi con cui confrontarsi e attraverso i quali misurare la diversità dei luoghi stessi.

Coerentemente con questa attenzione ai luoghi, Nélida Mendoza si concentra sulla specificità della Chiesa di Santa Maria del Piliere e in particolare della cripta, sede deputata ad accogliere il suo intervento installativo, azione inedita che trova il proprio unico possibile compimento nella sede che la ospita e dunque la genera. A partire dalle riflessioni sull’attraversamento, come urgente necessità estetica, l’artista predilige materiali fragili, effimeri, mutevoli – cera, paraffina, carta – e in grado di traspirare, alludendo così all’acqua. L’attenzione a questo elemento simbolico, che in America Latina è un agente naturale convertito in mito ma anche fonte di energia e frontiera se interpretato come acqua di fiume, si collega direttamente alla storia della chiesa palermitana. Essa fu fondata nella metà del XVI secolo dalla nobildonna Giulia De Panicolis proprio in seguito al ritrovamento di una statua lignea della Vergine sopra un pilastro (“pileri”, in siciliano) all’interno di un pozzo, in prossimità della cripta. Erano numerosi i fedeli richiamati da questo ritrovamento miracoloso e dal potere salvifico delle acque particolarmente fresche del Piliere. Non a caso dunque la performance dell’artista basca Iratxe Hernandez Simal verte sui temi della rigenerazione e della purificazione, sottolineati da una dimensione sonora e partecipata che concorre a una lettura originale dello spazio. Poiché sono ancora in fase di studio le vicende storico-artistiche della Chiesa di Santa Maria del Piliere – che presenta pregevoli apparati decorativi attribuiti a Vito D’Anna e alla scuola serpottiana – la cripta si rivela un luogo capace di stimolare l’immaginario di artisti e visitatori nonostante il precario stato di conservazione, causato dagli eventi bellici cui seguì nell’immediato dopoguerra la chiusura del sito, oggi assicurato alla pubblica fruizione grazie all’impegno dell’Associazione degli Amici dei Musei Siciliani.

Nel corso di diversi sopralluoghi, Nélida Mendoza, interessata a indagare i volumi e lo spazio della chiesa, si concentra sul ruolo chiave che l’assenza e le sue molteplici implicazioni rivestono nella cripta, dove, secondo un sottile gioco di rimandi, si registra la stratificazione di tracce, segnali e passaggi di qualcosa che non esiste più. Come gli arredi della cripta, pressoché inesistenti, suggeriscono una ritualità connaturata al luogo così le fessure, le linee, i fori, le incrostazioni sulle pareti e il pavimento evocano forme e contenuti persistenti. Per evidenziare l’identità di un luogo, ancora marcata nonostante le diverse assenze in esso riscontrabili, l’artista attua l’inserimento di lastre in paraffina e traccia il perimento di elementi chiave, come l’altare e il crocifisso, riportando in modo temporaneo quello che non c’è più ma è ancora presente. La paraffina in strati sottili e non invasivi, a colmare vuoti un tempo occupati da oggetti simbolici, funge da lastra capace di specchiare quello che si trovava sotto e quindi prima e, alludendo alla traspirazione e alla trasfigurazione, si impone come icona e segno tangibile dell’assenza percepita dall’artista e restituita al fruitore. Come monitor e interfacce, le lastre in paraffina rispecchiano quell’assenza rimarcandola e ponendo l’accento su di essa. Se, come dichiara l’artista stessa, “lo spazio, il percorso e l’evoluzione della materia sono stati sempre i punti di interesse primario per iniziare a pensare a un’idea, ad un progetto”, l’intervento di Nélida Mendoza non si limita a occupare un posto vuoto, a ricreare quello che è stato tolto, o a sostituirsi a un elemento sottratto dal tempo, dalla guerra, dall’incuria, dall’avidità, ma lo evidenzia come traccia della memoria e segno d’identità di quel luogo sospeso tra ciò che è andato e ciò che è rimasto.

Per la cripta della Chiesa di Santa Maria del Piliere Nélida Mendoza ha ideato un intervento capace di lasciare affiorare una nuova prospettiva che non vuole sovrapporsi e coprire ma rispecchiare il passaggio che separa il prima e il dopo reinventando il tempo attraverso un medium effimero. La cera, la paraffina e la carta evidenziano i segni nello spazio della cripta, materia labile seppur tangibile, e diventano metafora della rarefazione del tempo e di un’esistenza peritura, fatta di spirito e materia insieme. Non un solo luogo ma più luoghi che scaturiscono dalla condivisione di un’estetica del tempo, della memoria e dello spazio oltre l’abbandono.

Cristina Costanzo

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