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Vincenzo Nibali agguanta la Sanremo. Una vittoria impossibile sul traguardo di via Roma strappata dallo squalo dello Stretto sul gotha dei velocisti. Secondo Ewan, terzo Demare. Sesto il grande favorito Sagan.

Cosa scrivere di una corsa dalla cronaca più scarna del solito? Un lungo trasferimento ha portato il gruppo compatto ad Arma di Taggia ai piedi del Poggio. Sin lì l’unico grande sussulto degno di nota sul taccuino, il doppio salto mortale di Cavendish dopo che l’inglese ha centrato in pieno l’ultimo spartitraffico prima della svolta a destra verso la collinetta sanremese. Sul Poggio inizia la corsa vera. Come sempre.

In pratica esistono due modi per cercar di vincere la Sanremo. Il primo prevede che sul Poggio devi piazzare la botta e non voltarti sino all’arrivo; il secondo è un pò più semplice, sul Poggio devi sperare che non accada nulla di irreparabile, poi, se hai la ruota veloce, basta interpretare in modo perfetto gli ultimi duecento metri. Per entrambi devi aver la pazienza di aspettare duecento ottantacinque chilometri, sprecando il minimo e cercando di non cadere. Le altre tattiche che mirano al colpo grosso fanno parte delle fantasiose alchimie scritte e parlate, sono rarissime, hanno bisogno di variabili fortuite che poco hanno a che fare con la logica ciclistica.

Nibali dispone di una sola tattica per vincere, deve arrivar da solo, per lui esiste solo la modalità numero uno. Elementare da ideare, un po’ meno da metterla in atto. Vi è riuscito nell’edizione forse meno indicata. Da sempre il suo attaccamento a questa corsa è apparso evidente. Ci aveva provato diverse volte, una volta seguendo Cancellara sul Poggio, entrambi poi battuti dalla ruota più veloce di Gerrans; un’altra da solo sulla Cipressa, per essere respinto malamente dal vento sulla via Aurelia.

Si diceva dell’edizione meno indicata. Per lunghi tratti, infatti, è sembrato impossibile evitare lo sprint del gruppo. L’eccellente lavoro delle squadre dei grandi sprinter non lasciava intendere altro. Quick Step, Bora e soprattutto Fdj avevano chiuso i cancelli in modo perfetto, nessuno sembrava in grado di poter scappare. Nibali aveva osservato da vicino la ferrea vigilanza per tanti chilometri, in cuor suo aveva probabilmente sperato che sulla Cipressa qualcuno rompesse il rigido schema. Kwiatkowski aveva chiesto ai suoi un ritmo più allegro, ma il gruppo, arrivato sin lì con le energie intatte, manco se né accorto. Sul Poggio era finito il tempo di aspettare, provava un BMC, Drucker, poi un allungo del campione lettone Neilands, alla sua ruota fa capolino la sagoma di Nibali.

All’arrivo dirà che era lì in funzione di stopper, alzi la mano chi ci crede. Un centinaio di metri per riflettere sul da farsi, poi quando le pendenze del Poggio diventavano meno dolci, piazzava lo scatto che decideva la Sanremo. Si liberava in attimo dell’esausto Neilands, guadagnava un centinaio di metri buoni sull’incredula testa del gruppo ed affrontava a tutta la curva a sinistra che annuncia la picchiata verso la citta dei fiori. Undici miseri secondi da difendere con forza, abilità, caparbietà, ed un pizzico di fortuna, sempre indispensabile soprattutto una volta tornati sulla via Aurelia. Forse c’è anche quella nella straordinaria vittoria di Vincenzo, l’attacco a due punte della Scott Mitchelton non dà i suoi frutti e gli sforzi di Trentin, profusi in proprio, non aiutano di certo Ewan. Meglio così.

Gli ultimi due chilometri, con il cuore a mille, sono di quelli che mi hanno fatto innamorare di questo sport. La difesa vincente di un centinaio di metri fino ad un simile traguardo, trasmette emozioni che non provo neanche a descrivere, me le tengo per me. La volata porta il gruppo sino a dieci metri da un Vincenzo a braccia larghe finalmente sicuro di accogliere forse il più bel successo della sua carriera. Ewan la dominerà, gli servirà solo ad aumentare i rimpianti, battuti Demare che ha corso benissimo, poi nell’ordine Kristoff, Roelandts e Sagan.

Un’altra perla per la collana di Vincenzo Nibali.

Turi Barbagallo (Il salotto del Ciclismo)

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