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Anche a Pau vince ancora Marcel Kittel, dominatore delle volate, con lui sul podio Groenewegen e Boasson Hagen. La classifica generale resta invariata.

Se per la cronaca della frazione non è necessario fare un copia incolla della tappa di ieri, il merito è tutto di Maciej Bodnar. Il polacco, in fuga sin dalle battute iniziali insieme a Marcato e Brackaert, non ne voleva sapere di quel che prevedeva il copione ed ha tenuto botta sino a duecentocinquanta metri dall’arrivo. Una vera beffa a cui pochi avrebbero voluto assistere in un Tour di una monotonia decisamente stancante. Il tentativo dei tre aveva si era sviluppato con le medesime peculiarità a cui innumerevoli volte in questi giorni abbiamo assistito. Un vantaggio mai dilatatosi in modo sufficiente ed un controllo minuzioso del gruppo sotto la regia di Vermote, uomo Quick Step dalle pile inesauribili. Tuttavia, la verve del polacco che a trenta chilometri dall’arrivo cercava la stoccata solitaria in aggiunta ad un paio di cadute che scuotevano la tranquillità del gruppo, facevano si che ilplotone dovesse aspettare gli ultimi metri per archiviare la pratica Bodnar. La volata, poi, ha seguito la storia degli altri giorni, con Kittel che per evitare guai ha girato alla larga ed è andato a centrare il pokerissimo davanti al sempre più convincente Groenevegen ed a Boasson Hagen. Quest’ultimo si è reso protagonista di un bel braccio di ferro con Matthews che evidentemente gli ha annebbiato la vista a tal punto di fargli alzare le mani sul traguardo quando Kittel era già passato da un pezzo.

Domani il Tour si gioca in pratica i suoi Pirenei, da Pau a Peyragudes 214km .Gli ultimi quaranta chilometri sono decisamente interessanti con Port de Bales, colle hors categorie, e finale con Peyresourde e Peyragudes . Qualcosa mi dice che Froome vorrà ribadire la sua supremazia spazzando l’amaro ricordo di quando ha dovuto sottostare ad ordini di scuderia che volevano capitan Wiggins in maglia gialla a Parigi. Il baronetto in quella circostanza si trovò in palese difficoltà proprio a causa del ritmo insostenibile di Froome, suo compagno di casacca. Era il Tour del 2012. Fu la fine di un sodalizio vincente, con il conseguente inizio della carriera di Froome. Tuttavia, malgrado i risvolti decisamente positivi di quell’ episodio che definirei chiave per la carriera del keniano bianco, sono portato a pensare che per lui trattasi di una parentesi rimasta aperta. Aru e Bardet sono avvisati.

Bisognerà non perdere colpi. Non vi saranno tante occasioni per rimediare.

Turi Barbagallo (Il salotto del Ciclismo)

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