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“Che ci azzecca” è la nuova campagna informativa di Pfizer sulla prevenzione dell’Encefalite da zecca (TBE), una delle malattie più pericolose trasmesse dal morso di zecche infette. L’idea alla base del progetto, che vede protagonista l’attore Paolo Ruffini, è ispirata al noto modo di dire comune e dà vita a una serie di contenuti costruiti su un gioco di parole, fatto anche di iperboli, per raccontare situazioni di contrasto, evidenziare possibili eventi di rischio e informare su una patologia ancora poco conosciuta, pericolosa ma prevenibile.

“Non ti è mai successo nulla? Che ci azzecca”

La campagna “Che ci azzecca” si sviluppa in una serie di 4 video pillole che raccontano altrettante situazioni potenzialmente a rischio per la possibilità di trasmissione della TBE, perché a volte ci si comporta con leggerezza per mancanza di informazioni: si passa dal jogging tra i boschi, a una sessione di trekking, a un tranquillo pic-nic di famiglia, fino al camping.

https://youtu.be/r6TNLE3CCNU

In tutti gli episodi Paolo Ruffini interagisce con una serie di personaggi incontrati lungo il suo percorso che lo redarguiscono sulla sua superficialità nei confronti dei rischi della TBE e gli danno le informazioni corrette sui comportamenti da tenere durante le sue attività. Solo alla fine Ruffini dimostrerà di aver imparato la lezione e di essere consapevole di quanto anche in queste circostanze usuali di vita quotidiana e attività all’aria aperta il rischio di prendere la malattia sia sempre presente e di quanto sia importante la prevenzione.

Sviluppata con un linguaggio divertente e dal tono leggero, pur mantenendo rigore scientifico e veicolando le informazioni corrette, la campagna “Che ci azzecca” è stata attivata su molteplici canali di comunicazione per sensibilizzare sui rischi della TBE, che vede in questo periodo il picco della sua trasmissione, soprattutto nelle zone endemiche (aree in cui la TBE è maggiormente presente) che, in Italia, vengono identificate nelle regioni del Triveneto.

L’estate sta finendo ma la prevenzione rimane importante

La bella stagione volge al termine ma il clima mite invoglia ancora a fare qualche giorno di vacanza e, quest’anno più che mai, gli italiani hanno voglia di allungare il periodo di ferie, magari con brevi gite fuoriporta nel weekend, anche se solo in zone di prossimità. Resta alta la voglia di attività all’aria aperta, da soli o in famiglia, con lunghe passeggiate tra i boschi e piacevoli pic nic in mezzo ai prati, o fare sport outdoor come trekking, mountain bike, campeggio o semplice jogging. Per tutti resta, però, fondamentale non abbassare la guardia ed essere preparati al rischio di incontrare insidiosi compagni di viaggio, come le zecche, piccoli parassiti che in alcune regioni possono essere infetti e, pungendo gli esseri umani, possono trasmettere gravi malattie come l’encefalite da zecca (TBE).

“Le stagioni “preferite” dalle zecche sono la primavera e l’autunno,  ma anche in questo periodo è fondamentale stare attenti quando si praticano attività all’aria aperta o ci si reca nelle zone più a rischio di incontro con questi piccoli parassiti, tra l’erba dei prati o in montagna nei pressi di zone boschive. ” – dichiara il Dott Alberto Tomasi, Presidente della Società Italiana di Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni (SIMVIM) – “Attenzione, dunque, all’abbigliamento, privilegiate pantaloni lunghi e ispezionate sempre il corpo al vostro rientro a casa ma la vaccinazione resta la più efficace misura protettiva contro l’encefalite da zecca (TBE). La profilassi è indicata soprattutto negli adulti e bambini che risiedono o si recano nelle zone “a rischio” ed è necessario ricordare che è importante completare il ciclo di vaccinazione ed effettuare i richiami, in modo da assicurarsi una protezione adeguata contro l’infezione”.

TBE: pericolosa e poco conosciuta, ma prevenirla si può

L’encefalite da zecca si manifesta con sintomi quali febbre, stanchezza, mal di testa, dolore muscolare e nausea. Nei casi più gravi può coinvolgere il sistema nervoso centrale e provocare problemi neurologici a lungo termine e, in alcuni casi, anche la morte.

Resta, però, una patologia ancora poco nota in Italia ed esiste poca consapevolezza dei rischi e delle forme di prevenzione attuabili.

Già da una ricerca svolta in 20 Paesi europei da GfK SE[1] per conto di Pfizer, era emerso un grado variabile di conoscenza sia della malattia che delle forme di prevenzione. Tra i Paesi fortemente endemici (come la Finlandia, l’Austria, la Repubblica Ceca) e quelli parzialmente endemici (come l’Italia, la Germania e la Svezia) i dati evidenziano uno scostamento rilevante: nel primo caso, è dell’80% la percentuale di quanti conoscono la malattia (vs il 59%) e il 70% sa dell’esistenza del vaccino (vs il 37%).

In particolare, in Italia 1 intervistato su 3 conosce la TBE, 1 su 2 nel Triveneto, zona fortemente endemica; 1 su 10 è a conoscenza sia della patologia che dell’esistenza di un vaccino per prevenirla e, tra questi, il 2% conosce e ha effettuato il vaccino, percentuale che sale al 4% nelle zone endemiche del Paese.

Quando si tratta della cura, sia in Italia che nel resto d’Europa, gli intervistati ritengono, erroneamente, che la TBE possa essere trattata con gli antibiotici e che questi siano senz’altro almeno parte del percorso terapeutico.

Tra quanti sono consapevoli della malattia e dei suoi rischi, il 6% pensa, correttamente, che non ci sia nessuna cura per la TBE, mentre il 45% non sa quali siano i trattamenti necessari.

Parlarne col proprio medico è necessario per conoscere le forme di prevenzione (1 persona su 3 di quelle che si sono vaccinate lo ha deciso dopo aver parlato con il proprio medico; tra i non vaccinati, invece, circa il 25% ha dichiarato di non sentirsi a rischio o di non vivere in zone considerate a rischio come motivazione principale, mentre il 15% non si vaccina perché non è solito visitare zone endemiche) e alla fine di ogni video pillola Pfizer rinnova l’invito a farlo.

“Vorrei per inciso far presente come la pandemia di COVID-19 abbia riportato attenzione e consapevolezza sul grande valore della prevenzione individuale e collettiva.” – riprende Tomasi – “Nel caso specifico, abbiamo ad esempio sperimentato sulla nostra pelle come l’assenza di un vaccino per malattie gravi ed inedite possa comportare misure straordinarie che possono inficiare anche la libertà individuale. In realtà, ciò vale in linea generale a chiarire e rafforzare un concetto fondamentale e sempre valido: la vaccinazione va vista come un’opportunità per tutti, per un futuro libero da malattie che oggi possono essere prevenute proprio grazie ai vaccini. E tra queste, seppur con le dovute differenze dovute alle modalità di trasmissione della malattia, mi preme ricordare anche l’importanza che riveste il vaccino contro l’insidiosa Encefalite da zecca, soprattutto per chi svolge attività all’aria aperta – anche di tipo lavorativo – e si reca nelle zone endemiche.”

L’encefalite da zecca, seppur poco diffusa, rimane una malattia molto pericolosa e in crescita: negli ultimi 30 anni i casi di TBE sono aumentati del 400%.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) raccomandano la vaccinazione contro l’encefalite da zecca nelle zone in cui questa malattia è endemica[2]. Si tratta di una profilassi raccomandata nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019, la vaccinazione è offerta gratuitamente ai residenti della regione Friuli Venezia Giulia, nelle province autonome di Trento e Bolzano, e nella provincia di Belluno.

Ulteriori informazioni sull’Encefalite da zecca (TBE)

L’encefalite da zecca (TBE) è una malattia infettiva virale che attacca il sistema nervoso centrale e può provocare sintomi neurologici a lungo termine e persino il decesso.

La TBE è causata da un virus (genere Flavivirus, famiglia Flaviviridae) che include tre sottotipi:

1. Il sottotipo europeo, trasmesso dalla zecca Ixodes (I.) ricinus, che possono trovarsi nelle zone rurali e boschive d’Europa;

2. Sottotipo siberiano, trasmesso da zecca I. persulcatus, endemico nella regione degli Urali, Siberia e la Russia dell’estremo oriente, e anche in alcuni paesi del Nordest europeo

3. Sottotipo dell’Estremo Oriente, trasmesso principalmente da zecca I. persulcatus, endemico nell’estremo oriente della Russia e nelle regioni boscose di Cina e Giappone.

Trasmissione

Depositari del virus della TBE sono principalmente piccoli roditori (arvicole, topi) e insettivori (toporagni)

Altri ospiti che supportano indirettamente la circolazione del virus favorendo la moltiplicazione delle zecche sono diverse specie di mammiferi selvatici e domestici (in particolare lepri, cervi, cinghiali, pecore, bovini, capre)

Il virus TBE viene trasmesso dal morso di zecche infette. Gli esseri umani possono acquisire l’infezione anche attraverso il consumo di latte e prodotti del latte non pastorizzati infetti.

Il virus TBE non è direttamente trasmesso da un essere umano all’altro, a parte la possibilità della trasmissione verticale da una madre infetta al feto.

Aspetti clinici

Il periodo di incubazione della TBE è in media di 7 giorni, ma sono stati riportati casi di incubazione fino a 28 giorni.

Circa 2/3 delle infezioni da TBE non sono sintomatiche. Nei casi clinici, la TBE segue un corso bifasico. La prima fase viremica dura cinque (intervallo 2-10) giorni ed è associata a sintomi non specifici (febbre, affaticamento, mal di testa, mialgia, nausea). Questa fase è seguita da un intervallo asintomatico della durata di sette (intervallo 1–33) giorni che precedono la seconda fase, quando è coinvolto il sistema nervoso centrale (meningite, meningoencefalite, mielite, paralisi, radicolite).

Il sottotipo europeo è associato alla malattia più lieve, con il 20-30% dei pazienti che sperimentano la seconda fase, mentre il tasso di mortalità è dello 0,5-2% e problemi neurologici gravi si riscontrano fino al 10% dei pazienti[3].

Accorgimenti per la prevenzione

  •   La vaccinazione contro la TBE è considerata il mezzo più efficace per prevenire la TBE nei paesi endemici;

•  Indossare indumenti protettivi con maniche lunghe, pantaloni lunghi e stivali sui quali va spruzzato un insetticida appropriato;

•  Ispezionare bene il proprio corpo dopo aver effettuato attività all’aria aperta per escludere la presenza di zecche e, nell’eventualità, rimuoverle utilizzando delle pinzette dalla punta sottile;

•  Evitare, nelle aree a rischio, anche il consumo di latte e di prodotti del latte non pastorizzati.

Per saperne di più

https://youtu.be/r6TNLE3CCNU

[1] L’indagine quantitativa è stata condotta da GfK SE, avvalendosi della collaborazione di subappaltatori CINT, tra il 19 luglio 2018 e il 19 settembre 2018 per conto di Pfizer. Lo studio è stato finalizzato da Ipsos Germania, dopo che il dipartimento di Gfk Healthcare è stato acquisito da Ipsos nell’ottobre 2018. GfK SE, ha intervistato un campione di 53.383 adulti (età tra i 18 e i 65 anni) in 20 Paesi Europei. In Italia sono state intervistate 2.090 persone.

[2] European Centre for Disease Prevention and Control – Tick-borne encephalitis – http://ecdc.europa.eu/en/healthtopics/emerging_and_vectorborne_diseases/tick_borne_diseases/tick_borne_encephalitis/pages/index.aspx

WHO – Tick-borne encephalitis –  http://www.who.int/immunization/diseases/tick_encephalitis/en/

[3] ECDC fact sheet: https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/media/en/healthtopics/emerging_and_vector-borne_diseases/tick_borne_diseases/public_health_measures/Documents/HCP_factsheet_TBE_highres.pdf

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