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La festa cade nel solstizio d’inverno e fu istituita verso il 350 d.C. dalla Chiesa di Occidente per soppiantare una precedente festa pagana dedicata al dio Sole. E’ credenza antichissima e diffusissima che nei giorni d’inizio di un ciclo annuale tutte le forze soprannaturali acquistino una potenza straordinaria, talvolta soltanto nell’attimo di tale inizio, cioè, sul punto di mezzanotte; tra queste forze soprannaturali è inclusa la fortuna: ora, è proprio la notte di Natale o di Capodanno che le ragazze traggono gli auspici per un prossimo matrimonio, e così la sera della vigilia di Natale o di Capodanno le buone famiglie se ne stanno a tavola a giocare a tombola, ma ormai per semplice passatempo; nessuno pensa al “perchè originario” di trarre l’oroscopo e del giocare a tombola proprio in quella notte.

E quando si mangiano i Marron Glace’s, il torrone o altri dolci fatti con mandorle (come i confetti) o con nocciole, non si pensa affatto alla antica credenza che ciò favorisca la nascita della prole e la fecondità della terra: alle castagne infatti si attribuiva un valore fecondativo. Ne tutti pensano, quando mangiano il panettone, che, quei chicchi di uva passa che vi trovano dentro, richiamando l’immagine delle monete d’oro, recheranno loro la ricchezza; altrettanto si dice per le lenticchie del primo anno. Il Natale presenta tutti i caratteri e le manifestazioni dei giorni che segnano l’inizio di un ciclo annuale. Periodo preparatorio è la “novena di Natale” che in Sicilia viene allietata dai Ciaramiddari (suonatori di ciaramella, cornamusa).

Originario carattere purificatorio ha il cenone della vigilia di Natale, tutto di “magro” a cominciare dal capitone che a Roma si vende per tradizione al portico dell’Ottavia, ma ha soprattutto significato di affratellamento e di amicizia. Nella più antica tradizione popolare, il centro della festa è però costituito dal ceppo. Nell’accensione del ceppo, che rimane sul focolare fino a Capodanno, si fondono due elementi propiziatori: il valore del fuoco, immagine del sole, e il simbolico consumarsi del tronco, del vecchio anno con tutto ciò che di male vi si era accumulato. Anticamente a Genova, il ceppo natalizio veniva offerto al Doge dalle genti della montagna in una pittoresca cerimonia pubblica chiamata col bellissimo nome di “confuoco”; il Doge versava sul tronco vino e confetti, e tra la gioia dei presenti. San Bernardino si scagliava sia contro chi buttava vino sul ceppo, o si serviva del ceppo per scongiurare le tempeste. Entrambe gli usi si sono conservati in Abruzzo fino ai tempi moderni.

In Puglia si crede che l’accensione del ceppo simboleggi la distruzione del peccato originale. Alcuni spiegano l’aspersione col vino, col ricordo del sangue di Cristo; a Polena, in Abruzzo, si mettono ad ardere altre tredici piccole legna “in memoria di Cristo e degli apostoli”. A Isernia il capo di casa benedice il ceppo con l’acqua santa, mentre i famigliari gridano “viva Gesù”.   Nella notte di Natale si crede avvengano prodigi e incantesimi, e che solo in essa si possano trasmettere segreti e scongiuri per guarire gravi malattie. Si crede pure che chi nasce in quella notte diventi lupo mannaro, perchè essa era riservata per l’eternità alla nascita di Gesù, e chi osa violarla viene così punito. Tra i prodigi lieti, quello che l’acqua attinta alle fontane a mezzanotte e in perfetto silenzio (“acqua muta”) rechi benessere e ricchezza.

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