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Mercoledì 15 maggio 1946 re Umberto II firmò il regio decreto legislativo n.455 con cui venne approvato lo Statuto della Regione Siciliana, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia di lunedì 10 giugno 1946 n.133 e l’avvocato Giuseppe Alessi, che sarebbe diventato il primo presidente della Regione, pressò il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi affinché il provvedimento definitivo di approvazione dello Statuto dell’Autonomia fosse promulgato nello stesso giorno, ricorrenza del 55° anniversario della pubblicazione della “Rerum Novarum”. Era quella una data storica per i politici cattolici siciliani che volevano riferirsi esplicitamente alla prima enciclica sociale della Chiesa, firmata da Leone XIII il 15 maggio 1891, frutto dell’intesa del Papa con il suo segretario di Stato, il cardinale siciliano Mariano Rampolla del Tindaro.

La presente riflessione concerne il carattere autonomistico della Regione Siciliana, che costituisce un fenomeno e un fatto straordinariamente innovativo dello Stato italiano, venuto fuori dalla nuova Costituzione, ad un secolo esatto dall’emanazione dello Statuto albertino. L’autonomia politica e, quindi, normativa siciliana fu preceduta da un decentramento amministrativo di carattere burocratico dell’amministrazione statale, che lo Stato unitario mai aveva conosciuto.

Al riconoscimento istituzionale dell’Autonomia regionale si era arrivati a tappe forzate. Con R.D.L. 18 marzo 1944 n.91 era stato istituito un Alto Commissario civile per la Sicilia, assistito da una Giunta consultiva di 9 membri nominati con decreto del capo del Governo provvisorio, sentito il Consiglio dei ministri, per agevolare e preparare l’instaurazione dell’amministrazione regionale fornita di amplissima autonomia. In seguito, con il D. Lg. Lgt. 28-XII-1944 n.416, che allargava notevolmente i poteri dell’Alto Commissario, venne istituita la Consulta siciliana, composta da 24 membri elevati a 36 con il D. Lg. Lgt. 1-II-1945 n.50.

La Giunta era stata trasformata in Consulta regionale così composta: presidente l’Alto Commissario e 36 membri, scelti tra i rappresentanti dei partiti, che a livello nazionale facevano riferimento al Comitato di Liberazione Nazionale, dei sindacati, delle organizzazioni economiche e culturali, tutti nominati dal presidente del Consiglio su proposta dell’Alto Commissario. Il collegio ebbe il compito di preparare le linee fondamentali dell’ordinamento regionale, il primo dopo l’unità d’Italia. Nel maggio 1945 incaricò l’Alto
Commissario di nominare una Commissione con il compito di preparare un piano organico per l’istituzione dell’Autonomia, che risultò composta da 6 rappresentanti dei partiti e 3 esperti.

La commissione, nominata con decreto 1.IX.1945 dell’Alto Commissario, fu presieduta dall’avv. prof. Giovanni Salemi, uno dei padri dello Statuto, ordinario di Diritto Costituzionale e Amministrativo all’Università di Palermo, e preparò un progetto presentato tramite l’Alto Commissario alla Consulta il 18 dicembre 1945; il testo definitivo dello Statuto della nascente Regione Siciliana fu approvato 5 giorni dopo. Da allora il testo è rimasto sostanzialmente invariato poiché il progetto fu trasmesso al Governo nazionale e da questi inoltrato alla Consulta Nazionale. Il presidente De Gasperi riuscì a farlo approvare, senza modifiche, anche dal Consiglio dei ministri e il 4 aprile 1946, immediatamente, per bloccare la propaganda separatista, lo trasmise alla Consulta che lo affidò, per il previsto parere, alle commissioni riunite degli affari politici e amministrativi, finanze, tesoro e giustizia.

Con il parere favorevole della Consulta Nazionale, il Consiglio dei ministri lo approvò nel testo invariato il 15 maggio e lo stesso giorno lo sottopose alla firma del re che lo promulgò con RDL il 15 maggio 1946 n.455, composto di un solo articolo. Subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione, lo Statuto divenne legge costituzionale dello Stato (n.2) il 26 febbraio 1948, dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea Costituente il 31 gennaio precedente, al fine di essere “coordinato con la nuova Costituzione dello Stato”. Fu convertito in legge costituzionale della Repubblica ai sensi dell’art.116 della Costituzione. Lo Statuto dell’autonomia della Sicilia si deve considerare la prima ed autentica carta costituzionale, seppure limitata dalla competenza territoriale, che l’Italia post-bellica abbia avuto.

L’autorità che approvò lo statuto, infatti, fu quella stessa che istituì il referendum istituzionale e costituente del nuovo Stato. Si tratta del Governo, che esercitò di fatto e “de jure” poteri costituenti sia pure provvisori ed eccezionali con il D. Lg. Lgt. n.151 del 1944; in forza di ciò il Governo si attribuì la potestà di deliberare provvedimenti aventi forza di legge (autoqualificatisi “decreti legislativi”), sanzionati e promulgati dal Luogotenente generale del Regno principe Umberto di Savoia, e convocò l’Assemblea Costituente.

Il RDL 15-V-1946 n. 455, pertanto, risulta emanato secondo i criteri di certa legittimità nel contesto di tutta la produzione normativa di quel periodo tanto travagliato. A dirimere ogni dubbio c’è da aggiungere che la XV disposizione transitoria della Costituzione ha convertito in legge il D. Lg. Lgt. 25-VI-1944 n.151, cioè il noto decreto della “costituzione provvisoria”. Ciò premesso ed assodato, l’Ente Regione siciliana, il cui Statuto fa parte delle leggi costituzionali della Repubblica e può essere modificato solo con revisione c.d. costituzionale, è titolare di potestà legislativa primaria di particolare importanza in relazione alle condizioni sociali e culturali dell’Isola, ben presenti alla commissione Salemi. Da qui scaturisce la chiara giurisprudenza costituzionale secondo cui l’art.117 della Costituzione, che elenca le materie di competenza regionale, riguarda solo le regioni ordinarie e non trova alcuna applicazione nei confronti delle Regioni ad autonomia differenziata e in particolare rispetto ala Regione speciale
siciliana.

Lo Statuto siciliano è formalmente e materialmente costituzionale non solo perché adottato con legge costituzionale e modificabile con revisione costituzionale, ma perché disciplina pure materie d’organizzazione costituzionale della Regione. Il carattere singolare e privilegiato dello Statuto siciliano comporta la sua “prevalenza” anche sulla stessa Costituzione, la quale trova applicazione relativamente all’organizzazione della Regione solo per quanto non previsto dallo Statuto medesimo.

La Regione Siciliana, accanto ad una potestà legislativa comune a tutte le regioni –che nel quadro dell’unità dello Stato è limitata dal necessario rispetto degli interessi nazionali e delle riforme economico-sociali- ha una competenza di legislazione esclusiva ex art.14 Statuto Speciale, che trova un limite solo nelle leggi costituzionali. La Regione siciliana, pertanto, esercita parzialmente per determinate materie i poteri legislativi, amministrativi ed esecutivi dello Stato; infatti, dall’ordinamento autonomistico siciliano emergono dei criteri talmente particolari da qualificare la Regione Siciliana come l’unica fornita di poteri molto ampi. Il potere-dovere di produzione giuridica dell’Assemblea Regionale Siciliana trova l’unico limite nelle leggi costituzionali. Dalla competenza normativa esclusiva, che assorbe e sostituisce pienamente la competenza legislativa statale, consegue l’attribuzione alla Giunta di governo regionale delle corrispondenti funzioni amministrative, anch’esse esclusive. Ciò è stato riconosciuto dall’uniforme e costante giurisprudenza di diritto e di legittimità. Si tratta di una competenza propria non di un potere delegato come avviene per tutti gli altri statuti ordinari e speciali.

La Regione Siciliana, in buona sostanza, ha propria potestà amministrativa ed organizzativa per le materie per le quali possiede potestà di legiferare e ciò per il principio del parallelismo, secondo cui un Ente che può legiferare (cioè è autonomo oltre che autarchico territoriale) ha competenza di “governare” i settori ad esso affidati, di far eseguire le proprie leggi mediante amministrazione attiva. In conclusione, affermiamo che la legge regionale siciliana è una nuova fattispecie legislativa che si inserisce fra le fonti del diritto; dunque, è legge formale avente la medesima “vis” giuridica delle leggi dello Stato.

La legge regionale esplica l’efficacia di legge formale anche nei confronti della legge statale preesistente, dati i rapporti di concorrenza e parità fra le fonti legislative statali e regionali. La norma regionale quando viene emanata dall’organo legislativo sulle materie tassativamente previste dall’art. 14 dello Statuto incontra gli stessi limiti delle leggi ordinarie emanate dal Parlamento. Per le materie ivi non tassativamente indicate la competenza è solo dello Stato per tutto il territorio nazionale.

Antonino Blandini

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