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Venerdì 6 dicembre, alle ore 21, sul palco di Zo centro culture contemporanee di Catania, va in scena “Maruzza Musumeci” di Andrea Camilleri, una produzione Lunaria Teatro, con Pietro Montandon, scene e costumi di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza, per la regia di Daniela Ardini. 

Il mito è una fonte inesauribile di possibilità di interpretazioni del presente, delle relazioni tra le cose, i pensieri e il mondo. Anche in una “favola”, leggera, ironica, ma anche un po’ inquietante come quella raccontata da Andrea Camilleri nel suo romanzo Maruzza Musumeci ritornano i motivi classici della sirena – del suo canto che uccide – e di una vendetta covata per millenni contro un Ulisse dedicato ai campi. 

Il protagonista Gnazio Manisco (una sorta di anti- Ulisse) ritorna dall’America senza mai guardare il mare, per dedicarsi a coltivare la terra. Acquista un campo che è come un’isola sull’acqua e decide di sposarsi. La donna di cui si innamora perdutamente è bellissima e canta canzoni meravigliose che solo lui comprende. Da qui si dipanano una serie di eventi sorprendenti che coinvolgono personaggi radicati nella cultura siciliana, dalle più diverse caratteristiche, creati dalla maestria divertita di Andrea Camilleri. Il lavoro per l’adattamento del testo ha rispettato la parola di Camilleri, lasciando la fascinazione del racconto, di una lingua misteriosa (terragna e materica, velata e oscura) che dà forma alle cose e suscita nella memoria di chi l’ascolta una serie infinita di echi e di rimandi. 

In scena Pietro Montandon, attore di grande esperienza e capacità mimetica – interpreta tutti i ruoli! – avendo collaborato sia con primarie compagnie di prosa, sia, per otto anni, con la compagnia internazionale Mummenschanz. Attraverso il susseguirsi incessante degli eventi vogliamo prendere idealmente il pubblico per mano e condurlo in un viaggio attraverso una mitologia rude, selvaggia, sensuale, popolata da Aulissi Dimare, Sirene Catananne, cani feroci ma anche attraverso la poesia, l’ironia e la levità della storia d’amore di Gnazio e Maruzza, fino al messaggio finale dell’immortalità del canto delle sirene racchiuso in una conchiglia che dona l’ultimo conforto a un soldato morente.

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