Cultura

Chiesa e monastero di San Nicola l’Arena – Catania

A cento anni della fine della prima guerra mondiale, è doveroso ricordare i Soldati caduti in guerra sepolti nel Sacrario della chiesa di San Nicola l’Arena. Alla fine della prima guerra mondiale, i 680.000 Soldati italiani caduti nei vari fronti, riposavano nei tanti Sacrari monumentali sparsi sui campi di battaglia, per le valli e le montagne di Oslavia, Asiago, Montello, Casteldante, Pocol, Fagarè, Caporetto, Schio, Monte Grappa, Monte Pasubio, Monte Cimone, Passo di Resia, Passo Stelvio, Passo Tonale, Sondrio, San Candido e Redipuglia. In quest’ultimo, con i 100.000 soldati caduti, è sepolta l’unica donna, la Crocerossina Margherita Kaiser Parodi Orlando, morta l’1 dicembre 1918 a soli 21 anni.

Maria Bergamas

Altri caduti furono sepolti nei cimiteri militari di Asiero, Pian di Salesei, Santo Stefano di Cadore e di Aquileia, dove Maria Bergamas, madre del volontario Antonio – caduto in combattimento senza che il suo corpo fosse mai ritrovato – il 26 ottobre 1921, all’interno della basilica patriarcale di S. Maria Assunta di Aquileia scelse il corpo di un soldato, tra undici altre salme di caduti, non identificabili, raccolti in diverse aree del fronte, per essere inumata nell’Altare della Patria, al Vittoriano di Roma il 4 novembre 1921. Altri ancora erano stati sepolti nei Sacrari dei Templi di Bassano del Grappa, Belluno, Bezzecca, Feltre, Fiume, Timau, Trento, Treviso e Udine.

Poi, per volontà dei congiunti, cominciò lentamente il ritorno di un certo numero di caduti nella terra natale. Così tutte le città d’Italia fecero il proposito di dare una degna sepoltura ai propri figli caduti per la Patria. Anche la nostra città, il cui contributo di sangue era stato di oltre 2300 soldati caduti, alcune migliaia di feriti e diversi centinaia di dispersi, sentì il bisogno di accogliere i suoi figli in un luogo degno. In un primo tempo le salme vennero tumulate nelle cappelle delle diverse confraternite che erano presenti nel cimitero di Catania.

Interno della monumentale chiesa di San Nicola l’Arena

Successivamente, l’Associazione Provinciale delle Famiglie dei Caduti in Guerra si assunse il difficile compito di dare ad essi una degna sepoltura in un Sacrario. In un primo momento – come scrisse l’Ufficiale Medico Franco Benanti ne: Il Sacrario dei Caduti in guerra nel Tempio di San Nicolò dell’Abbazia Benedettina del 1975 – si pensò di utilizzare la Cappella che l’Associazione Dante Alighieri aveva cominciato a costruire nel cimitero di Catania per i combattenti deceduti in ospedale, ma la struttura fu subito giudicata insufficiente ad accogliere i caduti già tornati, senza tenere conto degli ulteriori arrivi previsti a breve scadenza.

Altre soluzioni non andarono a buon fine. Di fronte ai tanti problemi già cominciava a insinuarsi negli animi lo scoraggiamento, soprattutto dei reduci che avevano vissuto nella sofferenza e nel dramma la guerra, definita “inutile strage” dal sommo pontefice Benedetto XV  l’1 agosto 1917. A questo punto avanzò una proposta un reduce della Grande Guerra, il Cavaliere di Vittorio Veneto, avv. Vito Pavone (+1975), decorato sul campo di Medaglia d’Argento al Valor Militare il 12 ottobre 1918 sul fronte francese di Fort de Montberault,  che mai aveva dimenticato chi era morto in guerra vicino o lontano da lui. Nel ricordo di questi giovani compagni d’armi – che rimasero uniti nel suo cuore con i due simboli che per i vivi e per i morti in guerra sono sacri, la Croce di Cristo e il Tricolore – fece il giuramento di dare una degna sepoltura ai caduti catanesi.

Così, nella prima decade di ottobre del 1924, ne parlò con padre Alfio La Rosa (1853-1925), Rettore della chiesa di San Nicola l’Arena, che gli propose di far tumulare le salme dei caduti nella cripta, situata sotto l’altare maggiore dove venivano sepolti gli abati e i monaci benedettini. Ma dopo le diverse difficoltà rappresentate dall’apprezzata proposta di padre La Rosa e dagli altri progetti presentati, tra cui quello di inumare le salme nelle pareti delle navate,si pensò di erigere l’attuale Sacrario a nord della sacrestia, in modo di essere distinto “dalla chiesa, ma unito ad essa”.

Il 7 dicembre 1924 venne costituito in una assemblea tenuta nel foyer del Teatro Massimo Bellini il Comitato Esecutivo per l’erigendo Sacrario dei Caduti nel Tempio dei Benedettini, che elesse a presidente l’avv. Vito Pavone. Il neo presidente innanzi tutto propose di restaurare la chiesa, di ricordare in un lapidario in marmo i nomi dei 2300 Caduti catanesi e di dare onorata sepoltura alle salme dei caduti tornate nella città di sant’Agata (+251), di sant’Euplo (+304) e del beato card. G. B. Dusmet (+4 aprile 1894), quell’angelo della carità, che tanti di quei caduti avevano conosciuto e incontrato.

Con la raccolta di 579.000 lire poterono avere inizio i lavori di restauro della chiesa e  l’incisione dei nomi dei caduti della nostra provincia nelle 33 lapidi di marmo, di cui 6 sono ancora in attesa di essere collocare nelle colonne della chiesa. Sulla lanterna della cupola venne collocato un grande faro a luce tricolore, donato dall’ing. Francesco Fusco, direttore della Società Elettrica Catanese. Durante i recenti restauri della cupola, il faro è stato smontato ed attualmente è esposto nella navata destra della grande chiesa.                                                                                                                 

Piazza Palestro

Il 4 novembre 1926 avvenne la prima traslazione  di 96 salme di caduti della Grande Guerra, che furono accolte dalle massime autorità civili, militari e religiose, tra i quali l’arcivescovo card. Giuseppe Francica Nava (+7 dicembre 1928), e da una immensa folla, come scrissero le cronache del tempo,  mentre le salve di artiglieria e il lento rintocco delle campane del Duomo e di San Nicola rendevano l’estremo saluto a questi figli di Catania che venivano inumati nel Sacrario.

I feretri dei Caduti Catanesi esposti nella prima di essere inumati nel Sacrario

Quello che sembrava un sogno di Vito Pavone, ora era realtà. L’opera, ormai terminata, il 4 maggio 1930 venne consegnata alla città alla presenza del “Re Soldato”,  Vittorio Emanuele III. In questa occasione, il grande organo a 5 tastiere di Donato del Piano (1704-1785) – già restaurato e collaudato da Ulisse Matthey (1876 – 1947), primo organista della Basilica della Santa Casa a Loreto, e dall’insigne compositore catanese M° Sac. Salvatore Nicolosi Sciuto (1885-1977) – fece risentire la sua voce, provocando la commozione di tutti i presenti ed evocando nel loro cuore i più alti sentimenti di amor di Patria.

L’organo a 5 tastiere di Donato del Piano dopo il restauro del 1929

Il 27 ottobre 1937, mons. Lorenzo Perosi, Direttore perpetuo della Cappella Sistina – che venne  a Catania per dirigere un concerto di sue composizioni nella chiesa di San Nicola l’Arena – volle visitare il Sacrario e pregare per i nostri caduti. Il  sogno del Ten. Col. Vito Pavone, che fu anche combattente nel secondo conflitto mondiale, era ormai una realtà.

Egli così esprime la sua gioia in un articolo pubblicato dal quotidiano di Catania, Il Giornale dell’Isola: <<Anche a Catania l’Ara della Patria è sorta. Più alta e ambita dimora Catania non avrebbe potuto dare ai suoi figli prediletti, che cadendo sui campi di battaglia la circonfusero di maggiore gloria. La chiesa di S. Nicola l’Arena dei Benedettini, grande di mole e ricca di capolavori d’arte, accoglie ora le salme dei nostri gloriosi Caduti e ricorda con lapidi di marmo, attaccate nei grandi pilastri, i nomi di altri 2300 Eroi catanesi. Questi, ingigantiti nello spazio, consacrati nel tempo mille volte più amati, sono il simbolo più puro, più alto, più bello del dovere, sono la corazza dell’Italia nostra, sono la fiamma più ardente che irradia per i secoli il nuovo sentiero della nuova Italia di Vittorio Veneto>>.

Dal 27 agosto 1972 riposano nel Sacrario – che oggi ha urgente bisogno di restauri – le 900 salme di soldati italiani senza nome, che si sono sacrificati durante la resistenza ad oltranza nella battaglia del Simeto (Operazione Fustian), avvenuta tra il 14 e il 22 luglio 1943, i quali, insieme ai 108 Caduti nei diversi fronti della seconda guerra mondiale, attendono l’ultima risurrezione.

Diac. Sebastiano Mangano

 1° Cap. CRI (ca)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post