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Si tratta di una operazione complessa, articolata e che ha portato l’autore, Nino Bellia ad impegnarsi da qualche mese per allestire un testo dai mille aspetti e dalle tante sfaccettature, che parla di Catania e dei catanesi, partendo da un autore e giornalista molto amato come Nino Martoglio ed incrociando anche la figura di un altro grande cronista e testimone delle complessità e problematiche della città etnea: Pippo Fava. Ed in tutto questo metteteci anche i pupi della Marionettistica Fratelli Napoli, il gruppo Schizzi d’Arte e personaggi emblematici e rappresentativi della produzione di Martoglio quali Don Procopio ‘Mballaccheri e Cicca Stonchiti.

La locandina di “Sperduti nel buio”

Stiamo parlando della nuova produzione del Centro Teatrale Fabbricateatro, “Sperduti nel buio” (‘ntra lustru e scuru)- Viaggio nell’inferno di Catania da Nino Martoglio a Pippo Fava, drammaturgia di Nino Bellia e regia di Elio Gimbo che debutterà il prossimo 9 Marzo, alle ore 21.00 alla Sala Giuseppe Di Martino di Catania, all’interno della stagione del gruppo Fabbricateatro, con l’organizzazione di Daniele Scalia, i filmati di Gianni Nicotra, le scene di Bernardo Perrone. Ingresso: € 15,00 intero – Ridotto: € 10,00 – Info e prenotazioni 347.3637379. Dopo il debutto la pièce verrà replicata (feriali ore 21,00 – Domeniche ore 18,30) il 10 Marzo, il 16, 17 e 18 ed il 29 e 31 Marzo.

Protagonisti, in un impianto scenografico particolare, la Marionettistica Fratelli Napoli (Davide Napoli – Diavolo e Peppenino, Marco Napoli e Dario Napoli – manianti e Fiorenzo Napoli – parraturi), Cosimo Coltraro (Don Procopio ‘Mballaccheri), Giuseppe Carbone (Nino Martoglio e Pippo Fava), Cinzia Caminiti e Sabrina Tellico (Cicca Stonchiti).

Ma come è nata l’idea di “Sperduti nel buio” (‘ntra lustru e scuru)? Lo abbiamo chiesto al regista Elio Gimbo ed al drammaturgo Nino Bellia.

“La nostra nuova produzione, che ha avuto una lunga gestazione, “Sperduti nel buio” – sottolinea il regista di Fabbricateatro, Elio Gimbovede Nino Bellia – autore l’anno scorso impegnato in “Tutta un’altra storia”, testo teatrale su Angelo D’Arrigo – nelle vesti di Dramaturg di compagnia, una funzione che raramente abbiamo sviluppato negli ultimi anni, ovvero uno scrittore che prepara una drammaturgia apposita per un gruppo teatrale.

Il regista Elio Gimbo

La ricerca è partita da un rifacimento di Nino Martoglio, sulle pagine del “D’Artagnan”, della Commedia dantesca; qui l’invenzione martogliana sta nell’uso magistrale della lingua, a metà tra il dialetto catanese e un maccheronico italiano e nell’approfondimento di uno dei suoi personaggi più significativi, Don Procopio ‘Mballaccheri, già incontrato in una nostra trilogia martogliana di anni or sono. Proporremo non tanto un omaggio al grande uomo di teatro belpassese quanto un riconoscimento della sua statura di intellettuale civile, espressione della migliore “catanesità” possibile, una riflessione di nostre suggestioni personali su un possibile collegamento ideale tra il destino di Martoglio e quello di Pippo Fava, tra le funzioni che questi due “martiri laici” scelsero di ricoprire nella nostra cultura. Sarà uno spettacolo sulla città – come non ci capita dal 2001-2002, ovvero gli anni di “Ballata per San Berillo” e “L’oro dei Napoli”- . Sarà un viaggio nell’inferno di Catania alla ricerca – fantasma dopo fantasma, anima dopo anima – delle origini precedenti all’evidente trauma che ha generato l’attuale depressione, sfiducia, mancanza di stima verso se stessa, che ancora avvolge questa città”.

“Siamo partiti– aggiunge  Gimboda una immagine: Nino Martoglio nel fondo della tromba dell’ascensore in cui qualcuno vigliaccamente lo ha appena spinto e che si risveglia in un “mondo di sotto” in preda ad un’amnesia. Qui viene accolto da don Procopio e Cicca Stonchiti, i figli più emblematici del suo teatro, veri e propri personaggi-bandiera, creature poetiche scaturite da un sottoproletariato cittadino incapace, allora come oggi, di farsi carico di un riscatto storico e politico all’interno dell’assetto sociale esistente. Insieme a loro c’è Peppenino, maschera comica dell’Opra dei pupi catanese ed omologo dei primi due nell’universo teatrale della Marionettistica dei Fratelli Napoli. L’insolito terzetto avrà il compito di accompagnare l’autore in un viaggio nell’Inferno di Catania alla ricerca della propria memoria smarrita. Incontreranno anime di persone e di luoghi, fantasmi immateriali fatti di luce e ombra ed alla fine del percorso Nino Martoglio, riprendendosi la memoria, si trasfigurerà in un Pippo Fava intrappolato nello stesso Inferno. Martoglio e Fava, Nino e Pippo, bandiere di questa città: fari che qualcuno si incarica, puntualmente, di spegnere”.

“La Divina Commedia di Don Procopio”

Come è nato il testo lo racconta l’autore Nino Bellia:  “Tutto è nato – ribadisce l’autoredal dialogo con Elio Gimbo e dal comune desiderio di rendere omaggio a Nino Martoglio. La riflessione del regista sulla storia del nostro teatro, la sua attenta e amara disamina delle contraddizioni di Catania, mai superate e attualissime, l’ammirazione per il belpassese e l’ardito accostamento tra Martoglio e Pippo Fava mi hanno spinto a una rilettura generale e avida dell’opera martogliana. Non solo “Centona” e le commedie, ma – per citare alcune delle opere più significative – anche “Cose di Catania”, “Scuru”,  “Nica”, “Per le strade di Catania” e, soprattutto, i canti de “L’Inferno di don Procopio ‘Mballaccheri”.  Da qui è nato “Sperduti nel buio” ed il nostro punto di partenza coincide con l’oscurità, col mistero stesso e col sospetto che avvolgono la morte di Nino Martoglio, ma anche con quelle tenebre spesse, che impediscono alla bellezza e ai valori più positivi di sventolare su Catania come stendardi di luce e segnaletica di riferimento. Lo snodo verso il futuro e la spinta al cambiamento, invece, non passano se non attraverso la speranza e l’impegno più ostinati”.

Le fiamme dei ceri

“Come per Nino Martoglio e per Pippo Fava, – conclude Bellia –  per chi c’è nato e la ama, Catania suscita tuttora orgoglio di appartenenza, autentica passione, sogno di uno splendore e di una dignità da recuperare. Nella vicenda che immaginiamo, sono i personaggi più classici e popolari di Martoglio a ridestare il loro autore dalla morte e dall’oblio, restituendogli una memoria dinamica e non stereotipa, la capacità di riconoscere e stigmatizzare il male senza rifugiarsi nella nostalgia, senza ripiegarsi in prediche e sterili autocommiserazioni”.

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