Cronaca

A Catania la comunità parrocchiale “Sant’Euplio martire” di piazza Maria Montessori, mercoledì 21 e giovedì 22 febbraio, ha vissuto due giorni straordinari di devozione e di preghiera in occasione dell’eccezionale traslazione dalla basilica Cattedrale dell’urna del Corpo del Beato Cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet.

   La chiesa è stata meta di un continuo pellegrinaggio di parrocchiani e di fedeli catanesi per venerare le reliquie del Beato arcivescovo di Catania e per ascoltare le riflessioni spirituali del parroco, prof. Fausto Grimaldi, che ricopre l’ufficio di postulare della causa di canonizzazione, e del sacerdote David Kalimsenga.

  Momenti particolarmente significativi sono stati l’arrivo in parrocchia e il rientro in Duomo dell’urna del Beato, la s. messa per gli scolari e studenti dell’I.C.S. “Grazia Deledda” e la toccante e paterna riflessione spirituale offerta dall’arcivescovo metropolita mons. Salvatore Gristina a conclusione della conferenza di padre Fausto dal tema “Il Beato Dusmet: attualità del suo messaggio pastorale” con cui ha evidenziato la crescita d’interesse per la spiritualità del Dusmet in totale sintonia con il ministero e l’azione pastorale di Papa Francesco, del quale ha citato importanti passi degli scritti del magistero pontificio in profetico “collegamento” con quelli del misericordioso pastore della Chiesa catanese nell’ultimo terzo dell’Ottocento.

“Questo non ci stupisce – ha detto- poiché, nei momenti di grande dubbio e disorientamento, i santi sono come bussole che ci orientano e ci guidano verso la meta che è Cristo. Il periodo storico in cui vive il Dusmet è caratterizzato da grandi cambiamenti di natura socio-politica e da ideologie che entrano in contrasto con la Chiesa. Egli tuttavia si mostra profeta capace di attuare riforme in tempi difficili; è fermo sui principi divini ed ecclesiali, pronto a perdonare, a scusare, a riallacciare, a cucire e a cercare con amorevolezza coloro che si sono allontanati dalla retta via. La sua carità è stata senza confini, talmente grande che le sue opere, i suoi gesti e i suoi programmi sono comprensibili se si parte dall’Amore del Signore”.

   Il postulatore ha evidenziato come oggi sentiamo il bisogno di affermare come il Dusmet parla alla Chiesa del nostro tempo, trasmette il suo messaggio radicale a tutti noi e comunica l’amore di padre e pastore del gregge. “Egli diventa punto di riferimento per i cristiani. Quell’unione sponsale con Cristo permette di far trasparire nel Beato l’immagine di un Dio amoroso”. Il suo programma pastorale fu subito evidente fin dalla prima lettera pastorale e dalla prima omelìa rivolta al popolo come padre e pastore. Dusmet riuscì a fondere le virtù di pastore insieme a quelle di monaco, tenendo un tenore di vita sobrio. Compì molte visite pastorali, curò con molta sensibilità evangelica la formazione del clero e, insieme alla disciplina, spronò i suoi sacerdoti affinché dessero per primi l’esempio. Nelle sue innumerevoli opere caritative, il Beato andava oltre il semplice soccorso materiale poiché suo scopo principale era arrivare all’anima delle persone”.

 “Nella ricorrenza del bicentenario della nascita del Beato (15 agosto 1818) –ha continuato il parroco- il nostro ricordo vuol essere, anzitutto, un momento di rendimento di grazie e di preghiera al Signore, ama anche un momento di edificazione per noi che stiamo conoscendo, apprezzando  amando il cardinale e nostro pastore catanese. Il suo fu un ministero vissuto nella piena libertà, perché il Beato cercò sempre di essere docile e obbediente soltanto allo Spirito Santo. Egli, infatti, non dimenticò mai le parole con cui Gesù promette ai suoi il dono dello Spirito Paraclito…. Soprattutto dai preti desiderava che la verità fosse predicata tutta intera, senza tendenze di parte; neppure un solo iota doveva essere volontariamente omesso. Era fermo e irremovibile. Da se stesso e dai suoi peti esigeva che si predicasse l’Eucarestìa non solo come convito, ma anche come sacrificio; che si predicasse non solo  la Comunione, m anche la Confessione; non solo la socialità, ma anche la purità; non solo la dimensione orizzontale, ma anche verticale della vita cristiana. Esigeva…che il tema della vita non fosse predicato in modo astratto o generico, ma anche si mettesse in atto ogni cura concreta perché la vita fosse difesa e promossa in tutte le sue condizioni e in tutti i suoi momenti: come vita nascente, nelle diverse fasi del suo sviluppo, nell’età matura e in quella cadente…nella convinzione che ogni vita e tutta la vita è da salvaguardare, da onorare e da venerare! Quanti richiami e bilanciamenti e controbilanciamenti sono risuonati sulle sue labbra e sono sgorgati dal suo cuore di pastore e maestro negli anni del suo ministero tra noi perché il dogma e la morale cattolica potessero sempre risplendere nella loro interezza. La sua testimonianza la sentiamo ancora pienamente attuale, perché le tentazioni e i bisogni di oggi non sono dissimili da quelli di ieri”.

   “Anche noi, dunque, abbiamo bisogno di essere, come lo è stato Dusmet, leali annunciatori e servitori del Vangelo -ha evidenziato padre Grimaldi- anche noi abbiamo bisogno di essere, come lui, interpreti delle diverse situazioni storiche e delle perenni e sempre nuove esigenze del Vangelo, per il vero bene dell’umanità…Il centro della vita del Beato fu l’amore verso Dio e il prossimo,che trova origine nel Vangelo…. Amava difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e e testimoniarla nella vita; per il Beato sono pertanto forme esigenti  insostituibili di carità… Oggi purtroppo siamo consapevoli degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto e di impedirne la corretta… comprensione…Solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede , è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante. La carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitarista dell’esistenza”.

Padre Fausto ha proseguito la riflessione rifacendosi ad alcune qualità del Dusmet che oltre ad essere “uomo prudente e di governo, eccelleva anche in carità. Ed era la carità il miracolo vivente del Beato. Come Gesù Cristo, anch’egli amava non pubblicizzare le opere che compiva per i poveri. Rendeva la Parola di Dio una realtà. Quando usciva dall’Arcivescovado aveva come sue mete le chiese con l’Adorazione, le case, quelle più umili, dove poter recare conforto agli ammalati con i sacramenti e l’ascolto della Parola. S’incamminava verso stradine nascoste e entrava in casette semidiroccate. E capitava non raramente  che tornando dalle sue visite, aveva la veste talare piena di pidocchi. Ma da questi luoghi non si portano a casa fiori o profumi ma ben altro. Il Beato, quando  qualcuno cercava di fargli notare di star attento rispondeva serenamente che in quei luoghi entra il Signore e pertanto non ci si può tirare indietro. Ma una delle caratteristiche del Beato che talvolta è oscurata dalla sua operosità e assistenza sociale riguarda lo zelo che aveva nel trasmettere l’amore del Signore: “Charitas Christi urget nos”. Come prima cosa, il Dusmet fu dispensatore di grazie presso il letto degli infermi. Era attratto dai poveri e abbandonati, bisognosi di conforto spirituale. Passava per le vie della città e tutti potevano avvicinarlo sicuri che avrebbe esaudito ogni richiesta di soccorso. Prima di uscire voleva sempre che don Santo portasse con sé delle monete per soddisfare i bisognosi; egli, infatti, non toccava denaro. E accompagnava sempre l’aiuto materiale con una buona parola dettata da profondo sentimento. Il Beato era circondato da una carità soprannaturale: la carità era il suo respiro”.

L’oratore ha ricordato un aspetto tutto particolare del suo amore perla Santa Madre Chiesa; il Dusmet era avvezzo per inclinazione del suo mite e umile carattere e per radicata vocazione, tenere veramente alto l’onore del clero: quell’amore e quella misericordia viscerale per il suo clero aveva portato più volte alla commozione di tanti sacerdoti.

 “Adottava sempre un linguaggio propositivo e mai giudicante -ha precisato il postulatore- la sua carità già era manifesta nelle sue parole ferme ed amorevoli…Era attento alla stanchezza dei sacerdoti perché essa va dritta al cuore del Padre. Ed è quanto mai attuale la sua sensibilità pastorale in linea con il pensiero di Papa Francesco… E poi c’è quello che spesso si dimentica: la capacità di compassione di un pastore. Egli si rallegra per i fidanzati che si sposano, per i bimbi che vengono incorporati nella Chiesa col battesimo; si addolora e piange segretamente per l’unzione agli ammalati nel fondo di un letto d’ospedale; piange con quelli che vivono il lutto e il distacco dei loro cari estinti….Ha bene espresso un pensiero il nostro Arcivescovo nell’introduzione al testo di Anselmo Lipari del 30.11.2007 dedicato ai Beati Dusmet e Schuster dove egli sottolinea come sia bello trovarsi in compagnia dei Santi pur essendo vero che dall’altra parte ci si sente minimi nei loro confronti… E ancora hanno risuonato le parole dall’Arcivescovo nell’omelìa tenuta nella Basilica Cattedrale ha detto: <Con quali termini ricordare la straordinaria figura del nostro grande Pastore?…Il card. Dusmet realizzò in anticipo quanto Papa Francesco sottolinea continuamente: la Chiesa è chiamata ad uscire da se stessa ed andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali, quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria. Le sue mani, che sapientemente furono rese visibili in occasione dell’ultima ricognizione del corpo, e che noi possiamo ammirare e venerare, furono sempre instancabilmente operose e paternamente attente e delicate nel servire e consolare. In questo modo il beato ha annunziato la parola di Dio sull’amore del prossimo ed ha proclamato il Vangelo dell’amore di Dio”.

 “Il nostro amato Beato – ha continuato il postulatore– si è speso per amore della Chiesa, ha cercato la verità, l’ha trasmessa ai dubbiosi e ha saputo leggere con occhi di fede talvolta sconvolgenti della vita…Non poche le difficoltà e gli scoraggiamenti hanno accompagnato il suo cammino, tuttavia non è stato mai sopraffatto dalla sfiducia; semmai, confidando nel Signore ha saputo correre verso la meta desiderata. E’ l’angelo della carità perché senza superbia, senza vanagloria e senza esaltazione della sua persona, ha amato ogni persona in cui vedeva Cristo che desidera essere sfamato, dissetato, ascolto, vestito, visitato e cercato. Pastore immolato per il suo gregge, padre dei poveri, amante dell’umanità, testimone di Cristo e servo della Madre Chiesa ci ha lasciato in eredità un programma di vita cristiana. Egli ci attrae verso Cristo, ci stimola e imitarlo. L’azione pastorale del Beato può essere definita come la forza promotrice da cui sono derivati tutti quei cambiamenti religiosi, culturali e soprattutto sociali che hanno condotto la città di Catania ad una vera trasformazione radicale”.

   In conclusione, padre Grimaldi ha recitato la preghiera con la quale oggi i fedeli devoti a lui si rivolgono: “O Beato Giuseppe Dusmet, che fin dalla fanciullezza, chiamato da Dio, ti consacrasti alla contemplazione e alla testimonianza del  suo Amore nella vita monastica ed, eletto pastore della Chiesa, rivelasti l’ardore della carità che divampava nel tuo cuore, ponendo la tua vita al servizio dei poveri per consolarli e soccorrerli in ogni forma di sofferenza umana, guarda a noi, che, sul tuo esempio, vogliamo seguire il cammino della fede nella carità e imploriamo con fiducia la tua celeste protezione. Con la tua intercessione ottieni a noi dal Signore le grazie necessarie nelle difficoltà e nelle sofferenze di questa vita per aspirare così più fiduciosamente a giungere con Te e con tutti i Santi nella gloria del cielo. Amen”.                                                                                                                                                                      

 Antonino Blandini

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