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Teatro a Catania, tra passato e futuro. “La nostra eredità non è preceduta da nessun testamento”. Questo il titolo della video conferenza in diretta Facebook organizzata dal Centro teatrale Fabbricateatro, oggi pomeriggio, 4 Giugno, alle ore 18.00. Interverranno all’iniziativa – coordinata da Daniele Scalia, presidente di Fabbricateatro – Egle Doria, attrice, (Associazione Madè, Catania ); Elio Gimbo, regista, direttore artistico di Fabbricateatro, Catania; Nicola Alberto Orofino, regista e attore; Salvo Nicotra, regista, direttore del Centro teatrale e culturale Magma di Catania; Silvio Parito, operatore culturale e responsabile organizzativo Centro ZO di Catania. La regia e le riprese saranno curate da Gianni Nicotra.

“La nostra eredità non è preceduta da alcun testamento”. Il motto della nostra iniziativa – spiega il regista Elio Gimboè tratto da un testo del poeta e partigiano francese René Char, scritto all’indomani della fine della seconda guerra mondiale. Egli si riferiva alla sua generazione che con il proprio sangue aveva liberato l’Europa dall’orrore nazi-fascista e si trovava sgomenta sul modo in cui ricostruire materialmente e spiritualmente un continente devastato. Durante la guerra le attività teatrali erano state messe a dura prova, eppure erano riuscite a sopravvivere, divenendo, nei casi migliori, strumenti di resistenza (si pensi a due mitiche ricostruzioni cinematografiche del XX secolo sul ruolo rivoluzionario del teatro: Vogliamo vivere (To be or not to be) di Ernst Lubitsch e L’ultimo metro di Francois Truffaut). Forse la pandemia del Covid è il colpo più virulento che gli spettacoli dal vivo abbiano subito dalla fine del conflitto mondiale. Ci sono delle soluzioni per uscire da questa crisi?. Ne parleremo oggi, insieme, durante la nostra iniziativa. Lo scopo è quello di offrire una nostra comune riflessione a chi, nel nostro ambiente di lavoro, avverte l’esigenza di idee, di pratiche, di sentieri praticabili che portino fuori dall’attuale situazione di stallo, o di chi avverte l’esigenza anche  solo di una speranza.

Personalmente sono ottimista e il mio ottimismo pianta le sue radici nel passato di questa nostra arte così arcaica. Sempre il teatro, con tutti i suoi paradossi economici di “arte bisognosa”, si è trovato ad inventare la propria sopravvivenza; le donne e gli uomini che nei secoli lo hanno tenuto in vita con la pratica quotidiana, sempre hanno dovuto combattere per la propria stessa esistenza; dunque chi meglio di noi può, a ragion veduta, dare un esempio di sopravvivenza? Recita un proverbio: ciò che non ti uccide ti rafforza; e questo istinto chi fa teatro lo ha nel sangue. Può darsi ad esempio che ciò che oggi ci appare senza soluzione in realtà sia “La soluzione”, a ciò che fino a ieri era “il problema”.

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