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Il titolo dato a un progetto musicale significa, di sicuro, qualcosa; anche nel caso del Duo pianistico composto da Tania Cardillo e Alberto Maria Giambello che ha chiamato “Rhapsosuite in Duet” il concerto presentato venerdì 5 Gennaio 2018 (Sala “Umberto Spadaro” – Palazzo della Cultura di Catania) nell’ambito delle iniziative volute dall’amministrazione comunale per il “Natale in Città”. Con questa manifestazione il Centro Magma, diretto da Salvo Nicotra – che ne ha curato l’organizzazione – ha inaugurato la propria stagione musicale “numero trentasette”, sempre denominata “Fuorischema” a indicare, anche in questo caso significativamente, un intento: il rifiuto, appunto, di schemi riguardanti la tipologia di genere o qualsiasi altra “rigidità”, all’infuori di una, dichiarata, invece, come irrinunciabile: il rifiuto di cedimenti verso le tentazioni mercantilistiche.

Il Duo Cardillo – Giambello

All’interno dell’ampio “contenitore natalizio” dell’Assessorato ai Saperi, l’associazione catanese ha proposto un trittico denominato “Suoni nel tempo di Natale” che, prevedeva l’esibizione di altri due Duo: il soprano Stefania Pistone e il chitarrista Salvatore Daniele Pidone (17 dicembre, stesso luogo) e Counter Irish Project (controtenore Riccardo Angelo Strano e chitarrista Davide Sciacca; 6 gennaio, al Castello Ursino).

Tornando a Cardillo e Giambello, è ovvio che affiancare i termini “rapsodia” e “suite” significava scommettere sull’accostamento tra due tipologie compositive ben diverse tra loro e, contemporaneamente, sulle proprie capacità interpretative; sulla propria, cioè, duttilità a rendere a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Seconda notazione: la precedenza nel titolo è data alla “rapsodia” (di Liszt), mentre, nell’esecuzione, alla “suite”; due rapsodie, due suite (entrambe di autore francese). La conclusione, dedicata alla “Rapsodia in blu” di George Gershwin (la composizione americana per antonomasia del compositore americano per antonomasia), incastonata fra tante note dal sapore intensamente parigino (anche se Gabriel Fauré è occitanico di nascita), evocava irrimediabilmente il poema sinfonico dal titolo – toh! – “An American in Paris”.

È stato chiaro ben presto che i “due” stavano conquistando, nota dopo nota, il plauso del pubblico da “tutto esaurito” che, sfidando le facili tentazioni del periodo festivo, hanno preferito gremire la Sala concertistica. Né il programma conteneva arruffianamenti; semmai richiedeva un impegno totale ai due artisti: tecnico, prima di tutto e psico-fisico, nel contempo. Le istanze impressionistiche (sebbene risulti che non sia stato proprio gradito al compositore l’accostamento al movimento artistico) della “Dolly, op. 56” e della “Petite Suite” richiedevano una spiccata sensibilità nel rendere il chiaroscuro delle atmosfere, un controllo nel dosaggio cromatico, una puntualità nella diteggiatura, adeguatamente ottenuti. Una sicura complementarietà tra i due esecutori – compresa l’esuberante gestualità di Giambello e la plasticità statuaria della Cardillo – ha consentito i notevoli risultati, punteggiati da convinti applausi nel corso dell’esecuzione, da numerose chiamate, da omaggi floreali (alla Signora Cardillo) e dalla concessione di due bis da parte di un pubblico caloroso – ma anche apparso competente – alfine visibilmente appagato. C’era del “popolare”; c’è del “popolare” – di suo – nella forma “Rapsodia”; saperlo esprimere con raffinatezza senza snaturarlo e renderlo commestibile è pregio indiscusso che i due musicisti hanno dimostrato di possedere.

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