Cultura

Leone, originario della Tuscia (390 ca.), divenne diacono della Chiesa di Roma intorno all’anno 430 dove, col tempo, acquistò una posizione di grande rilievo nel governo della Chiesa, che  poi ha retto come vescovo  e come sommo pontefice  dal 440 al 461. Papa Leone fu una figura di primo piano nella storia ecclesiastica e civile. In epoca di sfacelo politico, egli riuscì a mettere in piena luce le forze conservative e ordinatrici della Chiesa. Tutte le sue azioni espressero la convinzione che ogni potere dato da Dio alla Chiesa è fondato sul potere di Pietro e da esso deriva. Perciò è compito del successore di Pietro reggere la Chiesa e fungere da ultima istanza in ogni provvedimento ecclesiastico.

Lo storico incontro di S. Leone con il Re Attila alle foci del Mincio, Francesco Borgani 1614 – Olio su tela conservato nella parrocchiale di Governolo

L’episodio più glorioso del pontificato di Leone è quando, a capo di una ambasceria, composta  dai senatori Gennadio, Avieno e Trigezio, partì da Roma, come scrive Prospero d’Aquitania (390 circa –  463 circa) nel Chronicum integrum, <<fiducioso nell’aiuto del Cielo, il quale  mai abbandona i buoni nelle loro disgrazie>>, per  incontrare il re degli Unni Attila, il “Flagello di Dio” che, con il suo potente esercito, si era spinto fino al <<luogo dove il Mincio entra nel Po>> (Paolo Diacono – Historia romana, XIV, 11-13). Lo storico trace Prisco, che allora si trovava nel campo degli Unni, scriveva che Attila, ricordando la fine repentina del re goto Atalarico dopo la presa di Roma, rinunziò al suo progetto di conquista e si allontanò dall’Italia e tornò in Pannonia (Ungheria) dove morì nel 453.

Leone intervenne anche presso Genserico, re dei Vandali, per mitigare il saccheggio di Roma del 2 giugno 455. Egli ottenne dal re la promessa che non si sarebbe versato del sangue e che nessun cittadino romano sarebbe stato ucciso o torturato e che nessun edificio sarebbe stato dato alle fiamme.

Il Sacco di Roma di Genserico
Heinrich Leutemann – Plunderung Roms durc die Vandalen (c. 1860-1880)

Conosciamo l’azione di papa Leone, grazie ai suoi 96 sermoni  e alle sue 143 lettere. In questi testi il Pontefice appare in tutta la sua grandezza, rivolto al servizio della verità nella carità attraverso il ministero assiduo della parola, che lo mostra, nello stesso tempo, teologo e pastore.

Cristo risorto, dopo essere apparso ripetutamente durante i quaranta giorni, si manifestò un’ultima volta agli apostoli nel Cenacolo, e, dopo aver cenato con loro <<li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio>> (Lc 24,50-53). Quest’ultimo episodio della vita di Gesù è raccontato da Luca anche dal Libro degli  Atti: Gesù, dopo aver parlato agli apostoli <<fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (At.1,9-12).

Papa Leone, commentando l’icona biblica dell’Ascensione del Signore al cielo, sottolinea   che “l’Ascensione di Cristo, è la promozione umana”: <<E davvero era motivo di grande e ineffabile gioia, vedere la natura ascendere, sotto lo sguardo di una santa moltitudine, più in alto di tutte le creature celesti di ogni rango, superare gli ordini angelici ed elevarsi al di sopra della sublimità degli arcangeli, non potendo trovare ad alcun livello, per quanto elevato, la misura della sua esaltazione finché non fu ammessa a prendere posto accanto all’eterno Padre, per essere associata nel trono della sua gloria dopo essere stata unita alla sua natura nel Figlio.

Ascensione
Giotto – Cappella degli Scrovegni – 1305

L’Ascensione del Cristo è dunque la nostra promozione, e dove ci ha preceduti la gloria del capo, lassù è chiamata anche la speranza del corpo. Lasciamo dunque esplodere la nostra gioia come si conviene … e vivamente esultiamo rendendo grazie a Dio dal fondo del nostro cuore. Oggi solamente siamo stati confermati nel possesso del paradiso, ma altresì siamo stati penetrati con Cristo nel più alto dei cieli. Mediante l’ineffabile grazia di Cristo, abbiamo ricevuto più di quanto per invidia del diavolo avevamo perduto: coloro, infatti, che questo velenoso nemico aveva cacciato dal primitivo soggiorno di felicità, il Figlio di Dio, incorporandoli a sé, li ha collocati alla destra del Padre: con il quale egli vive e regna nell’unità dello Spirito Santo, Dio nei secoli dei secoli (Sermone I sull’Ascensione del Signore).  In un altro discorso, il grande pontefice scrive che “l’Ascensione del Signore accresce la nostra fede”: <<Nella festa di Pasqua la risurrezione del Signore è stata per noi motivo di grande letizia. Così ora è causa di ineffabile gioia la sua ascensione al cielo. Oggi infatti ricordiamo e celebriamo il giorno in cui la nostra povera natura è stata elevata in Cristo fino al trono di Dio Padre, al di sopra di tutte le milizie celesti, sopra tutte le gerarchie angeliche, sopra l’altezza di tutte le potestà. L’intera esistenza cristiana si fonda e si eleva su un’arcana serie di azioni divine per le quali l’amore di Dio rivela maggiormente tutti i suoi prodigi. Pur trattandosi di misteri che trascendono la percezione umana e che ispirano un profondo timore riverenziale, non per questo vien meno la fede, vacilla la speranza e si raffredda la carità. Credere senza esitare a ciò che sfugge alla vista materiale e fissare il desiderio là dove non si può arrivare con lo sguardo, è forza di cuori veramente grandi e luce di anime salde. Del resto, come potrebbe nascere nei nostri cuori la carità, o come potrebbe l’uomo essere giustificato per mezzo della fede, se il mondo della salvezza dovesse consistere solo in quelle cose che cadono sotto i nostri sensi? Perciò quello che era visibile del nostro Redentore è passato nei riti sacramentali. Perché poi la fede risultasse più autentica e ferma, alla osservazione diretta è succeduto il magistero, la cui autorità avrebbero ormai seguito i cuori dei fedeli, rischiarati dalla luce superna. Questa fede si accrebbe con l’ascensione del Signore e fu resa ancor più salda dal dono dello Spirito Santo.

Non riuscirono ad eliminarla con il loro spavento né le catene, né il carcere, né l’esilio, né la fame o il fuoco, né i morsi delle fiere, né i supplizi più raffinati, escogitati dalla crudeltà dei persecutori. Per questa fede in ogni parte del mondo hanno combattuto fino a versare il sangue, non solo uomini, ma anche donne; non solo fanciulli, ma anche tenere fanciulle. Questa fede ha messo in fuga i demoni, ha vinto le malattie, ha risuscitato i morti. Gli stessi santi apostoli, nonostante la conferma di numerosi miracoli e benché istruiti da tanti discorsi, si erano lasciati atterrire dalla tremenda passione del Signore e avevano accolto, non senza esitazione, la realtà della sua risurrezione. Però dopo seppero trarre tanto vantaggio dall’ascensione del Signore, da mutare in letizia tutto ciò che prima aveva causato loro timore. La loro anima era tutta rivolta a contemplare la divinità del Cristo, assiso alla destra del Padre. Non erano più impediti, per la presenza visibile del suo corpo, dal fissare lo sguardo della mente nel Verbo, che, pur discendendo dal Padre, non l’aveva mai lasciato, e, pur risalendo al Padre, non si era allontanato dai discepoli. Proprio allora … il Figlio dell’uomo si diede a conoscere nella maniera più sublime e più santa come Figlio di Dio, quando rientrò nella gloria della maestà del Padre, e cominciò in modo ineffabile a farsi più presente per la sua divinità, lui che, nella sua umanità visibile, si era fatto più distante da noi. Allora la fede, più illuminata, fu in condizione di percepire in misura sempre maggiore l’identità del Figlio con il Padre, e cominciò a non aver più bisogno di toccare nel Cristo quella sostanza corporea …

L’incontro tra il papa Leone magno e Attila
Altare con le reliquie del Santo Pontefice
Alessandro Algardi1646-1653, Basilica di San Pietro, Roma

Infatti, pur rimanendo nel Cristo glorificato la natura del corpo, la fede dei credenti era condotta in quella sfera in cui avrebbe potuto toccare l’Unigenito uguale al Padre, non più per contatto fisico, ma per la contemplazione dello spirito>> (Sermone II sull’Ascensione del Signore, 1,4).

 Il santo pontefice, Dottore della Chiesa, che con il suo ministero apostolico ha tenuto alto il magistero della Chiesa e la dignità del romano pontefice,  morì il 10 novembre del 461. Papa Leone Magno, che  è venerato da tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi, anche se in date diverse (10 novembre la Chiesa Cattolica, il 18 febbraio le Chiese ortodosse orientali), venne sepolto presso la tomba di san Pietro. Le sue reliquie oggi sono custodite nella sotto l’altare a lui dedicato nella Basilica Vaticana.

Diac. Sebastiano Mangano

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