Cronaca

A Lentini, Francofonte e Carlentini servizi socio-assistenziali in ginocchio. Non si placa l’odissea delle cooperative, associazioni ed operatori sociali che a gran voce chiedono risposte concrete agli enti pubblici per scongiurare un vero e proprio collasso sociale.

Oltre 600 famiglie con anziani, disabili e minori rischiano di non ricevere più l’indispensabile assistenza per ragioni amministrative e finanziarie, 150 lavoratori potrebbero subire licenziamenti e ingenti risorse economiche risultano congelate invece di essere investite per rimettere in moto un sistema welfare fragile e contorto.

Questi i dati che emergono da una nota indirizzata al Dipartimento della Famiglia e Politiche Sociali firmata dalle cooperative sociali Health&Senectus e Iblea Servizi Territoriali, socie della Rete Sol.Co., ONLUS Corallo, Ad Maiora e dall’Associazione Onlus La Meta, che gestiscono il 95% dei servizi sociali nel Distretto in questione.

«Chiediamospiega Francesco Di Mauro, operatore sociale della cooperativa Health&Senectus – l’attivazione di un supporto tecnico per il Distretto D49 a causa dei gravi ritardi nell’erogazione di risorse per le politiche di welfare. Parliamo di circa 4 milioni di euro presenti, mai utilizzati e che saranno dispersi».

È il caso per esempio di oltre 1 milione di euro che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha finanziato nel 2017 per contrastare la povertà con il SIA, PON Inclusione 3, ma che rischia di essere un’utopia. «Molte di queste risorse – continua Di Mauro – hanno una scadenza, per questo serve urgentemente un supporto tecnico esterno che le gestisca e programmi».

L’obiettivo è accendere i riflettori sulla necessità di mettere a sistema risorse spesso frammentate e creare una modalità unica di rendicontazione. Occorre una cabina di regia che coordini le forze e risorse provinciali, analizzando criticità e bisogni del territorio, ma soprattutto porti alla luce le responsabilità che spettano agli enti pubblici.

«Le cooperative sociali sono sul punto del collasso – conclude Di Mauro –. Come possiamo accettare che il Gruppo Piano, che rappresenta di fatto la struttura tecnica per la programmazione del Piano Zona, non si riunisca da tre anni? Servono risposte concrete. Intanto le persone sono private di servizi assistenziali, agli operatori non viene garantito lo stipendio e l’intera macchina organizzativa delle cooperative è messa in discussione».

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