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Prigioniere consapevoli, sorridenti, che gustano una torta e che si divertono insieme. Chiuse, imprigionate dalle loro stesse paure e consapevolezze, lontane dalla realtà e da quello che c’è fuori dal recinto, dalla porta. E guai a cercare di tagliare il nastro, di varcare quella soglia perché è pronto a suonare l’allarme pericolo…Si sviluppa su questa idea la pièce costruita dal regista Nicola Alberto Orofino, “Chiuse #cappuccettoRosso” in scena al Teatro del Canovaccio di Catania, in via Gulli 12 e che ha inaugurato la stagione di prosa 2016-2017 diretta da Saro Pizzuto e Salvo Musumeci.

Lo spettacolo, atto unico di circa 45-50’ si avvale di un impianto scenografico particolarmente accattivante che coivolge la sala ed il pubblico, infatti lo spettatore entrando nella saletta del “Canovaccio” si trova immerso tra foglie autunnali e quindi in un bosco ed ha davanti, sul palco, le tre protagoniste all’interno di una sorta di recinto, pronte a raccontare il loro percorso.

Una scena di "Chiuse" (Ph. Gialuigi Primaverile)

Una scena di “Chiuse” (Ph. Gialuigi Primaverile)

Tutto parte dal dicembre del 2015, quando nell’ambito della residenza promossa dal Festival Internazionale di Regia teatrale Fantasio, organizzata dal gruppo EstroTeatro di Trento, venne chiesto a sei gruppi teatrali, guidati da sei registi diversi, di costruire uno spettacolo partendo da una riflessione attorno alla fiaba di Cappuccetto Rosso. Ebbene in quell’occasione il regista catanese Nicola Alberto Orofino costruì, ideò, proprio “Chiuse”, uno dei sei progetti finalisti nati in quella residenza.

Lo spettacolo, prodotto da SenzaMisuraTeatro, si avvale di una ideazione scenica particolarmente coinvolgente, a tratti ambigua e claustrofobica e che crea anche tensione e che conferma le doti, le attitudini di Nicola Alberto Orofino considerato ormai, nell’ambiente artistico e dal pubblico, come uno dei più promettenti ed innovatori registi del momento.

Nella foto di Gianluigi Primaverile, Valeria La Bua, Cristiana Raggi, Manuela Rorro

Nella foto di Gianluigi Primaverile, Valeria La Bua, Cristiana Raggi, Manuela Rorro

Con la suadente voce fuori campo di Silvio Laviano sul palco-recinto ridono, si muovono freneticamente, bevono, si scontrano tre donne, tre generazioni, tre diversi modi di intendere la vita. Il pubblico ha quindi modo di conoscere una nonna, una madre e una figlia prigioniere, chiuse, in un recinto, mentre fuori c’è il bosco, già esplorato in un tempo passato proprio dalla nonna e dalla madre.

Nonna e mamma sono cresciute all’ombra di pance di mostruosi lupi ed allora la madre vuole proteggere la figlia, tenendola chiusa dentro, affinché non debba subire le stesse terrificanti esperienze e la nonna, svanita, finge di non ricordare quello che è successo. La figlia, però, Cappuccetto rosso di oggi, vuole conoscere la vita, vuole conoscere cosa c’è fuori, ha sete del bosco, pur sapendo che può andare incontro a dei pericoli, che può cadere nei tranelli del lupo. La nonna, chiusa in un mondo tutto suo, lontana dai lupi, sa che “di vita si può anche morire…” ma la nipote Cappuccetto rosso di oggi, non sa resistere in quel recinto, supplica madre e nonna carceriere, è in preda all’istinto d’evasione dettato dalla gioventù. Alla fine scavalca il recinto e si avventura nel bosco per scoprire cosa c’è fuori e come è fatto il niente.

La fuga dal recinto (Ph. Gianluigi Primaverile)

La fuga dal recinto (Ph. Gianluigi Primaverile)

Pièce interessante, che tocca diversi aspetti delle nostre paure, della nostra realtà e delle nostre angosce di uomini/donne, padri e figli e che vede nei panni delle tre donne (nonna, madre e figlia) tre irreprensibili attrici come Valeria La Bua, Cristiana Raggi, Manuela Rorro che si disimpegnano con abilità e professionalità tra le pieghe non facili del testo di Orofino che, in cabina di regia, regala al pubblico un momento teatrale interessante che indaga anche all’interno delle nostre vite e del nostro cammino, portando il pubblico ad interrogarsi sulla scoperta della vita, sull’esperienza di affrontare il bosco ovvero le intemperie ed i rischi della crescita, consapevoli, però, che l’esperienza del bosco, vuol dire maturazione, vuol dire proseguire il proprio cammino, anche se affacciarsi al nuovo porta sempre sconvolgimenti, mutamenti, nel nostro percorso. In “Chiuse” Orofino, attraverso la favola di Cappuccetto rosso, che ascoltavamo sempre da bambini, ci ricorda le difficoltà che tutti dobbiamo affrontare nella vita per crescere e superare le pance dei lupi, ma soprattutto che non si può ignorare tutto e la realtà che ci circonda e rimanere sempre all’ombra di una stanza ed in una falsa tranquillità e felicità.

Lo spettacolo verrà replicato al “Canovaccio” di Catania nel prossimo fine settimana, sabato 12 novembre alle ore 21.00 e domenica 13 alle ore 18.00.

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