Cultura

Rabbula, nacque nel 350 circa a Qinnasrin, città vicina ad Antiochia. Secondo la sua biografia, scritta in siriaco da un anonimo contemporaneo, Rabbula, che era figlio di padre pagano e di madre cristiana, si avvicinò al cristianesimo in seguito a degli incontri con Eusebio, vescovo di Qinnasrin (381 ca.) e con Acacio, vescovo di Aleppo (381 ca.). Si disse che alla decisione di chiedere il battesimo contribuì anche un evento allora ritenuto miracoloso. Nel 400 circa fu battezzato in Palestina nelle acque del Giordano. Tornato in patria lasciò la famiglia, vendette tutti i suoi averi e distribuì il ricavato ai poveri, si separò consensualmente dalla moglie e visse prima come monaco e poi come eremita in zone desertiche, nell’osservanza dei ‘consigli evangelici’, praticando una rigida ascesi. Alla morte di Diogene (+411), vescovo di Edessa di Osroene, Rabbula fu eletto suo successore. In questo ministero egli si distinse per la vita morigerata e ascetica, per la frequenza con cui effettuò la visita alle quasi 200 comunità cristiane della sua diocesi, per le iniziative di assistenza ai poveri e ai bisognosi, per l’energia con cui fece rifiorire tra il clero e i monaci affidati alla sua cura pastorale la disciplina e l’osservanza dei canoni conciliari e, soprattutto, per lo zelo con cui si impegnò a far scomparire le tracce, sempre più avvolgenti, del nestorianesimo e di altre dottrine giudicate eretiche.

Al concilio di Efeso (431), Rabbula sottoscrisse la condanna di Cirillo d’Alessandria (378- 444) e aderì alla teologia di Teodoro di Mopsuestia (350-428), il quale sosteneva che alle due nature, divina e umana, di Cristo corrispondevano anche due persone. Tale eresia sfociò nella visione cristologia sostenuta poi dal patriarca di Costantinopoli Nestorio (386-451). Tornato a Edessa, Rabbula iniziò una corrispondenza con il patriarca Cirillo, di cui divenne amico e sostenitore nelle controversie cristologiche, anzi, si dedicò alla traduzione in lingua siriaca del De recta fide ad Theodosium (PG 76,1153D, 2ss.), che è un insieme di elementi della cristologia di Cirillo e di altre opere dell’Alessandrino. Approvò e sottoscrisse la condanna dell’eresia di Nestorio e, quando si trattò di onorare la Vergine Maria con il titolo di Theotokos, Madre di Dio, Rabbula aderì alle deliberazioni del Concilio di Efeso.

Rabbula, ormai convinto che la vera cristologia era quella della Scuola di Alessandria e del suo vescovo Cirillo, si allontanò dall’amico di un tempo Teodoro di Mopsuestia, ordinando anche di bruciare i suoi scritti. Quest’ordine suscitò lo sdegno di Ibas, che per lunghi anni aveva insegnato nella scuola di Edessa e aveva anche tradotto in siriaco le opere di Diodoro Tarso (Antiochia, 330–392 ca.), e di Teodoro. Ibas si appellò al patriarca Giovanni di Antiochia (+441), sostenitore del nestorianesimo, contro Cirillo di Alessandria. Questi proibì ai vescovi dell’area antiochena di comunicare con Rabbula. In seguito, pacificatosi il rapporti tra Cirillo e i vescovi (433), Rabbula esiliò Ibas da Edessa,. il quale continuò a mantenere le sue posizioni mettendo in agitazione la comunità armena.  Ma ai confini dell’Armenia vigilavano due vescovi cirilliani risoluti: Rabbula di Edessa  e Acacio di Melitene (+430 ca.); furono essi che consigliarono i vescovi armeni a non ricevere gli scritti di Teodoro, eretico e vero padre del nestorianesimo. Alla morte di Rabbula, Ibas, risolutamente antiocheno, fu eletto suo successore nella cattedra episcopale di Edessa (436), continuando a perseverare vivacemente nel sostegno a Teodoro di Mopsuestia e a criticare lo zelo del suo predecessore.

Il lascito più importante di Rabbula è rappresentato dai Canoni per il clero secolare e i monaci (CPG 6490-6491). Inoltre, nell’Epistula ad Gemellinum episc. Perrhae, (CPG 6493), critica l’uso dell’Eucaristia come sostituto del cibo quotidiano da parte di alcuni monaci.

Di Rabbula ci sono pervenuti anche una Omelia contro Nestorio, Inni e frammenti di 46 lettere scritte in greco. L’autore della sua biografia, scritta a Edessa nel 450, dipinge la vita di Rabbula come quella di un santo. Rabbula, che ha anche seguito la cristologia alessandrina del diacono Efrem Siro (+373), morì ad Edessa di Osroene l’8 agosto 436.

Nell’Inno alla Madre di Dio, il vescovo di Edessa scrive: <<Ave Maria, madre di Dio tutta santa, meraviglioso e splendido tesoro di tutto il mondo, luce irradiante, abitazione dell`Incomprensibile, tempio puro del Creatore di tutte le cose! Ave, perché per tuo tramite ci è stato annunziato colui che ha tolto i peccati del mondo e lo ha redento… Come ti loderemo, o umile, tu che sei tutta santa, tu che concedi a tutti i fedeli aiuto e forza! Noi tutti in questo mondo guardiamo su e aspettiamo la speranza della salvezza da te, o umile. Rinforza la nostra fede e dona pace a tutto il mondo. Per questo noi fedeli ti lodiamo come trono cherubico e come aula di Dio nel tempo. Prega e implora per noi tutti, affinché la nostra anima sia salvata dall`ira ventura.

O madre purissima, aiuta noi poveri, come è tuo solito. Tu vedi come noi, figli della terra, ci avviciniamo alla fine e ci perdiamo. Impetraci perciò la grazia con la tua intercessione, o Vergine pura e santa. Supplica continuamente per noi, affinché la nostra malvagità non ci mandi in rovina e rivolgiti a noi, o benedetta, mentre preghi il tuo Unigenito, il Figlio uscito da te, affinché abbia pietà di noi per la tua santa preghiera. Ave, o nave che porta agli uomini la nuova vita. Ave, o rocca santa, in cui scese il re dei re per abitarvi. Ave o umile Vergine, madre di Dio. Orsù benedetta, orsù beata! Porgi per noi al tuo Unigenito, al Figlio uscito da te, tutte le tue suppliche, affinché abbia pietà di noi per la tua santa preghiera.

O santa, intercedi presso il tuo Unigenito per i peccatori che in te cercano rifugio. Perché tutti i flagelli, da cui fu colpita la precedente generazione, sono pronti per noi e ci colpiscono. Vedi come il corruttore ha teso l`arco e pone le saette sulla corda per colpire, come egli usa. Vedi tutti questi segni premonitori nel cielo e sulla terra e i colpi che stringono il cuore. Per questo ci rifugiamo in te, per poter gridare al tuo Figlio dicendogli: Tu che punisci i cuori superbi, o Cristo, tu che colpisci e risani, correggici con la tua misericordia e acquistaci con la tua grazia: usa indulgenza ed abbi misericordia di noi>> (Inni liturgici, 1-5).

Diac. Sebastiano Mangano

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