Intervista con...

Lo abbiamo di recente applaudito su Rai2, nella seconda serie de “Il Cacciatore”, nel ruolo di Nicola Iacono e su RaiUno nei nuovi episodi de “Il Commissario Montalbano” dove interpreta il personaggio di Raccuglia. Inoltre è sempre coinvolto in quello che è il suo mondo, la sua passione, il suo amore: il teatro. Stiamo parlando di Cosimo Coltraro, eclettico, imprevedibile e simpaticissimo attore catanese di cinema, teatro e protagonista di tante fiction tv.

Cosimo Coltraro e Sabrina Tellico in “Alla fine del tempo” – (Ph. Lorenzo Arena)

Catanese verace, del ’66, Coltraro è cresciuto nel popoloso quartiere dei “Cappuccini”, animato sin da piccolo dal fuoco dell’arte, spinto da una notevole curiosità e simpatia. Si è diplomato nel 1989 alla Scuola d’Arte drammatica del Teatro Stabile di Catania, intitolata ad “Umberto Spadaro” e da lì è iniziata la sua carriera, la sua storia professionale d’attore, costellata da grandi esperienze professionali e da grandi incontri. Registi come Andrea Camilleri, Pino Micol, Romano Bernardi, Armando Pugliese, Luca De Fusco, Walter Manfrè, Alberto Sironi e Luigi Perelli e attori come Turi Ferro, Tuccio Musumeci, Lello Arena, Jango Edwards, Sergio Graziani, Ilaria Occhini, Eros Pagni, Remo Girone, Luca Zingaretti hanno accresciuto enormemente la sua esperienza sul palcoscenico e la voglia di mettersi alla prova su terreni sconosciuti.

In questo particolare momento di “riposo forzato” a casa, per l’emergenza Coronavirus, ho contattato telefonicamente il simpaticissimo Cosimo Coltraro e con lui abbiamo parlato della sua passione per il palcoscenico, dei suoi inizi, dei suoi progetti e delle soddisfazioni che gli regala il suo lavoro di attore.

L’attore Cosimo Coltraro

“Comincio questa chiacchierata – ribadisce Cosimo Coltraro parlando della mia terra, la mia Catania. Ci sono nato, ci sono cresciuto, sono diventato “un pezzo di Catania”, sono fortemente terragno, legato ad essa, con tutte le sue contraddizioni. La amo, la odio e quante volte le ho urlato “basta, me ne vado..”, ma poi, come il più cretino degli innamorati, resto qui a godermela, a parlarne come “il posto ideale per viverci”.

Vivere a Catania, nel tuo quartiere, i Cappuccini, come ha formato il tuo carattere?

“Catania, il quartiere dove vivo, con la sua storia, ha forgiato il mio carattere, a volte becero a volte sensibilissimo e questo ne ha fatto la mia forza nel mestiere dell’attore”.

In “Sperduti nel buio” – Foto Dino Stornello

La nascita di Cosimo Coltraro attore e l’importanza della tua professione..

Nasco nell’Accademia del Teatro Stabile di Catania, dove, grazie al mio Maestro Giuseppe Di Martino, uomo che mi ha cambiato la vita, apprendo gli strumenti essenziali per misurarmi in un palcoscenico, con un mestiere cosi legato ai tuoi percorsi di vita vissuta, alle tue scelte, alle tue debolezze. Il mestiere dell’attore, se fatto nel modo giusto, è uno dei mestieri più difficili che possano esistere. Sei sempre a misurarti con il tempo che vivi, ti chiede di trarre forza anche dai tuoi momenti più disperati e, magari, trasferirli, per studio, al personaggio che ti propongono”.

Quando e come è nata la tua passione per il teatro e che cosa ha rappresentato per la tua crescita aver avuto come insegnante Giuseppe Di Martino?

Cosimo Coltraro ed Antonio Caruso “La bottega del caffè” (Ph. Lorenzo Arena)

“La mia passione per il teatro nacque negli anni Settanta. Andavo in giro con il mio skateboard, meta preferita la villa Bellini ed uscendo da via Sant’Euplio passai dal teatro Metropolitan, dove c’era tanta gente fuori. Era l’intervallo di uno spettacolo e curioso com’ero approfittai per rientrare con loro all’inizio del secondo tempo e li vidi un tizio che aveva a che fare con un topo in casa, ero incantato da lui, dal suo modo di raccontare, ammaliante, strano, ipnotico ed alla fine concesse dei bis cantati e la gente era in visibilio. Sul palco c’era Giorgio Gaber. Uscendo da teatro mi convinsi a piena forza, che quello era il mestiere che volevo fare. Chiesi a mia madre e mio padre, che seguivano delle compagnie filodrammatiche, di portarmi con loro a teatro e così cominciai a frequentarlo, fino a farmi scegliere da questo mestiere. Poi, certo, se nel tuo percorso, hai la fortuna di incontrare un insegnante come Giuseppe di Martino, un maestro di vita oltre che di mestiere, il gioco è fatto. Lui mi ha fatto capire il valore della cultura, mi ha educato a leggere, a non rinnegare le origini, a dare peso alle parole, alle azioni di ogni giorno”.

Cosimo in scena

Il tuo lavoro di attore…

“L’unica cosa che questo mestiere ti impone è di crescere in fretta, di bruciare tappe della tua crescita. Ma l’altra faccia della medaglia è stata che il lavoro d’attore, lo studio, ha solo accresciuto la mia innata curiosità di conoscere, la mia curiosità che, tante volte, ha sopperito alla mancanza di studi propedeutici al mestiere dell’attore. Studiare per un attore non vuol dire solo stare sul copione, devi capire, pensare, essere il personaggio che studi, come si muove, dentro quale storia si muove, in che epoca vive. Insomma le famose “circostanze date”, è un lungo percorso, lo studio è questo e molto altro”.

Quali autori o testi preferisci e cosa sono per te la scena, il palco?

“Non ho preferenze nella scelte degli autori e dei testi. Io, di solito, se riesco, arrivo “ignorante” alla lettura del testo, mi faccio sorprendere, ecco e poi, si parte verso la scoperta della storia dei personaggi. Non amo rifare testi che conosco ed ho già fatto, ma, esigenza vuole. La scena, il palco è casa mia, lo è diventata con il tempo, là dove racconto storie, la dove ormai sono sempre più me stesso, nonostante i personaggi che interpreto”.

Cosa vuole oggi, secondo te,  lo spettatore dall’attore in scena?

“Lo spettatore, parte fondamentale nella messa in scena, vuole verità. Vuole identificarsi con le storie che racconti, qualunque esse siano. Vuole vedere un pezzo della loro vita, quindi, quando torna a casa, ha la sensazione di una storia già vista! Ed è per questo che oggi io preferisco sempre raccontare storie “vere”. Il mezzo non ha importanza, il cinema, la televisione, il teatro devono passare solo verità e, quel mostro, che per noi attori è il pubblico, diventerà un bellissimo mostro”.

Cosimo Coltraro in Don Procopio

A quale personaggio che hai interpretato sei più legato?

“Ho sempre amato i personaggi freak, le mie due creature, per eccellenza, sono due “freak” popolari come Don Procopio Ballaccheri e Giufà, anime, a loro modo, di una Sicilia vera, terragna, ignorante, ma furba, che ormai vive solo nei racconti dei grandi scrittori siciliani”.

Un aneddoto, un incontro, una frase particolare che ricordi in questi anni…

“Potrei citarne diversi di aneddoti ed incontri, ma se proprio devo ricordarne qualcuno in particolare, penso ad Eros Pagni, attore immenso. Dopo la prima lettura de “Il mercante di Venezia”, prodotta allora dal teatro del Veneto, lo rincorsi per le calli veneziani e gli dissi “Maestro, lei mi ricorda il mio di maestro, Turi Ferro” e lui mi rispose “Quell’uomo era incredibile, come faceva a recitare con quella naturalezza e, si capisce che vieni da quella scuola”.

Cosimo Coltraro e Cinzia Caminiti Nicotra

Come vedi il futuro del dialetto siciliano e come giudichi il continuo nascere di Scuole di teatro?

“Il dialetto siciliano, come tutte le lingue del mondo, si è evoluto, cambiato, è vittima di un pensare borghese che recita “che chi parla il dialetto è zaurdu”. Infatti non tutti lo parlano più, ne lo sanno scrivere. Sui social si leggono post in dialetto che sembrano traduzioni dal turco o da una lingua morta. La nuova generazione lo sconosce, eppure, noi pensiamo in dialetto, è la nostra vera lingua, l’anima, la nostra forza e speriamo che il decreto ministeriale per i progetti del recupero dei dialetti nelle scuole venga approvato. Le scuole di teatro?Un vecchio saggio dice “chi non sa fare, insegna” ed ho detto tutto. Naturalmente non mi riferisco a tutti, per carità. Oggi il proliferare delle scuole non è solo dovuto ad una esigenza di mercato ma, ad una mancanza propria, per l’attore, di scritture. Quindi, dovendo pur campare, che fa? L’importante è non creare nuovi mostri, ecco”.

Chi avrebbe voluto o potuto essere e chi è, nella vita di tutti i giorni, Cosimo Coltraro?

“Mi vedevo calciatore, nel mondo del calcio. Ma, oggi sono solo pentito di non essermi laureato e di non aver fatto studi classici. Cosimo Coltraro vive il suo tempo, quello che è riuscito a costruire, il tempo dei pentimenti è finito ed è subentrato quello del pensiero consapevole “E’ andata così…va bene””.

Coltraro in “Il Commissario Montalbano” – 2020 – Foto Dino Stornello

Recentemente sei stato protagonista in tv ne “Il Cacciatore” e nei nuovi episodi de “Il Commissario Montalbano”. Come hai preparato i personaggi che hai interpretato?

“I personaggi di Nicola Iacono e Raccuglia hanno avuto una gestazione diversa. Iacono è un personaggio vissuto veramente e, dovevo attenermi, scrupolosamente, a ciò che la storia racconta, senza accelerare su uno spirito critico che lo studio ti porta nel cercare l’interpretazione. Raccuglia, invece, viene dalla fantasia di Camilleri, diciamo che, comunque, rappresenta, come i personaggi descritti in Montalbano, quella Sicilia buona che lavora e che si  stupisce e terrorizza sempre, davanti un omicidio efferato. E partendo da lì poi..”.

Cosimo parla di Cosimo

Una tua opinione sull’inaspettata emergenza Coronavirus, un consiglio ai catanesi sulla situazione e sul “Restiamo a casa”…

“L’emergenza Coronavirus diventa inaspettata perchè siamo un popolo di “sboroni”, di quelli per la serie “A mia non mi putissi capitari mai”. Non abbiamo capito, fino a quando è toccato a noi, quale pericolo è in corso, quindi non bisogna far altro che seguire le istruzioni governative e tutto andrà via per come è venuto. Insomma “restiamo a casa!!”.

Per finire la nostra chiacchierata vorrei chiederti cosa bolle in pentola per Cosimo Coltraro? A cosa stai lavorando e quali sono i tuoi prossimi impegni…

Cosimo Coltraro ed Elio Gimbo alla Sala Di Martino

I miei prossimi impegni sono con il teatro, Coronavirus permettendo. Sarò in scena con un lavoro inedito da Martoglio, “Lu cori non ‘nvecchia”, per la regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, poi dovrebbe seguire un allestimento di “Pinocchio” per la scrittura e traduzione di Franco Scaldati, con la regia di Livia Gionfrida, due produzione dello Stabile di Catania, poi il nuovo spettacolo di Maga Emastema “Noi due in bianco e nero”, con il mio socio insostituibile Emanuele Puglia, spettacolo che racconta le grandi coppie del Varietà e dell’avanspettacolo. Abbiamo poi la sana idea di fare un lungometraggio del nostro spettacolo di maggior successo che è “L’alba del terzo millennio”. Finirò di girare un corto, meraviglioso, tarantiniano, dal titolo “Namesakes” e poi aspetto di valutare nuove occasioni nel cinema e nella tv. Ma intanto speriamo che il buon Dio ce la mandi buona!!!“.

Cosimo Coltraro – Video provino

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