Cultura

Pubblichiamo il testo quasi integrale (manca solo l’incipit di circostanza) della magistrale ed originale conferenza del sacerdote, prof. Fausto Grimaldi, postulatore della causa di canonizzazione del beato cardinale arcivescovo, abate benedettino dom Giuseppe Benedetto Dusmet. I lettori potranno avere idee chiare sull’istituto giuridico della postulazione di una causa disciplinata nella Chiesa Cattolica dal Diritto Canonico. 

Benedicta Benedictus benedicat!

Nel mio intervento desidero dividere la mia riflessione in due punti:

  1. Chiarire quale è il ruolo del postulatore nell’Iter di una causa di canonizzazione.
  2. La spiritualità del Beato Dusmet e il significato della carità che acquisisco dal Beato Rosmini, fondatore dell’Istituto della Carità, e che condivido con voi.

Partiamo dal primo punto

Da qualche anno la nostra diocesi nella persona del Vescovo ha assunto il compito e la responsabilità di portare avanti la Causa di canonizzazione del Beato Dusmet. L’Attore, cioè il Vescovo, tratta la Causa tramite un postulatore che è rappresentante giuridico dell’Attore davanti alle autorità ecclesiastiche. Il Postulatore essendo procuratore, rappresenta lo stesso Attore e ha diritto/dovere di seguire la Causa in tutte le sue fasi e fare quanto sia necessario perché sia raggiunta una risposta alla richiesta dell’Attore (Normae servandae, 1b – 3). Secondo le disposizioni delle Normae servandae del 7 febbraio 1983 il postulatore rappresenta l’Attore e ne difende i suoi diritti davanti alle autorità ecclesiastiche. Inoltre, compito principale del Postulatore è quello di evidenziare la fama (fumus boni iuris) e l’importanza della Causa e, riferire tutto al Vescovo (Normae servandae, 3b). L’Istruzione Sanctorum Mater  approvata da Papa Benedetto XVI il 22 febbraio 2007 e pubblicata il 17 maggio 2007 chiarisce ulteriormente il ruolo del postulatore dall’articolo 12 all’articolo 19. Nell’Appendice documentaria di tale Istruzione al Titolo III “preparazione di reliquie” all’art. 8 si sottolinea la competenza del postulatore della causa di preparare le reliquie e di redigerne i certificati di autenticità. L’assunzione da parte della diocesi della Causa di canonizzazione del Beato e la conseguente nomina di un Postulatore ridefiniscono i ruoli e le competenze circa il trattamento e la gestione di tutto ciò che riguarda il Beato Dusmet.

Si aggiunge inoltre che l’8 dicembre 2017 la Congregazione per le Cause dei Santi ha pubblicato un’Istruzione che disciplina “le reliquie della Chiesa, l’autenticità e la conservazione”. Con questa Istruzione da parte del Dicastero si desidera dare particolare importanza alle reliquie della Chiesa per le quali da sempre si presta culto di venerazione.

Infatti, “il corpo dei Beati e dei Santi essendo stato in terra tempio vivo dello Spirito Santo e strumento della loro santità” ricevono venerazione ufficialmente riconosciuta dalla Sede Apostolica con la beatificazione e con la canonizzazione.

Pertanto, oltre alle facoltà del diritto comune proprie della carica di postulatore e di tutte le altre facoltà necessarie per il regolare svolgimento di detto incarico previste dalle norme della Santa Sede, il postulatore ha la responsabilità piena di vigilare sul corpo e sui frammenti del Beato (Art. 11 – 21 – 22 – 23 dell’Istruzione sulle reliquie). A queste indicazioni si aggiunge anche che ogni iniziativa finalizzata alla crescita nella devozione per il nostro Beato e per alimentare la sua fama sanctitatis (come ogni grazia ricevuta) sia vagliata con diligenza e prudenza dallo stesso postulatore affinché si possa portare a compimento ciò che imploriamo dalla Santissima Trinità a beneficio della nostra amata Chiesa Catanese.

Secondo punto

Anche noi, dunque, abbiamo bisogno di essere, come lo è stato Dusmet, leali annunciatori e servitori del Vangelo, anche noi abbiamo bisogno di essere, come lui, interpreti delle diverse situazioni storiche e delle perenni e sempre nuove esigenze del Vangelo, per il vero bene dell’umanità. Il Beato amava difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita; per il Beato sono pertanto forme esigenti insostituibili di carità. Oggi purtroppo siamo consapevoli degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto e di impedirne la corretta comprensione.

“La carità era il miracolo vivente del Beato. Come Gesù Cristo, anch’egli amava non pubblicizzare le opere che compiva per i poveri. Quando usciva dall’Arcivescovado aveva come sue mete le chiese con l’Adorazione, le case, quelle più umili, dove poter recare conforto agli ammalati con i sacramenti e l’ascolto della Parola. S’incamminava verso stradine nascoste e entrava in casette semi diroccate. E capitava, non raramente, che tornando dalle sue visite, aveva la veste talare piena di pidocchi. Ma da questi luoghi non si portano a casa fiori o profumi ma ben altro. Il Beato, quando qualcuno cercava di fargli notare di star attento, rispondeva serenamente che in quei luoghi entra il Signore e pertanto non ci si può tirare indietro. Ma una delle caratteristiche del Beato che talvolta è oscurata dalla sua operosità e assistenza sociale riguarda lo zelo che aveva nel trasmettere l’amore del Signore: “Charitas Christi urget nos”. Innanzitutto, il Dusmet fu dispensatore di grazie presso il letto degli infermi. Accompagnava sempre l’aiuto materiale con una buona parola dettata da profondo sentimento. Il Beato era circondato da una carità soprannaturale: la carità era il suo respiro.

Ha bene espresso un pensiero il nostro Arcivescovo nell’introduzione al testo di Anselmo Lipari (postulatore, mio predecessore) del 30.11.2007 dedicato ai Beati Dusmet e Schuster dove egli sottolinea come sia bello trovarsi in compagnia dei Santi pur essendo vero che dall’altra parte ci si sente minimi nei loro confronti…

 

“La carità è quella virtù soprannaturale per la quale noi ci uniamo a Dio coll’amarlo come il bene essenziale, il sommo bene e il fonte di tutti i beni”. Così Antonio Rosmini scrive nel suo Catechismo disposto secondo l’ordine delle idee.

E come dice S. Tommaso, la carità è un amore soprannaturale nell’origine, nel fine e nella stessa sua natura. Nell’origine perché la carità è suscitata in noi dallo Spirito Santo («la carità non può trovarsi in noi per natura, né essere acquisita con le forze naturali, ma è dovuta all’infusione dello Spirito Santo» II-II, q. 24, a. 2); nel fine perché per mezzo della carità si ama Dio come lui ama se stesso e nella stessa sua natura come partecipazione all’amore divino. Da questo si deduce come la carità così intesa non è l’amore/eros di platonica memoria.

Il Beato Rosmini ama distinguere tre specie di carità: “La prima specie comprende quegli uffici che tengono a giovare immediatamente al prossimo in ciò che riguarda la vita temporale: e questa si può chiamare carità temporale. La seconda specie comprende quegli uffici che tendono a giovare immediatamente al prossimo nella formazione del suo intelletto e nello sviluppo delle sue facoltà intellettuali: e questa si può chiamare carità intellettuale. La terza specie comprende gli uffici di carità che tendono a giovare al prossimo in ciò che spetta alla salvezza delle anime: e questa si può chiamare carità morale e spirituale”.

Come ci ricorda S. Paolo, al vertice di ogni azione cristiana c’è la carità. Ma per i credenti in Cristo la carità spirituale deve precedere quella materiale, che altro non è che una conseguenza spontanea della fede; il credere bene, dice Pascal, porta alle opere buone. Fede e carità sono inscindibili; ma in ordine, prima la carità per l’anima e per le miserie spirituali, poi la carità per i corpi e per le miserie materiali e le ingiustizie sociali.

Noi sappiamo che c’è un Cristianesimo primario che annuncia il Vangelo per la salvezza delle anime e come dice lo stesso codice di Diritto canonico la salus animarum è la suprema lex della Chiesa Cattolica, Chiesa che certamente non è multinazionale né ONG, non è “ospedale da campo gestita da filantropi o sindacalisti in maglietta rossa. Se così fosse sarebbe una istituzione umana affiancata ad altre. La Chiesa, certo che deve curare e venire incontro ai bisogni materiali, ma prima di tutto deve prendersi cura delle anime, spesso malate, bisognose di conforto spirituale e di ascolto. Così il Dusmet si è fatto guidare da un cristianesimo primario dal quale, e solo da esso, è scaturito il Cristianesimo secondario (l’aiuto materiale per l’uomo).

Concludo condividendo con voi un pensiero che la Madre Canòpi (benedettina e fondatrice del monastero dell’Isola di S. Giulio sul lago d’Orta) mi ha scritto in una sua missiva del 22.06.2018:

“Dobbiamo veramente rendere grazie a Dio che ha suscitato nella Chiesa – scegliendolo tra i monaci benedettini – questo santo Vescovo mirabile nella carità. La sua intercessione ci aiuti a vivere fedelmente e generosamente la nostra vocazione. Grazie ancora! Mi benedica! In Cristo dev.ma Madre Anna Maria Canòpi”.

Grazie Eccellenza, mi benedica in questo servizio alla Chiesa e al nostro Beato!

Sac. Prof. Fausto Grimaldi

Postulatore

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