Una occasione da non perdere per vedere sulla scena una delle figure più rappresentative del panorama teatrale italiano, un pezzo di storia del nostro teatro. Una opportunità offerta, anche se solo per tre giorni (l’1, 2 e 3 Aprile) a Catania, dalla stagione di prosa del Teatro Brancati che, all’ABC, ha proposto lo spettacolo in due atti “Quattro buffe storie” di Luigi Pirandello ed Anton Cechov con quell’autentico maestro che risponde al nome di Glauco Mauri che, con i suoi 85 anni e la sua straordinaria esperienza, accompagnato da Roberto Sturno e da una compagnia di grande professionalità, offre al pubblico un saggio di alto teatro.
Con le musiche di Germano Mazzocchetti, le scene eleganti di Giuliano Spinelli ed i costumi di Liliana Sotira, la compagnia Mauri-Sturno presenta, in due tempi, “Cecè” e “La patente” di Luigi Pirandello e “Domanda di matrimonio” e “Fa male il tabacco” di Anton Cecov. Nelle quattro pièce i due apprezzati autori, così differenti tra loro, prendono in esame, in modo diverso, l’essenza dell’essere umano, con le sue debolezze, i suoi vizi, la sua voglia di riscatto, mettendo assieme il dramma e l’umorismo amaro.

Nella foto, di Manuela Giusto, Glauco Mauri in “La patente”
La regia attenta, rigorosa, di Glauco Mauri si sofferma quindi sui quattro atti unici, omaggiando i due autori, abili ad indagare i paradossi della personalità umana. In scena, per quasi due ore, i sette attori (Glauco Mari, Roberto Sturno, Mauro Mandolini, Lura Garofoli, Amedeo D’Amico, Lorenzo Lazzarini e Paolo Benvenuto Vezzoso) si destreggiano egregiamente nei vari ruoli, con caratteristiche diverse.
Nello spettacolo si confrontano quattro uomini e quattro vite, unite dal filo sottile della solitudine per “Quattro buffe storie”: Cecè, il giovane frivolo; Chiarchiaro, l’uomo abbrutito; Lomov, l’uomo fragile; Njuchin, il misero vecchio.
Nella prima parte, più scorrevole e vivace, si presenta al pubblico un “Cecè” nella Roma del 1913, un faccendiere, un vero e proprio imbroglione senza tempo, che sguazza tra tangenti, opportunismi, truffe e che da il via ad una divertentissima “pochade” dove il cinismo del momento diventa fonte di comicità, ma anche di condanna.
Segue poi “La patente” dove dramma e farsa convivono in un’amara risata e l’uomo, a volte, per sopravvivere, è costretto a mettersi una maschera che gli è stata plasmata dagli altri. Chiarchiaro, il protagonista della storia, per i pregiudizi, l’ignoranza e la cattiveria della società è condannato a una finzione che diventa per lui l’unica risorsa possibile di vita.

Nella foto in “Domanda di matrimonio” Laura Garofoli, Mauro Mandolini e Roberto Sturno (Ph. Manuela Giusto)
Nel secondo atto, invece, lo spettatore viene trasportato in Russia, a Mosca nel 1889, con un Cechov che analizza la corrotta realtà metropolitana e l’ambiente rurale, con l’approccio della comicissima “Domanda di matrimonio”, che la claustrofobica realtà familiare con “Fa male il tabacco”. E le contraddizioni cechoviane si fronteggiano, nel primo caso, in un ritmato e divertente scambio di battute per una difficile convivenza matrimoniale e nel secondo in un monologo dove il protagonista gioca la sua personale partita tra essere e apparire, ma senza riscatto. Lo spettatore assiste ad una conferenza sui danni che provoca il tabacco e che sfocia nella confessione di una triste vita, inutile e meschina…E la superba interpretazione di Glauco Mauri, nei panni del vecchio Njuchin, contribuisce a trasformare il grottesco di Cechov in pura poesia.

Glauco Mauri in “Fa male il tabacco”
Spettacolo delicato, elegante e che, alla fine, riscuote applausi e consensi del pubblico del teatro ABC, grazie ad una rappresentazione ben curata, con una regia che lascia spazio in modo equo a tutti, con una interpretazione degli attori davvero all’altezza (in evidenza soprattutto Roberto Sturno, Laura Garofoli e Mauro Mandorlini) e con la ciliegina rappresentata da un maestro come Glauco Mauri, l’attore e regista nativo di Pesaro che, nonostante gli anni, riesce a coinvolgere e convincere tutti, trasmettendo la vera passione del teatro.