Intervista con...

E’ attualmente impegnato con la musica d’intrattenimento che gli permette di vivere, non ha mai smesso di essere creativo e conta nel 2017 di realizzare il terzo disco con il gruppo Libertango con il quale è legato da oltre due decenni. Stiamo parlando del sassofonista e flautista catanese, Marcello Leanza che, dopo una lunga esperienza da promoter con l’Associazione Catania Jazz, ha spaziato da musicista in diversi generi: Blues, Jazz, Tango, Latino. Prevalentemente attivo nel campo della musica da intrattenimento, Leanza ha partecipato ad alcuni progetti di buona fattura, tra i quali Blue in Blues, Affare Latino, Rumba Clave, Crossroads Quartet, Size 46 Street Band, Orchestra Jazz del Mediterraneo. Nel 2010 ha partecipato anche ad un tour teatrale con Carmen Consoli. Importante il suo sodalizio umano e artistico con il gruppo Libertango, con il quale ha prodotto già due cd.

Abbiamo recentemente incontrato Marcello Leanza in un bar cittadino, lo abbiamo rivisto dopo parecchi anni e come due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo, ci siamo “raccontati”, parlando della Catania di ieri e di oggi, di nuovi progetti musicali, di vita passata e futura. E’ venuto fuori un profilo interessante, intrigante, della vita e della “passionaccia” per la musica di Marcello Leanza.

Ancora Marcello Leanza (Foto Mario Cicala)

Ancora Marcello Leanza (Foto Mario Cicala)

Parlaci dei tuoi inizi e di come è nato l’amore per la musica?

“Credo che la passione per la musica sia nata con me. Mio padre lavorava al Teatro Massimo Bellini e da bambino rimanevo affascinato dall’orchestra, ma anche – o forse soprattutto – da ciò che succedeva dietro le quinte. I macchinisti, gli elettricisti, i costumisti, personaggi invisibili al pubblico ma che ai miei occhi apparivano mitici, dei veri eroi. Mi sentivo un privilegiato potere osservare cosi da vicino questo mondo. A quel tempo, gli orchestrali mi sembrarono alieni, irraggiungibili. Pensare che un giorno sarei diventato un musicista all’epoca era semplicemente impensabile”.

Quali sono i tuoi strumenti preferiti nella tua attività e professione?

“Come molti ragazzi lo strumento che per primo mi ha affascinato nella prima metà degli anni ’70, è stata la batteria, ma il problema logistico del posto dove suonarla mi scoraggiò. Qualche anno dopo, tre episodi segnarono la mia strada: un amico mi presentò il sassofonista Gaetano D’Angelo, musicista autodidatta, dotato di una musicalità incredibile. Lui fu tra i primi a Catania a capire e ad esplorare il jazz moderno, insieme a un gruppo di “folgorati” e talentuosi, giovani musicisti. Inoltre, il suo stile di vita ‘’bohémien’’ mi influenzò non poco. Diventai il suo “buddy” e cominciai a frequentare prove, concerti, insomma a respirare  l’ambiente.

Quasi contemporaneamente, mi ritrovai tra i soci fondatori dell’Associazione Catania Jazz e  fu l’inizio di un’avventura durata quasi 15 anni. Infine, mio fratello mi regalò un sax contralto Amati, che suggellò definitivamente la mia direzione e scelta di vita. In seguito, dato che ai sassofonisti in orchestra viene richiesto un secondo strumento, optai per il flauto traverso, che continua a intrigarmi moltissimo”.

Cosa o chi ricordi in particolare nei tuoi anni di attività? C’è un aneddoto che ti ha lasciato qualcosa di importante?

“L’ambiente musicale e quello jazzistico in particolare, è una vera miniera di aneddoti. I musicisti amano raccogliere e divulgare storie bizzarre e divertenti, che sono il vero tesoro nascosto della categoria. A questo proposito raccomando agli appassionati “Jazz Anectodes” di Bill Crow, che ritengo in assoluto il libro definitivo per capire il lato più autentico dei Jazzisti, il loro gusto quasi cinico per lo scherzo, la battuta, l’aneddoto. Un episodio simpatico che mi viene in mente successe con Joe Pass. Lo portai a pranzo in una gastronomia di Via Etnea (i soldi allora, come adesso, erano pochi) e nel frattempo cercavo faticosamente di intrattenerlo con il mio inglese marca liotru. A un certo punto, Joe mi guardò ed esclamò, in perfetto siciliano: ‘’St’invottini non su bboni’’. La mia risposta fu: ‘’Ma fattu livari a vita’’.

Invece, tra i tanti musicisti che ho conosciuto, il libanese Rabih Abou-Khalil mi ha aperto la mente più di ogni altro. Poliglotta, dotato di una cultura sconfinata, collezionista di ogni sorta di memorabilia musicale, la sua contaminazione tra Musica Araba e Jazz è geniale ed è stata per me punto di riferimento al pari degli Oregon, dei Weather Report e di tutti gli artisti che hanno esplorato ogni possibile contaminazione: Joe Harriott, Paul Horn, Charlie Mariano, Paul Simon, giusto per citarne qualcuno. Il gruppo Libertango ha fatto propria questa filosofia, ‘’catturando’’ suoni dal mondo e mantenendo una matrice jazzistica”.

Marcello Leanza con il gruppo Libertango

Marcello Leanza con il gruppo Libertango

Con la tua esperienza qual è, secondo te, il futuro del jazz?

“Il futuro del jazz è nella sua peculiare capacità di mescolarsi ad altre forme e non c’è futuro fuori dalle contaminazioni, ma solo eventi autoreferenziali”.

Come giudichi la situazione musicale a Catania e quali opportunità ci sono per i tanti giovani musicisti che si vogliono cimentare da soli o in gruppo?

“Catania, rispetto a qualche anno fa, conta molti più musicisti. Il tasso tecnico generale è migliorato grazie a internet, i tutorial on line, youTube. Ci sono scuole molto attive nel territorio con ottimi insegnanti che formano ragazzi di sicuro talento con buone chances di poter vivere di musica.  Di contro, secondo me, due fattori hanno cambiato il modo di fruire la musica e l’arte in generale: vent’anni di berlusconismo e la velocità bruciante della comunicazione. Nel primo caso, si è prodotto un imbarbarimento del gusto con conseguente ribasso qualitativo dell’offerta musicale. Nel secondo, per dirla con Flaiano: “Ai tempi nostri, i capolavori hanno i minuti contati”.

Durante le prove

Durante le prove

A ciò si aggiunga l’incapacità cronica delle istituzioni a dialogare con le forze vive della città; i tempi politici, lenti, non combaciano mai, o solo in rari casi, con i tempi artistici, dinamici per natura. La strada da percorrere la indica da anni Scenario Pubblico, che ha reso il proprio spazio un laboratorio permanente che produce spettacoli di livello internazionale. Tempo fa, proposi di utilizzare le Ciminiere a questo scopo, assegnando cioè spazi altrimenti inutilizzati ad alcune realtà artistiche catanesi, in cambio di produzioni originali aperte a collaborazioni con l’estero, ma non se ne fece nulla.

Comunque non si può dire che a Catania succeda poco o niente: da ZO a Scenario Pubblico, dai Mercati Generali al MA, al SAL, Gatto Blu, Ursino Buskers, AME, Darshan, Associazione Catania Jazz, una miriade di locali, grandi e piccoli, dove si suona, lo Swing, il Tango, roba da grande metropoli. Più complessa è la situazione dei teatri dove il rapporto con gli Enti è vitale e alla crisi, alla pessima gestione degli uni corrisponde l’agonia degli altri. L’’’attesa’’ è letale per gli artisti, al pari della sussistenza. La prima fa sfiorire la creatività, la seconda crea dipendenza e rende cortigiani”.

Oggi nel campo musicale è più importante il titolo e la teoria, la pratica (l’esperienza sul campo, le serate, il continuo suonare) oppure l’opportunità di avere gli agganci giusti ed al momento giusto?

Con The Gentle Jazz

Con The Gentle Jazz

“Le competenze richieste ad un musicista hanno cambiato ordine di priorità. Prima, la cosa più importante era ‘’saper suonare’’, seguita dalla capacità di prendere ingaggi e infine dall’abilità a farsi retribuire. Oggi l’ordine si è capovolto e a volte si assiste al paradosso: più bravo è l’artista è più rischia l’oblio se non ha ‘efficaci strategie di marketing’ o i contatti giusti al posto giusto. In alternativa, sloggia, in cerca di lidi migliori. Inoltre, le mutate condizioni economiche e sociali spingono i giovani musicisti a puntare decisi al diploma e alle svariate certificazioni che consentiranno loro di avere più possibilità di trovare un lavoro ‘’sicuro’’. La formazione, anche se sostenuta dalla passione per la musica e lo strumento, è un processo lungo, costoso e non esente da rischi: Come biasimarli? Spesso la scelta è forzata e ci si trova più a parlare di presidi, catering e di sposi che di nuovi brani o progetti. E qui si entra in un loop complesso e non privo di una sua drammatica comicità: è giusto studiare da Coltrane per poi suonare da Papetti?”.

Con la Size 46 Street Band

Con la Size 46 Street Band

Ma chi è Marcello Leanza nella vita di tutti i giorni?

“Ho sempre vissuto alla giornata e sinceramente non credo di essere un buon esempio per i giovani, specie di questi tempi dove si chiede perfino ai bambini di essere iperproduttivi già a 5 anni. Amo leggere fumetti e il mio ‘’ufficio’’ è un bar di quartiere. La mia vita scorre relativamente tranquilla tra la famiglia, gli amici e le serate. Negli ultimi anni ho lavorato sulle navi da crociera durante l’inverno, dura ma bella esperienza, che consiglio ai giovani musicisti di fare almeno una volta nella vita. Ho avuto e continuo ad avere tanto dalla musica, in termini più idealistici che materiali, certo non meno preziosi. Ho ottimi rapporti con la maggior parte dei colleghi, ma come recita il titolo dell’autobiografia di Henghel Gualdi, uno dei miei miti assoluti: ‘’Poteva andare meglio’’.

Ho partecipato a svariate esperienze associative, tutte di sinistra e sempre con grandi premesse, ma la conclusione è stata sempre la stessa: presa del potere, uomo solo al comando e conseguente purga finale, prassi consolidata e tanto cara ai compagni. E dato che sognare è lecito, ma illudersi no, continuo a sognare ‘’in solitaria’’.

Marcello Leanza con il suo sassofono

Marcello Leanza con il suo sassofono

Cosa avresti fatto nella vita senza la “passionaccia” per la musica?

“Non ne ho idea. Certo, data la mia idiosincrasia per i lavori stanziali e gli impegni a tempo indeterminato avrei avuto non poche difficoltà a trovare occupazione. Ho fatto il cuoco, il cameriere, l’autista, la guida turistica, il tour manager. Forse il lavoro che più mi era congeniale è stato il giardiniere, che facevo con buona passione. Abbiamo lavorato due anni a Librino, non senza difficoltà, ma con grande entusiasmo e le prospettive erano davvero incoraggianti. E come mai non hai continuato, ti starai chiedendo. Perchè la Cooperativa ‘’Oltre il Giardino’’ era di sinistra. Indovina un pò com’è andata a finire..”.

Progetti futuri ed un tuo sogno nel cassetto…

“I miei progetti musicali non sono legati tanto all’idea di ‘’successo’’, quanto di ‘’lavoro’’. E’ un dato di fatto che i progetti musicalmente più validi sono quelli più difficili da portare avanti e tuttavia è un preciso dovere degli artisti non smettere di essere creativi, a qualunque costo. La musica d’intrattenimento mi permette di vivere, ma il sogno nel cassetto è quello di realizzare il terzo disco con i Libertango, impresa non facile data la dislocazione geografica dei componenti. Il gruppo esiste dal ’95 e più che una band è proprio un team di lavoro. Con gli stessi musicisti, dai lontani anni ’80, ho condiviso diverse esperienze, dal quartetto Crossroads agli Affare Latino di Roberto Lo Faro ed è giusto ricordare che in quegli anni le richieste erano quasi esclusivamente per i gruppi con brani propri. Le altre formazioni – prevalentemente di musica d’intrattenimento – sono la Size 46 Street Band, gruppo da strada in stile Dixieland e The Gentle Jazz, dove, lo dico con orgoglio, ha militato il meglio del jazz nostrano”.

Video con Size 46 Street Band

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