“Caffè pericoloso per la salute? Una paura priva di fondamento scientifico”. Il Direttore Generale di Fipe Roberto Calugi interviene in merito alla decisione del giudice californiano Elihu M. Berle di segnalare con apposita etichetta un ipotetico “effetto cancerogeno” per la bevanda più famosa nel mondo. Responsabile dell’ingiustificata “psicosi”, l’acrilammide, molecola generata nel processo di tostatura del caffè.
“Sfatiamo da subito qualsiasi allarmismo – dichiara Calugi -. Il caffè servito nei bar e ristoranti del nostro Paese è controllato, sicuro e ha effetti benefici sulla salute. L’International Agency for Research on Cancer, dopo aver effettuato una revisione su oltre mille studi scientifici ha confermato che non sussiste alcuna correlazione tra consumo di caffè e l’aumento del rischio di cancro. Il caffè infatti contiene centinaia di composti con potenziali effetti bioattivi antinfiammatori, antiossidanti e anticancerogeni”.
“Per quanto riguarda la tanto temuta acrilammide, si tratta di una molecola che viene usata nel processo di tostatura del caffè, così come in altri processi produttivi, di frittura e cottura, che avvengono per pane, patatine, biscotti, cereali per la prima colazione e altri generi alimentari – prosegue Calugi -. È stato dimostrato che l’acrilammide ha un ruolo secondario nell’insorgenza di qualsiasi forma tumorale, tanto che lo Iarc ha decretato per il caffè una classificazione di tipo 3 (non classificabile per la sua cancerogenicità per l’uomo). E dalle analisi provenienti dalle aziende produttrici di caffè, i livelli di acrilammide sul caffè tostato sono significativamente inferiori ai limiti previsti dal regolamento comunitario”.
Nessun rischio per la salute, anzi, il caffè sarebbe nemico del cancro: lo Iarc ha infatti concluso che bere una media di 3-4 tazzine al giorno, in assenza di patologie particolari, può contribuire a ridurre il rischio di cancro al fegato, alla prostata, al colon, al cavo orale, e contribuisce alla riduzione del rischio del diabete.
“Gli amanti del caffè per i quali serviamo in Italia ogni anno sei miliardi di tazzine possono quindi essere tranquilli sotto tutti i punti di vista – conclude Calugi -. Non solo, come Fipe desideriamo invitare il giudice Elihu M. Berle a provare il nostro espresso e raccontare come nasce e si prepara un prodotto di eccellenza, che non solo è sicuro per la salute ma è anche un piacere”.