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A cento anni della fine della Grande Guerra, che giustamente il sommo pontefice Benedetto XV nella Lettera dell’1 agosto 1917 Ai Capi dei Popoli Belligeranti definì  “inutile strage”, è giusto ricordare e rendere onore a tutti i Volontari del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana  che sono Caduti nei vari fronti o che hanno partecipato alla guerra del 1915-1918.

Il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, che quest’anno celebra 152 anni dalla fondazione, affonda le sue radici nella disposizione emanata dal Ministero della Guerra in data 1 giugno 1866 con la quale il personale delle “Squadriglie di Soccorso” – prime formazioni emanate dal  “Comitato Milanese dell’Associazione per il soccorso ai feriti e ai malati di guerra”, poi trasformatosi in Croce Rossa Italiana – veniva assoggettato alla disciplina militare con adozione dell’uniforme e l’equiparazione gerarchica ai gradi dell’Esercito.

Il Corpo Militare della C.R.I., la cui storia in tutto si intreccia con quella d’Italia e con i suoi Caduti di tutte le guerre, sui campi di battaglia e alle Fosse Ardeatine, è composto in gran parte da personale volontario e, come Ausiliario delle Forze Armate, l’organizzazione e i suoi servizi e il ruolo che ne consegue, sono determinati dal Ministero della Difesa.

Il Corpo Militare, la cui struttura è attualmente articolata sul territorio nazionale con una rete di Centri di Mobilitazione, che dipendono dall’Ispettorato Superiore con sede a Roma, è formato da personale che è normalmente in congedo e che viene richiamato in servizio a secondo le necessità di pace e di guerra. Si tratta di migliaia di Volontari con le stellette, che nei vari ruoli di ufficiali medici, farmacisti, commissari, e contabili e  di sottufficiali, graduati e militi infermieri, portaferiti, cuochi, autisti e così via, su precettazione, lasciano le normali attività di lavoro per raggiungere i loro Reparti. Tra questi volontari hanno militato e militano clinici illustri, medici affermati, funzionari, impiegati artigiani o commercianti: tutti disponibili e mossi da spirito di solidarietà e di altruismo.

La Croce Rossa Italiana non fu colta impreparata quando il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra contro gli imperi centrali. La partecipazione alla guerra della Croce Rossa, a fianco della Sanità Militare, si tradusse nella mobilitazione di 1163 ufficiali medici, 480 ufficiali di amministrazione e contabili, 165 farmacisti, 273 ufficiali automobilisti, 157 cappellani e ministri di culto, 1080 infermiere volontarie e 9500 tra graduati e militi. Nello stesso tempo 810 ufficiali fra medici, farmacisti e amministrativi vennero comandati a prestare servizio direttamente presso l’Esercito, le cui unità sanitarie incorporarono ancora, in un secondo tempo, altri 197 ufficiali medici e 19 aspiranti. Quando l’aspetto logistico si concretizzò nell’allestimento, furono attivi 65 ospedali da guerra attendati, 3 ospedali da tappa, 2 ospedali chirurgici mobili, 4 sezioni di unità, 32 ambulanze da montagna, 29 posti di soccorso ferroviari, 24 treni ospedali, 15 sezioni automobilistiche, 3 sezioni da campo per infermiere volontarie, l’ambulanza lagunare, l’ambulanza fluviale, 6 ambulanze radiologiche, l’ambulanza elettro-vibratore, 4 bagni doccia mobili. Furono impiantati 2 magazzini di rifornimento, 3 depositi di rifornimento, 3 depositi di personale, lavanderie, studi per ricerche mediche, 3 autoparchi.

E’ accertato anche che <<nelle varie regioni d’Italia, autorità civili, enti e privati gareggiarono per mettere a disposizione della CRI locali ad uso di ospedali, contribuendo largamente e generosamente al loro allestimento. Tutto ciò permise alla CRI di fronteggiare subito il ponderoso e oneroso compito di ricoverare malati e feriti reduci dal fronte di guerra, cosa che rivelò la sua capacità e la sua mirabile attitudine a risolvere, animata dal suo tradizionale spirito di abnegazione, i problemi più ardui. Conventi, seminari, ville, palazzi reali di Roma, collegi, stabilimenti, si trasformarono, in quasi tutte le regioni italiane, in ospedali della CRI dotati di tutte quante le necessità che la scienza medica e chirurgica richiedevano, dai sistemi di riscaldamento a quelli sanitari… Questi ospedali ebbero la capacità di ricovero e di cura che andava dai 50 ai 700 posti letto…. Il numero degli ospedali, che raggiunse il numero di 204, con un totale di 30.000 posti letto, riuscì a ricoverare 696.993 militari feriti, o malati, per oltre 17 milioni di giornate di degenza … tali strutture furono in grado di accogliere in poche ore migliaia di feriti e di malati>>.

Nel 1915, a seguito di nuove disposizioni scaturite dalla creazione  dell’ufficio di Vescovo di Campo, creato al fine di garantire l’assistenza religiosa a tutti i reparti operanti, fu stabilito che tutti i cappellani in servizio dovessero essere assimilati al rango di tenente. Questa disposizione  fu operante anche per i cappellani della CRI, che in gran numero provenivano dall’Ordine dei Francescani Cappuccini, e che erano assimilati al grado di capitano. Tale disposizione provocò notevole risentimento nei cappellani della CRI, che furono retrocessi a tenenti.

Questi risultati e tante prove di efficienza della CRI furono superate in pochi mesi perché alla sua guida si trovava il conte Gian Giacomo della Somaglia, (Milano, 16 luglio 1869 – Roma, 18 luglio 1918)  che fu un grande Presidente della Croce Rossa Italiana dall’11 maggio 1913 al 18 luglio 1918, giorno della sua morte. A distanza di cento anni riesce difficile guardare alla sua opera senza rimanere stupiti ed ammirati per le doti politiche, organizzative, gestionali e morali che l’ispirarono al punto da fargli ottenere la riconferma nell’incarico, nel 1916, di Presidente Generale.

I militari della CRI svolsero la loro attività in due settori ben delimitati ma complementari l’uno dall’altro: in zona di guerra al seguito dell’Esercito operante e nelle Unità territoriali dislocate nelle varie regioni d’Italia. Mi limiterò a prendere in particolare esame il servizio svolto dalle Unità CRI in zona di guerra dove notissimo fu l’ausilio alla Sanità militare. Inizialmente l’attività dei militari della CRI venne svolta in seconda linea, successivamente  però viste, le necessità sempre più pressanti e tenuto conto soprattutto della richiesta rivolta in tal senso dal personale militare CRI, il Ministro della Guerra nel 1916 autorizzò l’impiego in prima linea di Unità sanitarie militari CRI. In prossimità della linea di combattimento si videro operare in strettissimo contatto con i colleghi dell’Esercito, le sezioni sanitarie della CRI. Fuori del territorio nazionale, i militari CRI seguirono il Corpo speciale operante in Albania e Macedonia, allestendo 4 ospedali da guerra, un treno ospedale ed alcune sezioni di sanità.

Il 24 luglio 1916 una granata nemica distrusse il locale dove era accantonato l’ospedale n° 23 ferendo gravemente anche il direttore dell’Unità.

Il durissimo inverno del 1916/1917 vide le operazioni militari svolgersi massimamente nelle trincee e nelle zone di montagna, dove gli ufficiali medici della CRI collaborarono efficacemente con la Sanità Militare nella organizzazione del lavoro di profilassi. Numerose furono le prove di stima che le autorità militari diedero al personale CRI. Non è da dimenticare, tra l’altro, che il Col. medico CRI, prof. Gherardo Ferreri, valente chirurgo e docente universitario, istituì e diresse l’università da campo di san Giorgio di Nogaro (UD), dove gli studenti di medicina sotto le armi ebbero modo di continuare gli studi senza essere dispensati dal servizio militare. Numerosi ufficiali CRI furono chiamati ad insegnare in questa scuola, della quale era esistito un precedente, in epoca napoleonica: mi riferisco all’università castrense creata dal gen. Napoleone Bonaparte a Padova nel 1797 durante la guerra franco-austriaca, chiusasi con il trattato di Campoformido con cui il Bonaparte cedeva il Veneto all’Austria, ottenendo in cambio la Lombardia e sancendo così la fine della Repubblica di Venezia.

Nel momento tragico del ripiegamento nella battaglia di Caporetto nell’ottobre 1917 le unità militari della CRI rimasero per quanto possibile compatte ed effettuarono ordinatamente i previsti ripiegamenti dalla zona di guerra. Nonostante ciò però la CRI perdette 39 Ospedali da guerra con 6172 posti letto, 15 ambulanze da montagna, 3 ospedali chirurgici mobili, 3 sezioni sanità, 6 sezioni automobilistiche, nonché  diversi autoveicoli, autoparchi ed una grandissima dotazione materiale sanitario per un totale di perdita di circa venti milioni di lire di allora. L’organizzazione  della CRI si manifestò anche in questo triste momento della guerra all’altezza della situazione e valida sotto ogni rapporto. Basti pensare che ancor prima che le truppe combattenti si attestassero sulla nuova linea del Piave, si era provveduto affinché la struttura sanitaria  militare fosse già nuovamente  efficiente facendo affluire dai magazzini territoriali quanto occorreva per il rimpiazzo delle perdite.

Durante la Grande Guerra, il contributo di sangue dei militari della CRI fu veramente ingente, specialmente se si considera che furono perdite subite da personale non combattente. Per fatti d’armi persero la vita 15 ufficiali e 30 militari; per malattia contratta per cause di servizio morirono invece 86 ufficiali e 254 militari. Inoltre sappiamo che, nella guerra 1915-1918 e nella successiva 1940-1945, la CRI conta 78 cappellani Caduti. Le ricompense al valor militare conferite  individualmente furono 20 medaglie d’argento e 117 medaglie di bronzo. Il re Vittorio Emanuele III volle concedere “motu proprio”  la medaglia d’argento al valor militare quale giusto riconoscimento dei servizi svolti da tutto il personale militare impegnato in operazioni di soccorso. Inoltre,  a tutti i militari della CRI, in possesso dei necessari requisiti per aver compiuto il servizio in prima linea, fu concessa, come ai militari delle altre forze armate, la croce al merito di guerra unitamente alla medaglia commemorativa  della campagna 1915-1918, alla medaglia commemorativa dell’unità d’Italia e alla medaglia “interalleata”. Ai militari CRI,  che prestavano servizio in zona operativa, fu concesso, in deroga alle disposizioni vigenti, l’uso delle stellette regolamentari proprie delle Forze Armate Italiane i sostituzione  di quelle portanti al centro la croce rossa su fondo bianco.

Il 19 gennaio 1919, l’Intendente Generale del Regio Esercito, gen. Zaccone scrisse “Alla Delegazione Generale della CRI – Zona di guerra e, per conoscenza, alla Presidenza della CRI – Roma:

<<Dopo oltre 40 mesi di lavoro in comune con le Unità Sanitarie dell’Esercito, i servizi della CRI hanno iniziato la loro smobilitazione e i bravi militi della benefica Associazione si accingono a rientrare  al loro deposito e poi alle loro famiglie. E’ mio vivo desiderio che giunga loro, prima che lascino definitivamente il servizio, il mio saluto augurale e l’espressione sincera e  vivissima della riconoscenza dei combattenti, per l’opera preziosa da loro prestata in favore dei fratelli dell’Esercito.

Tornerà, a imperituro onore dell’Associazione, l’aver, fin dai primi 4  mesi di guerra, portato nella zona delle operazioni 22 treni ospedali, 33 ospedali, da guerra, 20 ambulanze da montagna, 13 sezioni automobili, 19 posti di soccorso, 2 ambulanze radiologiche, oltre gli organi direttivi, magazzini, depositi, ecc. A queste formazioni, nella primavera del 1916 si aggiunsero nuove numerose Unità, tra cui degne di speciale considerazione, per la ricchezza degli impianti e per i preziosi servizi poi forniti, gli ospedali chirurgici mobili e le ambulanze radiologiche. E le tristi giornate dell’ottobre 1917, pesarono dolorosamente anche sull’Associazione che perdette 25 ospedali da guerra, 8 ambulanze da montagna, 1 ospedale chirurgico oltre a minori formazioni e perdette anche numeroso personale si che dovette addivenire alla riduzione ulteriore di molti dei suoi servizi, Ma la violenta procella come non piegò l’energia e la volontà dell’Esercito così trovò il personale della CRI, dal suo illustre Presidente al suo valoroso Delegato Generale presso l’Intendenza al più modesto dei suoi militi, pronti ed uniti a riprendere la lotta, a ricostruire le Unità perdute, a rinsanguare quelle salvate, a portare ancora valido soccorso di materiali e di uomini, ai Reparti dell’Esercito che apprestavano sul Piave le supreme difese della Patria, con fede indomabile nei suoi destini.

E ricominciò l’opera di umanità verso le vittime gloriose della guerra. Numerevoli le prestazioni ambulatorie nei posti di soccorso,  le specializzazioni nelle Unità sanitarie da guerra, di tappa e da campagna; quasi un milione e mezzo i feriti e  malati trasportati coi treni ospedali, con le sezioni automobili e con le ambulanze fluviali e lagunari, nei luoghi di cura; quasi 4 milioni di giornate di degenza negli stabilimenti dell’Associazione. In complesso un’opera che non esito a chiamare grandiosa e, in concorso al servizio sanitario dell’Esercito, di inestimabile valore.

La Croce Rossa Italiana ha degnamente assolto il compito al quale da anni si dedicava e considerevolmente ha contribuito alla magnifica vittoria. Le sue Unità possono sciogliersi con la sicura coscienza di aver compiuto tutto intero il loro dovere verso la Patria. Io sono lieto e fiero di averle avute, per la guerra, alle mie dipendenze e di averne potuto apprezzare l’alto valore, e mi ritengo onorato di rivolgere alla sua Delegazione il saluto di congedo, saluto che deve anche significare l’ammirazione e la riconoscenza dell’Esercito.

L’intendente Generale dell’Esercito – Zaccone

 Un mese dopo, il 19 febbraio 1919, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Gen. Armando Diaz indirizzò una lettera di elogio e di ringraziamento alla Presidenza Nazionale della CRI di Roma: <<Nel momento in cui la CRI, dopo aver esaurito totalmente il suo grave e nobilissimo compito, smobilita i propri militari e i propri stabilimenti, mi è grato rivolgerle il ringraziamento sentito e il saluto affettuoso dell’Esercito combattente.

Oltre quaranta mesi, da quando l’Italia, riprendendo l’opera interrotta e la sacra tradizione dei padri, scese generosamente in campo, nei giorni delle lotte più dure sulle Alpi e sull’Isonzo, nei giorni della resistenza eroica sul Piave, fino alle radiose della grande e decisiva vittoria, le Unità Sanitarie della CRI si sono trovate vicino a quelle dell’Esercito combattente, dividendo con esse ansie e pericoli, dolori e gioie.

La Patria, che non dimentica il sacrificio dei suoi figli, serberà vivo e imperituro ricordo dell’opera volontaria e benefica svolta durante la guerra da codesta Associazione, creatrice di una delle sue più alte e nobili manifestazioni della carità italiana; ed i combattenti d’Italia, rievocando i sacri ricordi della nostra guerra, saluteranno, nella Croce Rossa Italiana, un nobilissimo simbolo della solidarietà nazionale.

Il Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito- Gen. A. Diaz>>

 Le semplici ma chiare parole del gen. Diaz e del gen. Zaccone furono bastanti per rendere orgogliosi del dovere compiuto dei Militari della CRI

In riferimento al Decreto del 25 ottobre 1947, con Legge del 25 giugno 1985 n° 342, veniva concesso “l’uso della Bandiera Nazionale al Corpo Militare della Croce Rossa Italiana”, in sostituzione del glorioso Labaro che aveva rappresentato l’Associazione. Tale concessione della Bandiera Nazionale è un riconoscimento e un privilegio che riempie d’orgoglio il Corpo Militare, custode di un patrimonio di valori, di sentimenti e di doveri, costituito dal sacrificio costante dei propri uomini in ogni tempo, da più di un secolo e mezzo e riconosciuto dalle Medaglie al Valor Militare, Civile e dell’Esercito e dalle altre che fregiano la Bandiera del Corpo e, individualmente, a tanti Volontari Caduti su diversi fronti di guerra. Il 22 novembre 2004, il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi, come segno di riconoscenza dell’Italia tutta, ha conferito la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Croce Rossa <<perché fedele alle sue tradizioni di nobile istituzione umanitaria, con l’obiettivo di realizzare condizioni di vita in grado di assicurare la dignità delle persone, … ha reso viva testimonianza di grande impegno nel solco di una cultura volta ad assicurare, sempre e comunque, tolleranza e pace, senza limiti razziali, ideologici e religiosi>>. Ed il santo pontefice Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai Volontari della C.R.I. convenuti in Piazza San Pietro il 28 novembre 2004, a conclusione del II Convegno Nazionale, ha espresso <<l’apprezzamento per le benemerite iniziative di cui si fanno promotori in tante situazioni di bisogno, incoraggiandoli a perseverare nell’atteggiamento di generosa dedizione al servizio del prossimo in difficoltà e augurando il pieno successo all’azione umanitaria che svolgono in Italia e all’estero>>.

Con Decreto del Ministero della Difesa, inoltre, è stato stabilito di celebrare il 25 giugno di ogni anno la Festa del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, giorno della concessione della Bandiera Nazionale, e il 14 luglio la solennità di San Camillo dé Lellis, Patrono del Benemerito Corpo della C.R.I. e della Sanità Militare.

A Catania è attivo il Nucleo Arruolamento e Attività Promozionali (N.A.A.Pro.) con sede presso il Comitato Provinciale CRI Via Etnea, 353.

 

 

Diac. 1° Cap. Com. CRI (c.a.) Sebastiano Mangano

Incaricato Diocesano per la Pastorale delle Forze Armate

 Assistente Spirituale CRI – Catania

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