Cultura

La presenza di molti preti-soldato e di cappellani tra le truppe non mascherava la guerra, quale scuola di odio. La fraternità evangelica veniva rinnegata e calpestata con estrema facilità.

Il 12 aprile 1915, nell’imminenza dell’entrata in guerra dell’Italia, che avvenne il 24 maggio successivo, il gen. Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e fervente cattolico, firmò una circolare per il ripristino dei cappellani che, dopo la “Presa di Roma” (20 settembre 1870),  le leggi italiane avevano portato ad una progressiva e definitiva eliminazione nel 1878. I cappellani, chiamati alle armi, vennero riassegnati ai vari reparti dell’Esercito e della Regia Marina. Il 27 giugno 1915, con il Decreto del duca Tommaso di Genova, Luogotenente del Regno d’Italia, venne nominato Mons. Angelo Lorenzo Bartolomasi (1869 – 1959), Vescovo Castrense, assimilato al grado di maggior generale, che ricevette dal papa Benedetto XV le prerogative di Vescovo Ordinario.

Mons. Lorenzo Angelo Bartolomasi M.A.V.M.

La presenza di sacerdoti come cappellani o preti-soldato nelle Forze Armate, con funzioni religiose e incarichi sanitari o di supporto, testimoniava la fedeltà della Chiesa Italiana alla Patria, pagata a caro prezzo non solo con il sacrificio di 651.000 vite umane, ma soprattutto con un profondo travaglio ecclesiale. In una lettera dal fronte all’amico e confratello don Celestino Bordoni, il cappellano don Feliciano Marini scriveva: <<Nel mio reparto siamo sette sacerdoti soldato e qualche ordinato in sacris, però tutti religiosi regolari: chi francescano, chi passionista e chi benedettino; il nostro unico sergente è un francescano diacono. Come vede è proprio un convento di frati. L’unico sacerdote secolare sono io, ed essendo anche il più anziano degli altri, sono riconosciuto dai colleghi come superiore della comunità>>. Questa guerra, giustamente definita “inutile strage” da Benedetto XV il 1 agosto 1917, annoverò tra le fila dell’esercito la significativa presenza di 2400 cappellani, con differenti mansioni, tutti con il grado di tenente, e 22.000 ecclesiastici nella qualifica di preti-soldato; 10.000 di questi erano novizi, chierici o seminaristi che finirono tra la massa dei soldati impegnati al fronte o assegnati nei reparti di sanità o negli ospedali da campo o territoriali. Nel corso della guerra, 1582 preti soldato furono promossi al grado di ufficiali, il che comportava una responsabilità nei confronti delle truppe. La condizione del prete-soldato era molto diversa da quella dei cappellani, in quanto si trovavano gomito a gomito con le fatiche, gli stenti e i drammi dei militari. In quelle condizioni spesso era difficile anche trovare il tempo per la preghiera e la meditazione. La trincea era un altro mondo. La vicinanza nei confronti dei soldati fece sì che molti preti-soldato sostituissero i cappellani nel ruolo di presenza tra le truppe. Ma la guerra, nella sua concretezza, appariva una scuola di odio. La fraternità evangelica veniva rinnegata e calpestata con estrema facilità. Lo spettacolo della guerra mieteva vittime e causava dolore nelle famiglie.

Don Angelo Giuseppe Roncalli

Don Angelo Giuseppe Roncalli (1881-1963), prima sergente di sanità poi cappellano militare coordinatore degli enti sanitari di Bergamo, futuro pontefice e santo della Chiesa Cattolica, lamentava nel suo Giornale dell’anima l’eccesso di politica: <<a vicenda rinfocoliamo i nostri odii, e intanto gronda sangue>>. Il 17 giugno 2017 san Giovanni XIII è stato proclamato Patrono presso Dio dell’Esercito Italiano.  

Card. Celso Costantini

Il cappellano don Celso Costantini (1876-1958), futuro missionario in Cina e poi cardinale, in una delle sue raccolte riporta il racconto di un colonnello che, durante giorno di Natale del 1917 gli austriaci alzarono un cartello con la scritta: <<E’ Natale. Non sparate>>.

Gli italiani accettarono l’invito e tra le due trincee partì uno scambio di oggetti: gli italiani lanciarono pagnotte, gli austriaci risposero con sigarette. I fucili tacquero per tutto il giorno. Questo dimostra <<che sopra il conflitto, in certi momenti, riaffiora l’umanità>>, considerando che in Europa si scontrarono popoli e eserciti di fede cristiana. Il 30 settembre 2016 la Conferenza Episcopale Triveneta ha espresso parere favorevole all’avvio della causa di beatificazione del card. Celso Benigno Luigi Costantini. Il 17 ottobre 2017, nella cattedrale di Concordia Sagittaria, è stata ufficialmente aperta la causa di beatificazione.

Tra gli ecclesiastici mobilitati ci furono anche seminaristi, diaconi e sacerdoti della diocesi di Catania, guidata dalla saggezza pastorale del card. Giuseppe Francica Nava (1846–1928). Ricordo con commozione i racconti di guerra di alcuni sacerdoti da me personalmente conosciuti: Don Francesco Ansaldi (1883-1968) della parrocchia Nostra Signore di Monserrato, don Vincenzo Pintaldi (1883-1869), della parrocchia S. Maria della Consolazione e don Mario Mendola (1889-1963), di San Giovanni Galermo, che, come caporale di Sanità, esercitò il ministero di diacono nell’Ospedale da Campo n° 78 della Caserma degli alpini di Cividale del Friuli fino alla ritirata di Caporetto, e poi in altre strutture sanitarie.

Don Mario Mendola

Nella seconda guerra mondiale Don Mario fu cappellano del Corpo Militare della CRI.

Mons. Eugenio Cristina (1899-1988), canonico della Basilica Collegiata e della Cattedrale di Catania, come seminarista combattente, essendo “ragazzo del ‘99”, fu  insignito dell’onorificenza di Cav. di Vittorio Veneto.

Mons. Eugenio Cristina

 Anche mons. Francesco Ricchena (1891-1885), prevosto-parroco della stessa Basilica Collegiata e canonico della Cattedrale di Catania, partecipò alla Grande Guerra e fu insignito dell’onorificenza di Cav. di Vittorio Veneto.

Un altro sacerdote della nostra Diocesi, mons. Domenico Squillaci (1889-1973), prima prete-soldato nei servizi e poi cappellano del 177° Reggimento Fanteria della Brigata Vicenza, che operava nella in prima linea nella zona  di Faedis, dalle pre-alpi giulie al territorio di Caporetto.

Mons. Francesco Ricchena

Del cappellano militare don Domenico Squillaci abbiamo una nutrita ed interessante corrispondenza dal fronte con il rettore dell’Almo Collegio Capranica, mons. Alfonso Carinci in cui il 15 agosto 1916 scrive: <<I soldati si sono comportati eroicamente ed hanno meritato l’encomio dei comandanti della Brigata e della Divisione… Stamani come le passate domeniche ho celebrato in cima a quota 208, ascoltavano i soldati lungo il pendio, il generale e gli ufficiali a capo scoperto>>.

Mons. Domenico Squillaci

Il 25 settembre successivo, in un’altra cartolina al rettore, scrive: <<Mi trovo in prima linea fra lo scoppio della fucileria e il fragore dell’artiglieria. Grazie a Dio conservo un morale alto… Adesso specialmente confido nelle sue preghiere e in quelle dei compagni>>.

I Cappellani caduti nella Grande Guerra furono 93 mentre oltre 100  seguirono i propri Reparti nei campi di prigionia.

A testimonianza del valore del clero italiano e del loro servizio prestato con onore sono le decorazioni conferite al valor militare: 3 medaglie d’oro, 137 d’argento, 295 di bronzo, 95 croci. Anche la Diocesi di Catania ha avuto quattro suoi sacerdoti decorati al valor militare:

Don Alfio Calvagna di Trecastagni

Don Alfio Calvagna di Trecastagni (1894-1959), M.A.V.M e Croce di Guerra al V.M.

Motivazione: <<Comandante la seconda ondata d’assalto con la parola e l’esempio trascinava i suoi dipendenti attraverso un terreno intensamente battuto dal fuoco avversario. Ferito all’anca destra da scheggia di granata, non abbandonava il suo posto di combattimento se non dietro ordine del proprio Comandante esprimendo il rammarico di non potere più prestare l’opera sua>> Carso 14 maggio 1917.

La Croce di Guerra al Valor Militare gli è stata conferita con seguente motivazione: <<Raggiungeva la posizione sotto il bombardamento rimanendo ferito>> S. Ober (San Marco) 10 ottobre 1916.  

Don Giovanni Azzarelli di Catania

Don Giovanni Azzarelli di Catania (1890-1966), M.B.V.M.

Motivazione: <<Comandante di plotone, lo condusse con slancio all’assalto. In una difficile situazione, seppe tenacemente mantenersi sulla linea raggiunta, respingendo violentanti contrattacchi e mantenendo saldi e compatti i dipendenti con l’esempio del suo valore ed entusiasmo>> C. Forfetta e Cascinelle (Piave), 17-18 giugno 1918.

Don Giuseppe Salanitri di Bronte (1874-1953), M.B.V.M.

Padre Ruggero Leone Schilirò OFM di Bronte (1886-1981), M.B.V.M.

Don Giuseppe Salanitri di Bronte

Motivazione: <<Esempio d’amor di patria e di cristiana abnegazione, durante l’azione per la Riconquista di posizioni tenute dal nemico, si spinse parecchie volte sin nelle prime linee per raccogliere e confortare i feriti, per incuorare e incitare i combattenti alla lotta>> Zenzon di Piave 12 novembre 1917.

A tutti i combattenti della Grande Guerra, il 18 marzo 1968, nel cinquantenario della vittoria italiana, al fine di «esprimere la gratitudine della Nazione» venne conferita l’onorificenza di Cavalieri di Vittorio Veneto. I 35 sacerdoti, diaconi e chierici della Diocesi di Catania, che furono chiamati alle armi, sopravvissuti alla data dell’istituzioni dell’Ordine, ricevettero l’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto.

Padre Ruggero Leone Schilirò OFM di Bronte

Con l’armistizio del 4 novembre 1918, e la conseguente smobilitazione dell’esercito, vennero trattenuti alcuni di cappellani per il servizio ordinario nei Reparti e la pietosa raccolta dei caduti sui campi di battaglia e la loro tumulazione nei 2300 cimiteri di guerra. Questi Ministri della Chiesa, condividendo le sofferenze dei soldati nel fango, nel freddo delle trincee carsiche, sulle sponde dell’Isonzo e del Piave, sulle navi della Regia Marina e nelle privazioni dei campi di concentramento tedeschi e austro-ungarci, entrarono nel cuore dei combattenti non dalla porta trionfale dei condottieri in armi, bensì dal varco discreto dell’anima, portando sempre in alto la luce del Vangelo di Cristo Risorto, unico Salvatore del mondo.

 Diac. Sebastiano Mangano

Incaricato Diocesano per la Pastorale delle Forze Armate

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