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Audrey Hepburn, rimane ancor oggi una delle star del cinema più acclamate, ricordate ed amate. Della sua vita, dei suoi film e del suo impegno come ambasciatrice dell’UNICEF, giornali e rotocalchi hanno sempre raccontato molto, dando l’idea che, nonostante la sua estrema riservatezza, di lei non ci fosse più nulla da scoprire. Ma veramente non c’era nulla da scoprire dietro il sorriso dolce ed ammaliante di Audrey, oltre “Vacanze romane”, “ Colazione da Tiffany” e “Sabrina”? Ebbene dopo la recente uscita del libro “La guerra di Audrey” – Storia di una ragazza coraggiosa che sfidò Hitler, di Robert Matzen, in seguito alle rivelazioni di Luca Dotti, figlio della Hepburn, sono emersi proprio quei lati oscuri e poco conosciuti della nota attrice che ebbe un’infanzia drammatica e che non tutti conoscono. Belga di nascita, aristocratica per parte di madre, abbandonata dal padre inglese negli anni dell’occupazione nazista, fuggita in Olanda con la madre (la baronessa olandese Ella Van Heemstra), l’adolescente Audrey conobbe la fame e la denutrizione, che la segnarono fino a compromettere il suo destino da étoile della danza, arte nella quale era versata. Audrey vide l’ingiustizia del mondo contro la quale dovette combattere sempre fino alla precoce morte, all’età di 63 anni. Il suo stile, la sua grazia, il suo sorriso disarmante, il successo, non bastarono a sanare le ferite dell’infanzia e della sua vita sentimentale. Negli ultimi anni di vita dedicò le sue energie ai bambini, vittime come lei della fame e della guerra, rivelando sensibilità e coraggio. Accomunata in una vita parallela con Anna Frank, vissuta come lei ad Amsterdam nel periodo dell’adolescenza.

Sabrina Tellico in scena (Foto Cristina Iacona)

Partendo dal libro di Matzen, lo scrittore catanese Sal Costa ed il regista di Fabbricateatro Elio Gimbo – che ci ha ormai abituati alle sue creazioni che affondano le mani sui problemi della nostra società, che richiamano soprattutto alla riflessione ed al destino dell’uomo contemporaneo – hanno proposto, dal 6 Agosto al 15 Settembre nella deliziosa location del Giardino Pippo Fava di via Caronda 82, all’interno della rassegna “Sere d’estate in giardino”, la delicata, romantica e toccante pièce “Il segreto di Audrey Hepburn” che si è avvalsa della lineare ed intima scena – pur essendo in un giardino – con pochi oggetti di Bernardo Perrone, degli eleganti costumi di Mario Alfino e del gioco luci di Simone Raimondo. Assistenti alla regia Marilena Spartà e Nicoletta Nicotra.

Cinzia Caminiti nei panni di Molly (Foto Cristina Iacona)

Nell’atto unico, diretto con mano leggera da Elio Gimbo, con l’utilizzo di veloci scene e flash-back che strizzano l’occhio alla carriera cinematografica della Hepburn, tutto parte dalla visita, dall’intervista concordata del giornalista di “Vogue” alla diva. Si entra, così, nell’intimo, nei lati oscuri e nei segreti dell’attrice che confessa a se stessa, al pubblico, raccontando il suo passato tragico, da chiudere nel baule dei ricordi, magari rimuovendo il nazismo, Hitler, le tragedie di quegli anni, con la sua dolcezza, con le sue “Mise”, i suoi film e la sua rinomata dolcezza.

Sulla scena, mentre il pubblico impara già ad amare la complicità tra Audrey e Molly, la sua inseparabile amica e segretaria, durante la lavorazione di “Colazione da Tiffany”, le domande scomode di un preciso giornalista fanno saltare l’equilibrio, il sereno e aristocratico distacco dalla realtà di cui Audrey s’ammanta, aprendo le porte di un passato oscuro, sbriciolando il muro di protezione costruito faticosamente, a difesa della sua integrità emotiva, per svelare orrori e sospetti, di anni volutamente rimossi. Dopo aver cacciato il giornalista Audrey si racconta alla sua Molly, si abbandona ai ricordi della sua vita ed è qui che la pièce diventa più intensa e drammatica, di più ampio respiro, aprendo anche a Primo Levi ed a Jean Améry, raccontando soprattutto, ieri come oggi, del destino comune delle vittime dell’odio razziale, dei totalitarismi, che – a detta del regista Elio Gimbo- sono i due cancri che insidiano l’umanità.

Lo spettacolo, in circa 70 minuti, intriga e commuove il pubblico per i segreti svelati della diva, per la sua leggerezza, risultando quasi una fiaba triste, romantica, come il sorriso, lo sguardo, gli occhi di Audrey, aperti su un mondo che sconvolse, cambiò per sempre, con gli orrori della seconda guerra mondiale e del nazismo, il modo di essere e la sua anima giovanissima.

Sabrina Tellico ed Elio Gimbo (Foto Cristina Iacona)

Protagonisti sulla scena la calzante Sabrina Tellico, estremamente versatile nelle vesti di Audrey Hepbun, ora sbarazzina, ora seria ed infelice con i suoi segreti, accompagnata dall’assistente tuttofare, materna ed affettuosa Molly, resa con leggerezza e vigore (specie quando cambia, a fine lavoro, registro, abiti ed impostazione, richiamando Primo Levi) da una convincente Cinzia Caminiti. Completano il cast Babo Bepari (il fido domestico) e Daniele Scalia nei panni dell’acuto giornalista di “Vogue” ed in quelli di un paparazzo pronto ad immortalare la diva Audrey quando, con grande dolcezza e maestria, cambia i suoi tanti abiti.

Gli applausi finali ai protagonisti (Ph. Dino Stornello)

Significativa e d’effetto la trovata finale della pièce quando il regista Elio Gimbo, in abito scuro, sale sul palco e chiude lo spettacolo danzando con la sua Audrey-Sabrina Tellico che, poi, fugge via, portandosi via i segreti, le emozioni, la bravura e la simpatia del personaggio interpretato e meritandosi gli applausi di un pubblico  sempre presente ed interessato in tutte le nove rappresentazioni. Un lavoro di qualità, di impegno, secondo la linea di ricerca di Fabbricateatro e che consente, quindi, allo spettatore di conoscere nuovi, inediti particolari, della vita di un’attrice tanto amata e tanto coraggiosa.

C.O.

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