Catania News

In Sicilia i beni confiscati  a dicembre 2015 erano in totale 8.861 e di questi 885  erano aziende. A Catania  e provincia i beni confiscati a dicembre 2015 erano 935 dei quali 114 le aziende. Al primo posto tra i comuni etnei c’è Motta S. Anastasia, con 244 beni confiscati  e tra questi ci sono 6 aziende. Subito dopo c’è la città di Catania, con  130 beni confiscati, di cui 45 sono le aziende.

I dati sono  elaborati da  quelli messi a disposizione dell’ Agenzia nazionale dei beni confiscati, dalle relazioni DIA e DDA e da soli dicono più di mille convegni. Ma non ci sono solo i numeri da tenere in considerazione: i sequestri e le confische nel 2016 a Catania dimostrano che le forze dell’ordine e la magistratura sono in grado di individuare i capitali frutto di azioni illecite. Le indagini hanno svelato la proiezione della mafia nel mondo degli affari e della politica e la sua incessante attività diretta al controllo dei flussi di denaro pubblico e privato.  Il settore maggiormente appetibile è quello delle costruzioni e del movimento terra.

Eppure, una legalità vera a Catania è ancora possibile. Non a caso l’iniziativa promossa dalla Cgil tenutasi al Lido dei Ciclopi, bene confiscato anch’esso, si intitola proprio: “La legalità necessaria. Sviluppo, economia, occupazione a Catania”; oltre al segretario generale della Camera del lavoro, Giacomo Rota che ha coordinato i lavori  e che ha sottolineato la “necessità di restituire i beni all’economia sana impedendo che la mafia si infiltri come un cancro”.

E la Cgil non vuole fare antimafia parolaia”, e a Pina Palella, segretaria confederale e responsabile per la legalità in Camera del lavoro, che li ha introdotti con una relazione ricchissima di dati e analisi illustrando anche i casi più eclatanti di questi anni, da quello della società “Lara” che oggi si trova nuovamente in imbarazzante difficoltà perché la gestione è stata affidata al figlio dell’ ex proprietario con le conseguenti difficoltà di confronto con lo Stato, al difficile caso Tecnis; presente all’incontro anche Maria Luisa Barrera, dell’associazione “Antimafia e Legalità” che è intervenuta sul tema racket ed usura e sulla necessità di “fare  rete” anche con il sindacato, l’amministratore giudiziario Andrea Dara, che ha lanciato una provocazione evidenziando la necessità di interrogarsi sulle dinamiche del “post sequestro” e sottolineando che “non c’è una risposta sociale efficace alle criticità che seguono al trauma virtuoso del sequestro”.

E ancora, sono intervenuti la segretaria confederale della Cgil Sicilia, Mimma Argurio (“abbiamo bisogno dell’aiuto di forze dell’ordine e magistratura per impostare un percorso che dia dignità ai lavoratori. Dovremmo anche poterci confrontare con gli amministratori giudiziari con sinergia, impresa sino ad oggi difficile”), e il segretario generale di Cgil Sicilia, Michele Pagliaro (“spesso ci mancano le relazioni necessarie, nessuno ci viene a dire se ci sono lavoratori collusi che non andrebbero difesi. E dall’altro lato non possiamo permetterci di far passare l’idea che un’azienda lavora meglio sotto la mafia che non sotto lo Stato “).

Ha concluso i lavori la segretaria della Cgil nazionale, Gianna Fracassi (“come sindacato non facciamo ‘convegni’ su questi temi ma facciamo il punto sulle cose che facciamo sempre. Sappiamo bene che è più complicato recuperare la fiducia dei lavoratori in quell’ambito. Una fatica che la nostra organizzazione sostiene”) . Sono intervenuti, fra gli altri, anche la vicesindaco di Aci Castello, l’imprenditore Salvatore Fiore, per 20 anni vittima di usura ed estorsione, poi “liberatosi” grazie alla denuncia.

Le proposte e le richieste del sindacato sono riassunte in 13 punti essenziali. Ecco il primo: “Non si può più aspettare l’approvazione del Ddl sul riordino dei beni sequestrati e confiscati e la revisione del codice antimafia. – ha detto  Pina Palella- Il testo approvato a novembre 2015 alla Camera giace  al Senato (nel corso della serata è intervenuto anche il parlamentare Davide Mattiello, relatore  della legge ndr) ma occorre fare presto perché il numero dei beni sequestrati e confiscati è in continuo aumento ed è necessario poter utilizzare le risorse per sostenere le aziende  che hanno possibilità di stare sul mercato e i lavoratori nelle situazioni di difficoltà  per mancanza di liquidità con un  fondo di rotazione. Chiediamo che al senato il ddl 2134 che contiene norme in materia di beni confiscati alle mafie, tutela dei lavoratori, nomine e incompatibilità degli amministratori giudiziari venga approvato al più presto”.

C’è poi la richiesta di utilizzo delle poche risorse stanziate dal governo nella Legge di Stabilità al fine di costituire un  fondo di garanzia per le aziende in attesa dell’emanazione della legge. E ancora, l’utilizzo dei fondi PON sicurezza e legalità finanziati da FSE e FESR, fare rete tra imprese sequestrate e confiscate, stipulare protocolli con enti e tribunali per l’affidamento prioritario di lavori, l’affidamento delle commesse ad imprese egualmente sequestrate, la previsione di forme di premialità fiscale, appositi protocolli con ABI e mondo del credito, creazione di un “marchio di Stato”, liste di mobilità speciali nelle quali far confluire i lavoratori di aziende confiscate poste in liquidazione, coadiuvare le aziende fin dal sequestro, coinvolgimento dei sindacati sin dalla fase di sequestro delle aziende, tempi veloci della Giustizia, favorire i processi di acquisizione o  di affitto da parte di cooperative di lavoratori delle aziende.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post