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La Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) lancia un appello: “I pazienti emofilici non sono tutti uguali e non esiste una cura uguale per tutti. Ora più che mai c’è bisogno di cure appropriate e personalizzate anche perché le difficoltà legate a una patologia preesistente non scompaiono in questo momento di emergenza nazionale. “Ribadiamo il principio della non equivalenza terapeutica in emofilia”, indirettamente confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato dello scorso luglio, che supporta le richieste dei pazienti in merito all’affermazione dei concetti di personalizzazione e appropriatezza della cura per le persone con emofilia”. È quanto emerso dall’evento che si è tenuto oggi per ricordare la Giornata Mondiale dell’Emofilia, normalmente celebrata in tutto il mondo il 17 aprile, quest’anno rinviato a causa dell’emergenza da Covid-19, nel rispetto delle disposizioni governative.

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità sono 10.627 i pazienti colpiti da Malattie emorragiche congenite (MEC). “Di questi 4.179 sono affetti da emofilia A e 898 da emofilia B” ha dichiarato Angiola Rocino Presidente Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE). Gli emofilici A gravi sono in totale 1.850; gli emofilici B gravi 314. Oltre a questi vanno considerati 572 emofilici A e 190 emofilici B affetti da una forma moderata, mentre 1.757 e 394 sono rispettivamente gli emofilici A e B lievi. I Centri Emofilia presenti in Italia sono 54. La distinzione tra forme gravi moderate e lievi è estremamente importante, poiché sono gli emofilici gravi, ovviamente, a richiedere maggiore assistenza.”

Ma come vivono i pazienti emofilici in questi momenti di grave emergenza sanitaria? Le malattie croniche rare pregresse, infatti, non scompaiono solo perché è in atto una pandemia. “I bisogni dei pazienti emofilici, le loro fragilità –   ha spiegato Cristina Cassone, Presidente FedEmodiventano ancora più evidenti e preoccupanti. Bisogna inoltre ricordare che per l’emofilia non esiste, attualmente, una cura valida per tutti ma diverse opzioni terapeutiche, che vanno valutate da medici esperti in grado di individuare quelle più appropriate per il singolo paziente. L’unica terapia possibile è quella su misura. Lanciamo pertanto un appello alle istituzioni per vedere garantito il diritto di parità nell’accesso a tutte le cure disponibili. Tale diritto è stato messo in discussione da alcune politiche regionali, ma recentemente una sentenza pronunciata a luglio dal Consiglio di stato ha ribadito come non si possa affermare un principio di equivalenza tra i farmaci per la cura dell’emofilia. Se nel nostro Paese dovesse prevalere il principio dell’equivalenza terapeutica tra i farmaci attualmente disponibili, si sacrificherebbero gli studi clinici rivolti all’innovazione e le conquiste raggiunte attraverso le nuove terapie. Una mancata personalizzazione della cura si tradurrebbe in una minore efficacia terapeutica e andrebbe di conseguenza a incidere negativamente anche sui costi del Servizio Sanitario Nazionale, ma soprattutto sulla qualità di vita degli emofilici”.

Relativamente al Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), così è intervenuta la senatrice Paola Binetti: “Il nostro Ssn ha due caratteristiche vincenti: è universale e gratuito, il che significa che non ammette discriminazioni di sorta! Tutti i pazienti con emofilia hanno gli stessi diritti e debbono godere delle stesse risorse. Con il Recovery fund in arrivo, il tema salute è al centro per un salto di qualità. Occorre colmare ogni disuguaglianza e garantire le migliori cure possibili a tutti i pazienti, integrando in modo adeguato anche gli aspetti socio-assistenziali.”

Sulla personalizzazione della terapia e appropriatezza prescrittiva come obiettivi fondamentali nella cura delle patologie croniche in generale – e quindi, ancor più quando si tratta di patologie genetiche che richiedono trattamento per tutto l’arco della vita, come l’emofilia – è intervenuta anche la senatrice Elisa Pirro: “Differenze minime nella risposta o nella tolleranza a farmaci equivalenti possono essere accettabili quando si affrontano terapie di breve durata ma non nella gestione a lungo termine, per cui ritengo imprescindibile consentire ampia libertà di scelta del farmaco più appropriato al medico, quando si tratta di pazienti che devono affrontare già sfide continue ogni giorno, senza doversi anche scontrare con difficoltà per ottenere la terapia più adatta al proprio caso”. 

Infine, la senatrice Boldrini ha chiarito che:

“L’obiettivo primario della politica e delle istituzioni dovrebbe essere quello di fare in modo che ogni cittadino italiano abbia parità di accesso alle cure in qualsiasi posto esso risieda. Purtroppo, sappiamo che la realtà è molto diversa. In particolare, i pazienti emofilici, in virtù delle problematiche connesse alla loro patologia richiedono una risposta ad hoc. Risposta che in prima istanza potrebbe venire dall’attuazione dell’Accordo sulla Mec, ossia quel percorso di assistenza sanitaria ai pazienti affetti da Malattie Emorragiche Congenite, che garantirebbe accesso e standard di cura ma soprattutto servizi e prestazioni adeguate. Una risposta altrettanto concreta può arrivare dall’istituzione dell’Infermiere di Comunità, figura già prevista nel Patto per la Salute e istituita dal Decreto Rilancio varato dal Governo. Già l’OMS aveva indicato come gli Infermieri di comunità debbano essere una figura atta ad aiutare i bisogni di salute della persona e a migliorare la Sanità soprattutto a livello territoriale, per affrontare al meglio anche l’emergenza Covid-19”.

In Europa si stimano circa 32.000 persone colpite da emofilia A o B. Se in un individuo sano la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni si arresta rapidamente, chi è colpito da emofilia è soggetto a numerose emorragie, anche spontanee, dovute a un deficit delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione.

Le terapie attualmente disponibili per il trattamento dell’emofilia sono la terapia sostitutiva, basata sulla somministrazione del fattore mancante(fattore VIII nell’emofilia A, fattore IX nella B) e la terapia non sostitutiva, basata sull’impiego di anticorpi monoclonali umanizzati bispecifici (emofilia A).

È da qualche anno allo studio una nuovissima terapia che in futuro potrebbe portare alla completa risoluzione della patologia. Si tratta della terapia genica, che promette di evitare, per diversi anni, al paziente emofilico le infusioni del fattore della coagulazione mancante; utilizzando virus inattivati come vettori, viene trasportato nell’organismo materiale genetico in grado di correggere il difetto coagulativo consentendo la produzione del fattore carente o non funzionale.

Personalizzazione delle terapie in emofilia

Intervento di Angela Rocino, Presidente Aice

L’AICE, come già l’OMS, la WFH e i Principi di terapia dell’Unione Europea, raccomanda l’impiego della profilassi primaria nei bambini con emofilia grave, sin dai primi anni di vita e con durata indefinita. Alla luce delle crescenti evidenze in letteratura, l’AICE raccomanda, inoltre, la profilassi secondaria e terziaria anche negli adolescenti e negli adulti, soprattutto se questi ultimi presentano frequenti episodi emorragici, rischio di rapida progressione di un’artropatia cronica già clinicamente evidente, rischio di comparsa di nuove articolazioni bersaglio o che abbiano presentato episodi emorragici gravi ed a rischio di vita.

Inoltre, i concentrati di FVIII e FIX ad emivita prolungata recentemente resisi disponibili offrono la possibilità di personalizzare meglio il regime di profilassi in pazienti di qualsiasi età. Per i concentrati di FVIII, il modesto prolungamento dell’emivita, rispetto ai prodotti ad emivita standard, non permette, nella maggioranza dei pazienti, di ridurre la frequenza delle infusioni a meno di 2 volte alla settimana ma consente di adottare regimi di trattamento differenziati in funzione dello stile di vita del paziente e delle sue esigenze personali, sulla base dei dati di farmacocinetica del paziente. Negli emofilici B, invece, il significativo prolungamento dell’emivita consente di ridurre la frequenza delle somministrazioni a 1 volta alla settimana e, in alcuni pazienti, a 1 volta ogni 10-14 giorni.

Il regime di profilassi può essere adattato utilizzando diversi approcci: aumento della dose, aumento della frequenza delle infusioni mantenendo la stessa dose/infusione, sistemi ibridi tra l’uno e l’altro approccio. Ciò implica che non è indicato utilizzare un singolo prodotto in tutti i pazienti e che è necessario avere a disposizione più prodotti, in modo da operare una scelta ragionata e condivisa con il paziente del prodotto più idoneo per il suo trattamento, tenendo conto delle sue molteplici esigenze e delle diverse caratteristiche farmacocinetiche di ogni singolo prodotto in ogni singolo paziente.    

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