Cultura

Cirillo, patriarca di Alessandria, che è legato alla controversia cristologica che nel 431 portò al Concilio di Efeso, è l’ultimo rappresentante di rilievo della tradizione alessandrina.  Nell’Oriente greco Cirillo fu più tardi definito «custode dell’esattezza», cioè custode della vera fede, e addirittura «sigillo dei Padri». Queste antiche espressioni esprimono bene un dato di fatto che è caratteristico di Cirillo, e cioè il costante riferimento del patriarca di Alessandria agli autori ecclesiastici precedenti, tra cui soprattutto Atanasio d’Alessandria (295 ca – 373), con lo scopo di mostrare la continuità della propria teologia con la Tradizione. Egli si inserisce volutamente, esplicitamente nella Tradizione della Chiesa, nella quale riconosce la garanzia della continuità con gli Apostoli e con Cristo stesso.

Le notizie sulla vita di Cirillo prima della sua elezione all’importante sede di Alessandria sono pochissime. Nipote di Teofilo – che dal 385 fu autorevole patriarca della sede alessandrina – Cirillo, che nacque probabilmente nella stessa metropoli egiziana nel 370 ca., venne presto avviato alla vita ecclesiastica e ricevette una buona educazione, sia culturale che teologica. Nel 403 era a Costantinopoli al seguito dello zio dove partecipò al Sinodo detto della Quercia, che depose il patriarca, Giovanni, detto più tardi Crisostomo, segnando così il trionfo della sede alessandrina su quella tradizionalmente rivale di Costantinopoli, dove risiedeva l’imperatore.

Alla morte dello zio Teofilo, l’ancora giovane Cirillo il 18 ottobre 412 fu eletto vescovo dell’influente Chiesa di Alessandria da lui governata con grande energia per trentadue anni con l’intento sempre di affermarne il primato in tutto l’Oriente, forte anche dei tradizionali legami con Roma. Qualche anno dopo, nel 418, il vescovo di Alessandria si dimostrò realista nel ricomporre la rottura della comunione con Costantinopoli, che era in atto ormai dal 406 in conseguenza della deposizione del vescovo Giovanni Crisostomo. Ma il vecchio contrasto con la sede costantinopolitana si riaccese una decina di anni più tardi, quando nel 428 vi fu eletto patriarca Nestorio (10 aprile 428 – 11 luglio 431), un autorevole e severo monaco di formazione antiochena.

Il nuovo patriarca di Costantinopoli, infatti, suscitò presto opposizioni perché nella sua predicazione preferiva per Maria il titolo di Christotókos, «Madre di Cristo» in luogo di quello – già molto caro alla devozione popolare – di Theotókos, «Madre di Dio». Motivo di questa scelta di Nestorio era la sua adesione alla cristologia della scuola antiochena che, per salvaguardare l’importanza dell’umanità di Cristo, finiva per affermarne la divisione dalla divinità. E così non era più vera l’unione tra Dio e l’uomo in Cristo e, naturalmente, non si poteva più parlare di Theotókos. La reazione di Cirillo, allora massimo esponente della cristologia alessandrina, che intendeva invece sottolineare l’unità della persona di Cristo, fu quasi immediata e si dispiegò fortemente già dal 429 anche con alcune lettere inviate allo stesso Nestorio.

La Discesa dello Spirito Santo
 Scuola di Novgorod – XV sec

La prima lettera del 429 provocò una forte irritazione di Nestorio e la seconda lettera che Cirillo indirizzò nel febbraio del 430 al vescovo di Costantinopoli ebbe un esito ancor peggiore, la dove leggiamo una chiara affermazione del dovere dei vescovi di preservare la fede del popolo di Dio. Questo era il suo criterio, peraltro valido anche oggi: la fede del popolo di Dio è espressione della Tradizione, che è garanzia della sana dottrina. Così scrive a Nestorio: «Bisogna esporre al popolo l’insegnamento e l’interpretazione della fede nel modo più irreprensibile e ricordare che chi scandalizza anche uno solo dei piccoli che credono in Cristo subirà un castigo intollerabile».

Nella stessa lettera a Nestorio, che nel 451 sarebbe stata approvata dal Concilio di Calcedonia,  Cirillo descrive con chiarezza la sua fede cristologica: «Affermiamo così che sono diverse le nature che si sono unite in vera unità, ma da ambedue è risultato un solo Cristo e Figlio, non perché a causa dell’unità sia stata eliminata la differenza delle nature, ma piuttosto perché divinità e umanità, riunite in unione indicibile e inenarrabile, hanno prodotto per noi il solo Signore e Cristo e Figlio». E questo è importante: realmente la vera umanità e la vera divinità si uniscono in una sola Persona, il Nostro Signore Gesù Cristo.

Perciò, continua il patriarca di Alessandria, «professeremo un solo Cristo e Signore, non nel senso che adoriamo l’uomo insieme col Logos, per non insinuare l’idea della separazione col dire “insieme”, ma nel senso che adoriamo uno solo e lo stesso, perché non è estraneo al Logos il suo corpo, col quale siede anche accanto a suo Padre, non quasi che gli seggano accanto due figli, bensì uno solo unito con la propria carne». Presto il patriarca di Alessandria, grazie ad accorte alleanze, ottenne che Nestorio fosse ripetutamente condannato: da parte della sede romana con una serie di dodici anatemi da lui stesso composti e, infine, dal Concilio tenutosi a Efeso nel 431.

L’assemblea, svoltasi con alterne e tumultuose vicende, si concluse con il primo grande trionfo della devozione a Maria e con l’esilio di Nestorio che non voleva riconoscere alla Vergine il titolo di Theotókos, a causa di una cristologia sbagliata, che apportava divisione in Cristo stesso. Dopo avere così prevalso su Nestorio e sulla sua dottrina, Cirillo seppe però giungere nel 433, a una formula teologica di riconciliazione con gli antiocheni. E anche questo è significativo: da una parte c’è la chiarezza della dottrina di fede, ma dall’altra anche la ricerca intensa dell’unità e della riconciliazione. Negli anni seguenti si dedicò in ogni modo a difendere e a chiarire la sua posizione teologica.  

Gli scritti di Cirillo, davvero molto numerosi e molto diffusi anche in diverse traduzioni latine e orientali già durante la sua vita, a testimonianza del loro immediato successo, sono di primaria importanza per la storia del cristianesimo. Importanti sono i suoi commenti a molti libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, tra cui l’intero PentateucoIsaia, i Salmi e i Vangeli di Luca e di Giovanni. Rilevanti sono pure le molte opere dottrinali, in cui ricorrente è la difesa della fede trinitaria contro le tesi di Ario e contro quelle di Nestorio. Base dell’insegnamento di Cirillo è la Tradizione della Chiesa e, in particolare, gli scritti di Atanasio, il suo grande predecessore sulla sede alessandrina.

La Pentecoste,
Duccio di Boninsegna 1308-1311 – Museo dell’Opera del Duomo di Siena

Tra gli altri scritti di Cirillo vanno infine ricordati i libri Contro Giuliano, ultima grande risposta alle polemiche anticristiane, dettata dall’Alessandrino probabilmente negli ultimi anni della sua vita per replicare all’opera Contro i Galilei, composta nel 363 dall’imperatore Giuliano, detto l’Apostata per avere abbandonato il cristianesimo nel quale era stato educato. Di Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato, Cirillo di Alessandria è stato un instancabile e fermo testimone, sottolineandone soprattutto l’unità, come egli ripete nel 433 nella prima lettera a Succenso, vescovo di Diocesarea: «Uno solo è il Figlio, uno solo il Signore Gesù Cristo, sia prima dell’incarnazione sia dopo l’incarnazione. Infatti non era un Figlio il Logos nato da Dio Padre, e un altro quello nato dalla santa Vergine; ma crediamo che proprio Colui che è prima dei tempi è nato anche secondo la carne da una donna».

Questa affermazione, al di là del suo significato dottrinale, mostra che la fede in Gesù Logos nato dal Padre è anche ben radicata nella storia perché, come afferma Cirillo, questo stesso Gesù è venuto nel tempo con la nascita da Maria, la Theotókos, e sarà, secondo la sua promessa, sempre con noi. E questo è importante: Dio è eterno, è nato da una donna e rimane con noi ogni giorno. In questa fiducia viviamo e troviamo la strada della nostra vita.

Il patriarca di Alessandria così espone nella sua Catechesi l’opera mirabile delloSpirito Santo: <<Qualcosa di grande, e onnipotente nei doni, e ammirabile, lo Spirito Santo. Pensa, quanti ora sedete qui, quante anime siamo. Di ciascuno egli si occupa convenientemente; e stando in mezzo (cfr. Ag 2,6) (a noi) vede di che cosa ciascuno è fatto; vede anche il pensiero e la coscienza, ciò che diciamo e abbiamo nella mente. E` certamente cosa grande ciò che adesso ho detto, ma ancora poco. Vorrei che tu considerassi, illuminato da lui nella mente, quanti sono i cristiani di tutta questa diocesi, e quanti di tutta la provincia della Palestina.

Di nuovo spazia col pensiero da questa provincia a tutto l`impero romano; e da questo rivolgi lo sguardo a tutto il mondo; le stirpi dei Persiani, e le nazioni degli Indi, Goti e Sarmati, Galli, e Ispani, Mauri ed Afri ed Etiopi, e tutti gli altri, dei quali non conosciamo neanche i nomi; ci sono molti popoli, infatti, dei cui nomi non ci venne neppure notizia. Considera di ciascun popolo i vescovi, i presbiteri, i diaconi, i monaci, le vergini, e tutti gli altri laici; e guarda il grande reggitore e capo, e largitore dei doni; come in tutto il mondo a uno dà la pudicizia, a un altro la perpetua verginità, a un altro ancora la misericordia (o la passione dell`elemosina), a uno la passione della povertà, ad un altro la forza di fugare gli spiriti avversi; e come la luce con un solo raggio illumina tutto, così anche lo Spirito Santo illumina coloro che hanno occhi. Poichè se uno che vede poco con l`aiuto della grazia non si dona affatto, non accusi lo Spirito ma la sua propria incredulità. Avete visto la sua potestà che egli esercita in tutto il mondo. Ora, perché la tua mente non sia rivolta alla terra, tu sali in alto: sali col pensiero fino al primo cielo, e contempla le innumerevoli miriadi di angeli che ivi esistono.

Cirillo d’Alessandria 
Affresco – Santa Maria Antiqua – VIII sec,  Roma

Sempre col pensiero, sforzati di salire a cose ancora più alte, se puoi; mira gli arcangeli, mira gli spiriti; guarda le virtù, guarda i principati; guarda le potestà, i troni, le dominazioni. Di tutti questi è stato dato da Dio chi stia loro a capo, il Paraclito. Di lui hanno bisogno Elia ed Eliseo e Isaia tra gli uomini; di lui, tra gli angeli, Michele e Gabriele. Nessuna delle cose generate (o meglio create) è pari a lui nell`onore; infatti tutti i generi degli angeli, e gli eserciti tutti insieme riuniti, non possono avere alcuna parità ed uguaglianza con lo Spirito Santo. Tutte queste cose ricopre e oscura totalmente la buona potestà del Paraclito. Quelli infatti sono inviati per il ministero e questi scruta anche le profondità di Dio; come dice l`Apostolo: <<Lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell`uomo se non lo spirito dell`uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio>> (1Cor 2,10ss).

Fu lui a predicare del Cristo nei profeti: lui ad operare negli apostoli: ed è lui che fino ad oggi segna le anime nel Battesimo. E il Padre dà al Figlio e il Figlio comunica allo Spirito Santo. E’ lo stesso Gesù, infatti, non io, che dice: <<Tutto mi è stato dato dal Padre mio>> (Mt 11,27); e dello Spirito Santo dice: <<Quando però verrà lo Spirito di verità, …  egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l`annunzierà>> (Gv 16,13-14). Il Padre dona tutto attraverso il Figlio con lo Spirito Santo. Non è che una cosa sono i doni del Padre, e altri quelli del Figlio, e altri quelli dello Spirito Santo; una infatti è la salvezza, una la potenza, una la fede. Un solo Dio, il Padre un solo Signore, il suo Figlio unigenito; un solo Spirito Santo, il Paraclito>> (Cirillo di Aless., Catechesis XVI, De Spir. Sancto, I, 22-24).

Il patriarca Cirillo anche nel suo De Sanct. Trinit., sforza di sostenere la lotta contro le eresie, facendosi forte  dello Spirito del Signore: <<Paolo, scrivendo a Timoteo, dice: <<Custodisci il buon deposito con l`aiuto dello Spirito Santo che abita in noi>> (2Tm 1,14). Ai Romani poi: “Non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all`obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito Santo (Rm 15,18). E ancora: <<Vi esorto perciò, fratelli, per il Signore Nostro Gesù Cristo e l`amore dello Spirito Santo, a lottare con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio>> (Rm 15,30).

Ai Corinzi: <<O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio>> (1Cor 6,19). E ancora: <<Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito>> (1Cor 6,17). Ecco che apertamente qui afferma che c`è lo Spirito del Signore e facendolo ancora più apertamente, così di nuovo scrive ai Giudei: <<Fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell`Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto. Il Signore è Spirito e dove c`è lo Spirito del Signore c`è libertà>> (2Cor 3,14-17).

E ancora: <<E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l`azione dello Spirito del Signore>> (2Cor 3,18). Poiché dunque uno è il Signore Gesù Cristo, secondo la sentenza di Paolo, [questi] chiama il Signore veramente Spirito, e non riconosce alcuna differenza del Figlio e dello Spirito, ma lo chiama col nome del Signore in quanto in lui e per lui naturalmente esistente>> (Cirillo di Aless., De Sanct. Trinit., Assertio 34).

Cirillo, morto ad Alessandria il 27 giugno del 444, è venerato come santo sia in Oriente che in Occidente. Conosciuto anche come il Doctor Incarnationis, Cirillo di Alessandria il 28 luglio 1882  fu proclamato Dottore della Chiesa dal papa Leone XIII, il quale contemporaneamente attribuì lo stesso titolo anche ad un altro importante esponente della patristica greca, Cirillo di Gerusalemme (313 – 386). Si rivelavano così l’attenzione e l’amore per le tradizioni cristiane orientali di papa Leone XIII, che nel 1890 volle proclamare Dottore della Chiesa anche Giovanni Damasceno (675-749), mostrando così la sua convinzione circa l’importanza di quelle tradizioni nell’espressione della dottrina dell’unica Chiesa di Cristo.

Diac. Sebastiano Mangano

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