Cultura

Un importante momento dedicato alla poesia di Salvatore Quasimodo è stato vissuto lunedì scorso, 6 giugno 2016, con inizio alle ore 17 a Catania, nella Sala rettangolare del Coro di notte del Monastero dei Benedettini. L’intervento “illuminante”, inserito nel ciclo “Concordando, Seminario permanente su testi e parole della poesia contemporanea”, è stato organizzato, con il “Centro di poesia contemporanea” e il Comitato di Catania della Società “Dante Alighieri”, dal Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli studi di Catania e affidato al professore Rosario Castelli, docente di letteratura italiana.

Il relatore, presentato dal professore Sergio Cristaldi, ha premesso che per lui si trattava di un gradito ritorno al passato; e chi scrive può testimoniarne la presenza a un evento di parecchi anni addietro a cui partecipava anche il poeta Angelo Scandurra e che aveva come ospite Alessandro Quasimodo, interprete – per decenni – di uno spettacolo con testi paterni. Quel recital aveva il significativo titolo di “Operaio di sogni”, utilizzando le ultime parole di “Epitaffio per Bice Donetti”, che fu la prima moglie del poeta, il quale successivamente sposerà Maria Cumani, da cui nascerà Alessandro e a cui dedicherà “Elegos per la danzatrice Cumani”; la pièce è stata più volte proposta anche nei teatri catanesi (Gamma, nella sua vecchia sede di piazzale Asia; Magma, in via Adua). Anche in questa circostanza il concetto di “operaio di sogni” non poteva non essere ripreso.

Il relatore ha rilevato come la fenomenologia della solitudine acquista in Quasimodo una triplice articolazione: è rovello esistenziale, ripensamento del rapporto con la Sicilia attraverso la mediazione della memoria e infine condizione non assimilabile alla separazione, ossia all’essere fisicamente altrove. Piuttosto è “separatezza”, cioè consapevolezza della propria alterità, ovvero bisogno di sentirsi distinto dagli altri. L’«isolitudine» (neologismo mutuato da Gesualdo Bufalino) del poeta, con il suo fondo cosmico, che trascorre da senso naturale delle cose a sentimento affettivo dell’umano, è tratto comune a gran parte della letteratura dei siciliani; ed in questo caso è stato sottolineato che si tratta di una letteratura “di siciliani”, non “siciliana”.

La locandina dell'incontro

La locandina dell’incontro

È stata affrontata anche la questione della collocazione nel canone novecentesco e delle ipoteche critiche determinate da decenni di letture ideologiche che ne hanno compromesso la ricezione. Oggi, secondo Castelli, Quasimodo andrebbe riletto tenendo conto dei rapporti diacronici, con la tradizione classica e con quella ottocentesca (Foscolo, Leopardi), e di quelli sincronici, che lo legavano ai poeti contemporanei con cui condivise la stagione ermetica nonché con i simbolisti francesi.

Di particolare pregio sono anche state la rivisitazione aggiornata di un saggio del 2003 (cfr.: Rosario Castelli, “Quasimodo e il sentimento della solitudine”, in AA. VV., Rivista di letteratura italiana, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa – Roma, 2003 – XXI, 1-2, pp. 321- 328) che, a sua volta, si riferiva allo studio quasimodiano “Petrarca e il sentimento della solitudine” (in: “Il poeta e il politico e altri saggi”, Milano, Schwarz, 1960) e l’analisi delle “occorrenze”.

All’iniziativa sono stati presenti, fra gli altri, alcuni docenti dell’ateneo catanese, quali Marina Paino, Antonio Sichera e Antonio Di Silvestro. Al successivo dibattito ha vivacemente contribuito l’attento e numeroso uditorio.

Iniziative di tal genere hanno una valenza aggiuntiva anche perché si pongono in controtendenza; basti solo considerare l’atteggiamento non certo benevolo di tanta parte della critica (rimarcato anche in questa occasione) e persino la stupidità di autori ed editori di antologie destinate alla scuola che si sono spinti sino a negare ogni presenza a questo poeta che è uno dei pochi italiani ad essere stato insignito – nel 1959 – del Premio Nobel per la Letteratura. Ma dell’ostilità da cui era circondato aveva consapevolezza lo stesso Quasimodo, che nella già citata poesia dedicata alla Donetti, preveggente come un vate, aveva scritto di sé: “…uomo/ che qui rimane, odiato, coi suoi versi, / uno come tanti…”.

Salvo Nicotra

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