Cronaca

Si chiamano morti bianche e sono quelle che avvengono nei cantieri o nei campi, nel corso di una perlustrazione di servizio o in auto, per le strade o nelle fabbriche, o a volte in contesti imprevedibili. Sono le morti che cancellano o compromettono ogni anno la vita di centinaia di lavoratori. Le norme italiane puntano sulla prevenzione ma la Cgil non ha dubbi: le recenti modifiche del Jobs act introducono parecchie zone d’ombra. lI sindacato proprio non manda giù lo stop all’obbligo di tenuta del registro infortuni, la modifica all’impianto sanzionatorio, la riduzione dei componenti sindacali in Commissione consultiva, la non applicazione delle tutele ai lavoratori con i voucher, e altri “alleggerimenti” nella fase di formazione che appaiono a ragion veduta dei temibili passi indietro.

Il seminario di studio e approfondimento “Dal testo unico al Jobs Act, come cambia la legislazione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, tenutosi nella Sala Russo della Camera del lavoro di Catania, ha evidenziato i punti chiave delle modifiche. Dopo l’intervento introduttivo del segretario confederale della Cgil, Claudio Longo, che ha anche coordinato i lavori, i saluti del segretario generale della Camera del lavoro Giacomo Rota e la comunicazione di Massimo Malerba, del Dipartimento Salute e Sicurezza della Cgil di Catania (“Tre punti da cambiare nel 151/15 – Jobs act”) , stamattina sono intervenuti anche Domenico Amich, direttore dell’Ispettorato del provinciale del Lavoro e gli ingegneri Enzo Maci (“Cultura della prevenzione della formazione”) e Sebastiano Trapani, presidente Aias (“Cosa cambia dal testo unico al Jobs Act”), Vincenzo Cubito, direttore di Inca Cgil, Vito Leocata, medico legale Inca, l’ingegnere Luigi Di Mauro (Coca Cola), Daniele Maugeri (Report RLST) e il responsabile nazionale del Dipartimento Salute e sicurezza della Cgil, Sebastiano Calleri.

Di “trend negativo” e “rialzo” delle morti sul lavoro in Italia ha parlato Amich. Sono state ben 678 nel 2015, escluse quelle avvenute sulla strada. E se nel febbraio 2015 erano 61 (dati nazionali) nel febbraio 2016 ne sono già state registrate 83. “Il lavoratore è sempre più ricattato. – ha sottolineato il funzionario- Ha sempre meno spazio per rifiutare un lavoro, soprattutto se è avanti negli anni. Le percentuali sono impietose; abbiamo il 37 % dei morti in agricoltura, il 23% sono in edilizia, 11% nel settore industrie, il 9%dei trasporti e un 20% indifferenziato che esaminato caso per caso. Un quadro preoccupante. Noi vorremmo avere qualche strumento in più”.

Cosa ne pensano i tecnici? “I punti deboli della sicurezza sono messi in evidenza dagli infortuni che ogni anno vengono riassunti dai dati Inail – dice Enzo Macila cultura della sicurezza andrebbe invece iniziata dalla scuola elementare se non dal nido, per evitare che appunto permangano lacune legislative. Percorsi formativi semplici destinati ai lavoratori a mio avviso sono insufficienti per una adeguata formazione”.

Per la Cgil, il rischio che infortuni e malattie professionali siano destinati ad aumentare è concreto. Ma è stato Calleri ad evidenziare almeno quattro punti del Jobs Act che il sindacato giudica addirittura “pericolosi”: “Partirei dal demansionamento. Durante le relative procedure, il lavoratore può essere adibito ad una nuova produzione o all’uso di una macchina per cui non è stata fatta formazione specifica. Il classico esempio è quello dell’impiegato che viene messo in linea di produzione, operando con mezzi di cui non conosce l’uso. C’è poi la questione vaucher; per alcuni dei lavoratori impiegati attraverso questa formula è prevista la non applicazione delle tutele sullo stato di sicurezza della legislazione conseguente. Sul fronte della video sorveglianza, ad oggi è possibile effettuarla senza alcun controllo nei confronti dei lavoratori con gli strumenti, dal tablet al telefonino, messi a disposizione direttamente dall’azienda.Con l’abolizione del registro infortuni sarà sempre più difficile ricostruire gli incidenti all’interno delle aziende e le storie sanitarie dei lavoratori per riconoscere loro un infortunio o una malattia professionale , anche in relazione agli indennizzi Inail. Anche questa è una norma da cambiare”.
Massimo Malerba ha aggiunto che “il registro degli infortuni era già stato abolito nel 2008, ma in previsione di introdurre un sistema informatizzato, il Sinp, mai avviato. Altra criticità è rappresentata dal fatto che, a causa del Jobs act, i datori di lavoro nelle aziende superiori ai 5 dipendenti possono rivestire il ruolo di addetti alla prevenzione nel sistema di antincendio ed evacuazione. Se ciò andava bene nelle piccole aziende familiari, in quelle medie diventa più complesso. Le sanzioni? Sono state alleggerite quelle multiple e quelle relative al lavoro irregolare, salvo che per stranieri e minori”.

Ma il seminario è servito anche a lanciare il Coordinamento provinciale delle RLS e RLST (Rappresentanti lavoratori per la sicurezza e per la sicurezza territoriale) della Cgil, come ha sottolineato Claudio Longo, le cui parole suonano come un vero e proprio monito: “Creare il Coordinamento consentirà continuità e costanza nell’azione. La situazione oggi ci impone una legge più attenta, meglio ancora rigida. Voglio però lanciare una provocazione: anche se ci fosse la migliore legge del mondo se non partiamo dal rispetto di una vera cultura sulla sicurezza, sulla prevenzione e sulla salute, ci abituiamo all’idea che tutto quello che diventa legge deve di fatto diventare regola. Se questo non accadrà, vanificheremo qualunque legge”.

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