Cultura

A 1493 anni dalla morte violenta, avvenuta nel 525, mi pare giusto ricordare l’ultimo grande personaggio romano, il filosofo, matematico e uomo politico Severino Boezio, nato a Roma nel 480 circa nella nobile famiglia degli Anicii. Egli,  che si adoperò sempre a diffondere tra i Goti l’humanitas romana e cristiana, percorse i vari gradi della carriera politica alla corte di Teodorico a Ravenna, e già a 25 anni, nel 505, fu senatore; nel 510 console unico e, nel 522/523, magister officiorum. Boezio era stato educato nella  scuola umanistica del senatore Quinto Aurelio Memmio Simmaco (+525), che era uno degli uomini più sapienti, e del quale poi ne sposò la figlia Rusticiana, sorella delle sante Proba e Galla, che le diede due figli, Boezio e Simmaco,  che nel 522 furono consoli. Egli  tradusse in latino tutte le opere di Platone e di Aristotele e li commentò per dimostrarne l’accordo sulle questioni filosofiche fondamentali (In libr. Aristot. de Interpr. II,II,3).

Basilica di San Pietro in ciel d’oro – Inizio VII sec. -Pavia

Boezio, riuscì anche a portare a termine la traduzione dell’Organon di Aristotele e l’Introduzione  alle categorie di Aristotele di Porfirio (+305), inoltre scrisse anche un Commentario a quest’opera ed altri lavori di matematica e di musica. In un saggio sulla Trinità, difese la dottrina cristiana ed espose il principio che, dove fede e ragione erano in conflitto, la fede doveva prevalere sulla ragione. Boezio, che difese sempre l’integrità della sua coscienza: <<nessuno mi ha mai potuto trarre dal diritto all’ingiustizia>>, fu  accusato di alto tradimento e perfino di magia, per aver difeso il suo amico, presidente del senato, Albino, accusato falsamente di accordi segreti con l’imperatore d’Oriente Giustino I,  per questo motivo nel 523, fu rinchiuso in carcere a Pavia  nella torre del Battistero. I motivi della sua condanna erano unicamente politici. Boezio, che aveva servito la causa cattolica contro l’ostilità del suo irascibile imperatore di religione ariana, morì presumibilmente  il 23 ottobre 525 tra i tormenti con ammirevole rassegnazione,  tanto da essere annoverato nella schiera dei santi martiri.

Durante la carcerazione, scrisse <<la Philosophiae  consolatio che presenta una complessa problematica da giustificare le diverse interpretazioni, talora opposte, che sono state date anche per il suo significato essenziale, giacché si discute se essa è ispirata alla dottrina neoplatonica o a quella cristiana. Ma riconosciuta l’autenticità degli Opuscoli teologici, non si può facilmente sostenere che il filosofo alla vigilia e in attesa della morte, si fosse dedicato alla divulgazione della dottrina neoplatonica e non piuttosto avesse cercato per sé la verità, luce di Dio, che valesse a consolarlo dalla iniqua condanna. Bisogna porre la Consolatio al centro della vicenda umana, e guardarla come un movimento drammatico verso Dio, verso Cristo, che vi identifica con gli errori, i peccati e le sofferenze umane.

Il vigoroso distogliersi dei problemi razionali non procede secondo la dialettica  razionale dei neoplatonici ma con la drammaticità di un problema esistenziale, mosso dalla sofferenza dello scrittore ed addolcito dalla voce di Dio, che il filosofo coglie nella sua anima, nella cui integrità armonizza il ritmo del proprio cuore con i segni che Dio ha lasciato nell’universo>> (Boezio, Philosophiae  consolatio, testo con introduzione e traduzione di E. Rapisarda, Centro Studi sull’Antico Cristianesimo, Università di Catania, 1961). Per ciò che riguarda la teoria musicale, o più generalmente la presenza della musica nella sua produzione, due sono le fonti importanti: i cinque libri della  Philosophiae consolatio e il De istituzione musica (500/507 ca.), che possiamo considerare un ponte tra la tradizione musicale greca e l’incipiente avventura musicale dell’occidente.  Boezio, <<dalla teoria ellenistica, riporta soprattutto il metodo speculativo, per il quale il fenomeno musicale viene indagato nei suoi aspetti intellettuali e astratti. I risvolti pratici ed esecutivi non interessano a Boezio, come non venivano presi in considerazione nel De Musica di Agostino d’Ippona (354-430), vissuto circa un secolo prima di Boezio>> (L. Dova, Bollettino Ceciliano  n° 5/2015, p. 136).  Anche il De istituzione musica è diviso in cinque parti, salendo dagli elementi più semplici a quelli più complessi.

Basilica di San Pietro in ciel d’oro – Inizio VII sec. – Pavia
Altare maggiore – Arca con le reliquie di sant’Agostino

La teoria boeziana prende l’avvio dalla dottrina greca dell’ethos: per Boezio la musica è l’unica delle quattro scienze matematiche del Quadrivium a riguardare non solo la rathio ma anche il sensus. La percezione sensibile, che deve essere sempre sottomessa alla ragione, deve essere solo un tramite, poiché solo la rathio può comprendere il significato reale della musica. Da qui nasce uno dei temi più importanti della concezione musicale di Boezio, la netta distinzione tra musico ed esecutore, a totale vantaggio del primo, che possiede gli strumenti intellettuali per giudicare <<modi, ritmi e generi delle cantilene>>. Gli esecutori sono invece dei servi, proprio nel senso che <<servono>> all’esecuzione della musica, senza però apportare alcun elemento razionale, essendo privi di potere speculativo. Tutta la musica medievale, almeno fino al XIV sec., si uniformava abbastanza fedelmente a questa concezione, strettamente congiunta con l’altra famosa distinzione della musica in tre specie: mundana, humana, instrumentalis.

La prima, la mundana, che è  prodotta dal rapido movimento dei corpi celesti, non è udibile, e si rifà più che al concetto di suono che di armonia e di perfezione; la seconda, l’humana, definibile  anche come armonia interiore in quanto scaturisce dalle facoltà fisiche e morali della persona, può essere udita da ciascuno che <<discenda in sé stesso>>, magari facendo silenzio intorno. E’ il genere dei poeti e dei creativi che godono di un istinto naturale per la musica. Ma per Boezio e per la sua concezione pitagorico-intellettualistica,  costoro sono musicisti a metà perché sono divisi tra la ragione e la spontaneità;  la terza, la instrumentalis, cioè quella prodotta dagli strumenti, a loro volta distinti nelle tre categorie degli inflatilia, strumenti a fiato, dei tensibilia, strumenti a corda,  e dei percursionalia, strumenti a percussione, è sicuramente il genere inferiore, essendo appannaggio degli strumentisti, che operano al di fuori della comprensione scientifica della loro musica, come servi condannati alla pura esecuzione materiale, esclusi dall’esercizio filosofico e speculativo.

Basilica di San Pietro in ciel d’oro – Inizio VII sec. – Pavia Altare maggiore – Arca con le reliquie di sant’Agostino

Secondo lo storico Procopio di Cesarea (490ca.–565ca.) (De Bello gothico, V,1), Teodorico si pentì e pianse per il male fatto a Boezio. Dopo la morte dell’imperatore, avvenuta a Ravenna il 30 agosto 526, il venerato corpo di Severino Boezio, che giustamente fu definito “l’ultimo romano e il primo scolastico”, venne sepolto a Pavia, nella cripta della basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro, dove riposa anche sant’Agostino d’Ippona.

Severino Boezio è venerato come santo  martire perché <<servì Dio fino alla morte inflittagli da Teodorico>>. La dignità di martire, le sue virtù eroiche e la sua santità furono celebrate da Dante (1265 – 1321) nella Divina Commedia: <<Per vedere ogni ben dentro vi gode /l’anima santa che ‘l mondo fallace/ fa manifesto a chi di lei ben ode. /Lo corpo ond’ella fu cacciata giace /giuso in Cieldauro; ed essa da martiro /e da essilio venne a questa pace>> (Parad. X,124-129). Giosué Carducci (1835-1907), nel poetare sulla fine di Teodorico nel Vulcano di Lipari, scrisse: <<Che mai sorge in vetta al monte? /Non è il sole, è un bianco crine; /Non è il sole, è un’ampia fronte Sanguinosa, in un sorriso /Di martirio e di splendor: /Di Boezio è il santo viso, /Del romano senator>> (La leggenda di Teodorico). Il culto di Severino Boezio, che non è menzionato nel Martirologio Romano, ma che è iscritto nel Martirologio di Adone, vescovo di Vienne, (800-875) (PL 123,107), compilato prima dell’859,  è stato approvato dal santo padre Leone XIII. Con il Decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 15 dicembre 1883  venne stabilito  di celebrare la memoria  del santo martire Severino Boezio il 21 luglio nella città di Pavia, dove fu giustiziato, e a Roma, nella chiesa di Santa Maria in Portico a Campitelli. La Chiesa cattolica, che venera san Severino Boezio con il titolo di martire e di testimone eroico della fede, ne celebra la memoria il 23 ottobre.

 Diac. Sebastiano Mangano

già Cultore di Letteratura Cristiana Antica nell’Università di Catania

 

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