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Aspettando l’esito dello spoglio che come vuole il sistema tipicamente nazionale prosegue a ritmi blandi, vuoi per l’inizio posticipato a stamani, vuoi per le contestazioni e polemiche all’interno dei seggi,  è possibile affermare senza “ogni ragionevole dubbio” che in Sicilia domenica 5 novembre, dalle 8 alle 22, si sono recati alle urne per l’elezione del presidente della Regione e dei 70 deputati regionali, appena 2.179.474 elettori su 4.661.111, ovvero il 46,76% degli aventi diritto, cinque anni fa, alle ultime elezioni regionali del 2012 avevano votato 2.203.165 persone, qualcuno in più. Solo in tre province su nove la percentuale è più alta rispetto al 2012: a Messina dove ha votato il 51,69% (51,24%), a Catania il 51,58% (51,09%) e a Palermo il 46,4 (46,28%).

Alla luce di questi dati è ancor più facile facile poter affermare, comunque vada il “ballottaggio” tra Musumeci e Cancelleri, che a vincere sarà il “partito del non voto” con il 53,23% di elettori che hanno disertato le urne,  rispetto al 46,76% che ha votato. Rispetto al 2012 quando aveva votato il 47,41%, il dato dell’affluenza è in calato ancora dello 0,65%.

Un “non voto” figlio della sempre maggiore disaffezioni degli elettori verso le urne anche a causa di leggi elettorali complicate da capire, contorte nei meccanismi e prive di quell’appeal fondamentale nel richiamare i cittadini ad esprimere una scelta vicina alle proprie idee politiche. Governi che si reggono in piedi solo grazie al sistema delle coalizioni o, peggio, attraverso metodi populisti condizionati dai rumor presenti sui social e non dalle reali necessità primarie per la sopravvivenza di una regione storicamente sfruttata e “stuprata” senza alcuna remora da organizzazioni malavitose, politici asserviti e metodi clientelari fini a se stessi.

Il “nuovo” Governo regionale che emergerà dalle scelte della minoranza dei siciliani dovrà interrogarsi seriamente sulla forte “emorragia” di consensi per provare ad invertire una tendenza che appare consolidata negli anni.

Dove andrà l’Isola dopo il voto non sembra per nulla prevedibile, funzionerà il “patto dell’arancino”, come è stato definito, con venatura gastronomica, dal solito umorista esperto di media, che come consuetudine affida ogni tipo di accordo al classico metodo dei “tarallucci e vino”.

Nel frattempo i giovani “fuggono” in cerca di lavoro, i disoccupati di ritorno non trovano collocazione alcuna, le file per le cure pubbliche si allungano e le strade peggiorano il loro stato!!

Meditate gente, meditate!!!

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