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Una giornata che sarà memoria e incoraggiamento per tutti i volontari catanesi delle associazioni, laiche e religiose, che quotidianamente si spendono nel servizio per gli ultimi della Città. A tutti loro è rivolto l’invito per lunedì 25 settembre alle ore 18, nella Basilica Cattedrale di Sant’Agata nella giornata della Memoria del “Beato Dusmet” per il Bicentenario della nascita (1818-2018) con la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina. 

Il Beato Dusmet, beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 25 settembre del 1988, è un riferimento sempre vivo e attuale per i volontari della Caritas Diocesana di Catania, che saranno presenti all’importante appuntamento in Cattedrale di lunedì prossimo per testimoniare l’esperienza della carità e del servizio tra i meno fortunati. Una concelebrazione che sarà d’ispirazione per coloro che operano nel solco di quei valori universali riportati nel Martirologio Romano dedicato al Vescovo catanese: «A Catania, beato Giuseppe Benedetto Dusmet, vescovo, dell’Ordine di San Benedetto, che con sollecitudine promosse il culto divino, l’istruzione cristiana del popolo e lo zelo del clero e in tempo di pestilenza portò aiuto ai malati»; valori che sono un patrimonio collettivo del volontariato.
Il direttore della Caritas Diocesana di Catania, Don Pietro Galvano, sottolinea, con le sue parole, l’importanza di un esempio da tenere fisso sul cuore e nella mente: «Tutte le Associazioni di Volontariato dovrebbero imitare il Beato Dusmet nel servire i poveri e avere come unica finalità il bene dei più bisognosi». 
Il Beato Giuseppe Benedetto Dusmet, Vescovo di Catania tra il 1867 e il 1894, per i catanesi custodisce, ancora oggi, il senso più profondo dell’agire caritatevole. La concelebrazione del Bicentenario è un’occasione speciale che Monsignor Barbaro Scionti, parroco della Cattedrale di Catania, ha voluto presentare nel suo aspetto più carico di significato: «La ricorrenza liturgica annuale del beato Dusmet è un invito alla testimonianza della carità nella nostra terra e tra la nostra gente. Spenderci con amore e per amore nel servizio vicendevole è il frutto di una forte intimità con Gesù e la sua parola. Le mani caritatevoli di Dusmet, che possiamo venerare guardando le sue reliquie, siano le nostre mani guidate da un cuore generoso e innamorato del Vangelo, capaci di agire nell’oggi gratuitamente per seminare bontà e pace».

Biografia del Beato Dusmet a cura dell’Abate Don Vittorio Rizzone

Il 15 agosto 1818 nasceva a Palermo il cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet de Smours, monaco dell’Abbazia di San Martino delle Scale, poi abate di San Nicola la Rena di Catania e dal 1867 alla morte (1894) vescovo di Catania, proclamato beato il 25 settembre 1988.
In occasione del bicentenario dalla nascita l’Abbazia di San Martino e il Monastero “G.B. Dusmet” di Nicolosi vogliono ricordare questa straordinaria figura di monaco e pastore con una serie di celebrazioni e di manifestazioni che avranno inizio domenica 24 settembre presso l’Abbazia dove il Dusmet emise la sua professione monastica, e si chiuderanno domenica 30 settembre 2018.
Sono ben note le qualità monastiche e la capacità di amministrare, grazie alle quali ebbe ben presto incarichi di responsabilità in seno all’Abbazia prima e alla Congregazione Cassinese poi (a Napoli, a Caltanissetta, a Catania, fino all’incarico conferitogli da Leone XIII di provvedere alla confederazione delle congregazioni benedettine e all’organizzazione del collegio di Sant’Anselmo).
Ma è soprattutto la carità la chiave di interpretazione della sua vita. Ancora giovane monaco, il Dusmet, parafrasando 1Gv 4,20, affermava: “insisterei sempre sul dire che la vera carità pel prossimo include quella di Dio. Quindi essa può annunziarsi isolatamente. Però ove dovessi predicare l’amore di Dio, vi unirei sempre l’altro precetto di amare il prossimo; quando così non usassi taluno potrebbe rompersi alle chimere mistiche, e trascurare gli uomini”. È la sua relazione personale con il Signore che lo porta a riconoscerlo nell’indigente, nel malato, nel perseguitato.
In maniera programmatica nella prima lettera pastorale indirizzata alla diocesi, scriveva: “sin quando avremo un panettello, Noi lo divideremo col povero. La nostra porta per ogni misero che soffra sarà sempre aperta. L’orario che ordineremo affiggersi all’ingresso dell’episcopio sarà che gli indigenti a preferenza entrino a tutte l’ore”. Sempre presente accanto alla gente, anche con le frequenti visite pastorali, ne incrementò la vita di fede e provvide, spesso personalmente, ai bisogni materiali.
Assecondando una costante dell’agire di Dio (cfr. Dt 10,17-19; Am 9,7; Ger 9,24-25; At 10,34; Rm 2,11; Gal 2,6; Gc 2,1-4; 1Pt 1,17…), la sua accoglienza è rivolta a tutti, senza fare distinzione di persone: “alle classi elevate del nostro gregge, alla classe soprattutto che discute e scrive… faccio solo un invito: Venite ad me omnes. Le sale dell’episcopio sono aperte per voi…Vi favelleremo apertamente come amico che favella ad amico… L’altra classe di popolo più numeroso che non discute, non scrive, non comprende le teorie del giorno, ma domanda pane e fede, oh si affidi pure tutta intiera al nostro amore di padre”.
L’accoglienza del Dusmet, anzi, è apertura anche nei confronti dell’avversario. Nel 1862 da abate offre ospitalità a Garibaldi e i suoi picciotti a San Nicola La Rena, non soltanto per la vigile attenzione a cogliere i segni dei tempi e per ragioni di prudenza, ma proprio perché nello straniero che giunge in monastero è Cristo stesso che si presenta (cfr. Regola di San Benedetto 53,1).
L’anno dusmettiano che si apre, pertanto, vuole essere un’occasione per sensibilizzare le nostre coscienze sul tema dell’accoglienza dello straniero, dell’altro che, nella sua diversità, si presenta alla vita personale e sociale, interpellando la nostra capacità di aprirci alla relazione, di vincere gli egoismi e di razionalizzare le paure, di riconoscere il piano provvidenziale di Dio che guida la storia. Sarà, di conseguenza, anche un’occasione per riflettere sulla specificità e sull’autenticità della nostra identità cristiana.

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