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Dibattendo sul Covid-19, sulla chiusura dell’attività del settore dello spettacolo dal vivo e di come si dovrà ripartire dal prossimo 15 Giugno, stavolta ho voluto sentire le impressioni, le opinioni, le previsioni sul tema – ancora tanto dibattuto – di Saverio La Ruina, Dario De Luca e Settimio Pisano della compagnia Scena Verticale nata nel 1992 a Castrovillari (Cosenza) e che ha debuttato nel ’96 con La Stanza della memoria, testo e regia di Saverio La Ruina e Dario De Luca. Scena Verticale è una compagnia di produzione, riconosciuta dal MIBAC e dalla Regione Calabria, che ha ricevuto molti dei principali riconoscimenti nazionali e che dirige e organizza il Festival Primavera dei Teatri considerato un punto di riferimento della nuova scena teatrale nazionale.

Ecco, quindi, cosa ne pensano Saverio La Ruina, Dario De Luca e Settimio Pisano.

Da sinistra Pisano, De Luca e La Ruina

“Sarà perché vengo da una famiglia di artigiani, ma sono stato educato a considerare le pause non semplicemente come una convenienza e un lusso, ma come una necessità. Un imperativo imposto da mio padre nel metodo di rilegatura dei libri è la pausa dopo ogni fase di lavorazione: “Interrompi, accenditi una sigaretta, fai quello che vuoi, ma fermati a guardare quello che hai fatto. Devi solo guardare. È il libro che ti dice quello che va e quello che non va. Se non ti fermi, non te ne accorgi”.

“Questo scriveva Sandro Onofri– spiegano Saverio La Ruina, Dario De Luca e Settimio Pisanonel suo “Le magnifiche sorti” del’97. Come lui, anche noi abbiamo guardato a quanto fatto fin qui. E il lascito, se ci sarà, confluirà nel prossimo lavoro, o nell’altro ancora, o forse nell’evoluzione della compagnia, o anche del festival. Tra l’altro, uno di noi proviene da una famiglia di contadini. Lì una stagione di pioggia o di gelo o di caldo torrido mandava all’aria il raccolto. Si rimaneva completamente bloccati. E prima ancora di lamentarsi, si salvava il salvabile e si cercavano soluzioni per il futuro. Si pregava anche. Modalità con le quali si tendeva a ritrovare un migliore equilibrio psichico dopo la catastrofe. Anche se ora il senso religioso non è più diffuso allo stesso modo, la pausa e il silenzio di questo periodo ci chiamano a meditare sulle cose fondamentali: dove andiamo? Cosa cerchiamo? Cosa ci è realmente necessario? Ci lamentiamo dei ritmi frenetici, dell’impossibilità di dedicarci a ciò che desideriamo, con la lentezza necessaria per acquisire in profondità quello che leggiamo, vediamo, esperiamo, ma poi, al di là dell’avere o meno risorse, appena privati della nostra funzione lavorativa veniamo risucchiati dall’angoscia. A dimostrazione che siamo alla mercé (o merce) di questi tempi più di quanto non sappiamo. Già questo è un ottimo motivo per restarcene in silenzio a riflettere. Ma poi c’è sempre un’intervista, o una lettura video, o una riflessione, uno scritto richiesti che ci impediscono di farlo appieno. Al di là del caso specifico, che ha le sue ragioni nell’amicizia e in un dialogo in corso, le richieste piombate addosso ai lavoratori dello spettacolo di questi tempi superano di gran lunga quelle che ci arrivano in tempi normali. Ci chiediamo: ma non eravamo rimasti bloccati e costretti a fare niente?“.

Saverio La Ruina

“Come sarà il dopo? Nei secoli ci sono state le pesti, all’inizio del ventesimo la Spagnola (impressionanti le immagini di uomini e donne così simili a noi con le stesse mascherine di ora a un secolo di distanza: non sembrano foto di adesso?), epidemie che hanno quasi dimezzato la popolazione mondiale, recentemente altri virus meno devastanti di questo, o perlomeno alle nostre latitudini, ma sempre gli uomini sono gradualmente tornati ai comportamenti di sempre. Non perché si è irresponsabili, ma molto semplicemente perché siamo su questo mondo per vivere e non per ritrarci. Siamo quindi convinti che il Covid non cambierà per sempre le nostre abitudini, a parte i fenomeni che ha solo accelerato tipo lo smart working e la digitalizzazione, ecc. Anzi, all’interno di questo inevitabile processo tecnologico pensiamo che il teatro diventerà sempre più unico e irrinunciabile perché conserverà le peculiarità fondamentali dell’uomo, come la relazione ravvicinata tra simili e le emozioni che solo in questa dimensione possono intercorrere”.  

“La lucidissima riflessione di Massini su La7 ha portato un pubblico ampio come quello televisivo a capire in concreto che consumiamo arte e cultura dando per scontato che ci siano, come ci hanno emozionato e nutrito e aiutato a resistere in questo periodo di solitudine, mentre ci sono solo perché dei ‘parassiti’ hanno lavorato (speso il loro tempo) per comporle e crearle. Tornando al virus, crediamo che questo disastro, totalmente provocato dall’uomo nella sua relazione con gli altri e con l’ambiente, è una spia allarmante ma salvifica del nostro comportamento: ci ‘invita’ a cambiare tante cose del nostro modo di vivere e di pensare. La manifestazione di una malattia, se si interviene con tempismo, non è soltanto negativa, perché ci chiama a intervenire prima che vada in metastasi. Quindi, a fatto ormai compiuto e irreversibile, guardiamo anche con gratitudine e costruttivamente agli atteggiamenti virtuosi verso cui ci spinge. Purtroppo, nessuno potrà restituire i propri cari a chi li ha persi in un modo che ha offeso e forse anche ridicolizzata la sacralità dell’atto della morte. Crediamo che pagato il grande scotto di questo periodo, che forse non vedrà tutti noi operatori sulla linea di ripartenza, qualcuno azzoppato, altri magari più forti come dopo ogni grande crisi, forse si potranno sperimentare alcune proposte nate in questo periodo. Come quella di Gabriele Vacis verso un teatro sempre aperto compreso visite e prove, tenendo presente però che le prove di uno spettacolo hanno anche bisogno di solitudine e di un rapporto intimo ed esclusivo tra regista e attore perché il mistero della creazione possa concretizzarsi nella sua forma più autentica”.

“Ancora non è del tutto definito – concludono La Ruina, De Luca e Pisanol’intervento da parte di Stato e Regioni su teatro pubblico e realtà indipendenti. Se non sarà lungimirante, molti di noi non si presenteranno ai blocchi di partenza, e non è detto che quelli che si presenteranno saranno in assoluto i migliori. Se gli aiuti vorranno essere davvero virtuosi dovranno riuscire a guardare il mondo teatrale in tutte le sue sfaccettature. Per quanto riguarda Primavera dei Teatri, il suo futuro e le modalità in cui potrà essere declinata dipendono sia dall’intervento della Regione, che è il nostro principale sostenitore, sia dall’evoluzione del Covid e dei relativi protocolli. Ci piacerebbe non andasse perduto l’immenso lavoro fatto prima dell’arrivo del virus e poter recuperare, anche a fine estate inizio autunno, i debutti importanti che avevamo previsto. Ma stiamo anche pensando a modalità alternative qualora la sua evoluzione e le restrizioni dei protocolli non ci permettessero di presentare gli spettacoli dal vivo“.

Masculu e fiammina” di Saverio La Ruina – Scena Verticale

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