Cinema

Non esiste modo migliore per imparare il rispetto delle diversità che quello di entrare in contatto con chi, appunto, è diverso da noi. Soltanto attraverso la conoscenza, la discussione, l’apertura mentale, è possibile comprendere che tra le persone spesso ci sono più punti di contatto che di alterità.

È per questo che il team di ricerca psico-sociale che sta lavorando alla realizzazione del film documentario “Immagine dal vero”, guidato da Angelo Scuzzarella, ha deciso di portare le riprese direttamente nel cuore di una scuola di Palermo, l’I.P.S.S.A.R. “Paolo Borsellino”, dove il cuoco afghano Shapoor Safari ha tenuto una lezione di cucina per una classe di studenti. Un’occasione di confronto prevista dal progetto dell’Associazione Anteprima, finanziato nell’ambito del Piano Azione Coesione “Giovani no profit” dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per testare e migliorare il rapporto tra giovani e immigrati.

Il regista Luciano Accomando e studentiI ragazzi, prima di accendere i fornelli, hanno avuto modo di confrontarsi con Shapoor e con il regista del film, Luciano Accomando, sul loro atteggiamento nei confronti dell’immigrazione e delle politiche di accoglienza del nostro Paese. Al di là di alcuni pregiudizi derivanti dalla comunicazione priva di controllo dei social network – “agli immigrati danno 30 euro al giorno mentre noi italiani siamo disoccupati”, “dovremmo aiutarli nei loro paesi e non portarli tutti in Italia” –  gli studenti si sono dimostrati più comprensivi di molti adulti e sono rimasti ad ascoltare in un attento silenzio il racconto della guerra in Afghanistan, vissuta in prima persona da Shapoor.

“È come se un giorno – ha spiegato Luciano Accomando ai ragazzi per far comprendere meglio loro le emozioni – qualcuno decidesse che Partinico e Montelepre sono in guerra e la gente che fino a qualche giorno prima era vicina di casa, confinante, conoscente, diventasse improvvisamente nemica”. Shapoor, ancora turbato dai ricordi di quei giorni, ha raccontato che “a volte, pur di non aggredire, ma non potendo venir meno agli ordini dell’esercito, sparavamo in aria”.

Dopo il racconto della guerra in Afghanistan, gli studenti hanno cucinato con Shapoor, che oggi è lo chef di Moltivolti, locale e coworking di Palermo, alcuni piatti tipici della cultura afghana: mantu, ravioli ripieni di carne, e bolani, tipici calzoni con cipolla e patate; e, con i resti della pasta lievitata, dei sambusa, dei dolci con crema al mascarpone e noci. Perché è anche attraverso la cucina che si stabilisce un rapporto con l’altro e si condivide l’opportunità di conoscersi.

“È stata un’esperienza bellissima – ha detto Michele, uno degli studenti – e l’Italia dovrebbe fare di più per chi ha davvero bisogno”.

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